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Il ventaglio di Lady Windermere
MISERIA E NOBILTÀ
commedia in tre atti di Eduardo Scarpetta
Riduzione e libero adattamento a cura di Cultura&Svago
Personaggi:
PASQUALE
CONCETTA, moglie di Pasquale
PUPELLA, figlia di Pasquale
FELICE
LUISELLA, convivente di Felice
PEPPENIELLO, figlio di Felice, ragazzo di 8 anni
GAETANO
GEMMA, figlia di Gaetano
LUIGINO, figlio di Gaetano
MARCHESE OTTAVIO FAVETTI
EUGENIO, suo figlio
BETTINA, moglie di Felice, madre di Peppeniello e cameriera di Gemma
GIOACCHINO CASTIELLO, padrone di casa di Felice e Pasquale
VICIENZO, cameriere di Gaetano
BIASE, giardiniere di Gaetano
DUE FACCHINI che non parlano
Scena
ATTO I: una camera squallidissima in casa di Pasquale e Felice. In un canterano sono ammucchiati alcuni utensili di cucina: un colabrodo, una pignatta, una graticola, ecc. A destra, una rozza tavola con sei sedie spagliate ed una senza fondo. Su un’altra sedia sono gettati un vecchio cappello e un vecchio scialle di donna.
ATTO II e III: salotto in casa di Don Gaetano. Mobili dorati, un divano, due poltrone, sei poltroncine. Due mensole con specchi, orologio e candelabri. Nel centro della camera pende un lampadario.
La scena è in Napoli.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Concetta e Pupella, poi Luisella.
Concetta lavora la calza; Pupella è seduta vicino alla finestra.
PUPELLA - Mammà, sono le qauttro e mezza e papà non si vede: va a finire come ieri sera, che mangiammo un ventre di porco cinque persone. (Gridando) Ho fame! Ho fame!
CONCETTA - (alzandosi) Hai ragione, figlia mia, ma io poveretta che posso fare? Accidenti a quando ho sposato quel disperatone. Da quando l'ho sposato, sto passando un sacco di guai! E ora ci ha combinato un altro guaio. Stavamo solo noi e quello che c'era lo dividevamo tra noi; invece trovò queste due camere e si volle unire a quell'altro disperatone di Don Felice, ma stasera la faccio finita!
PUPELLA - Oh! Mammà, dite alla moglie di Don Felice di non importunarmi.
CONCETTA - Quale moglie?
PUPELLA - Come quale moglie? Donna Luisella!
CONCETTA - Ah già, moglie! (a parte) Quella è l'innamorata. (A Concetta) Perché, che è successo?
PUPELLA - Ieri sera ero affacciata alla finestra, aspettavo quel giovanotto che va pazzo per me, all'improvviso venne e cominciò a gridare che non sta bene far l'amore da sopra una finestra.
CONCETTA - Uh! Uh, ha fatto scrupolo Donna Luisella! E quello che fa lei sta bene? E tu poi sei figlia a me, devi dar conto solo a me in questa casa e a nessuno più! (Luisella esce) Vedete un po' che guaio!
LUISELLA - Avete detto bene, Donna Concè, che abbiamo passato un guaio, mi sembrano mille anni che passano questi quattro mesi! Mamma mia, che gente disperata e superba!
CONCETTA - Noi, se vogliamo essere superbe, non dobbiamo darne conto a nessuno!! Per quanto riguarda poi la disperazione, voi non potete parlare…
PUPELLA - Siete sempre più disperata di noi!
LUISELLA - Eh, avete ragione, che vi devo dire, me la devo prendere solamente con quello sforcato che mi ha messo in questa condizione, ma un giorno di questi va a finire male in questa casa!
CONCETTA - Eh! Luisella, non fare la prepotente : noi non siamo gente da strada, non vogliamo far chiasso… Zitta, prenditi la robetta tua e te ne vai!
LUISELLA - Mi piglio la robetta e me ne vado? Donna Concetta, io credo che hai le pupe in testa! Ve ne andate voi, non noi.
PUPELLA - Ve ne andate voi, perché papà fece l'affitto, fu lui a firmare.
LUISELLA - Neh? E il padrone di casa perché gliela diede? Perché Feliciello fece il garante… quel pezzo di stupido! Intanto il padrone di casa avanza cinque mesate, voglio vedere chi li caccia questi denari, deve prima ritirare dal Monte dei pegni l’anello coi turchini che mi sono impegnata.
CONCETTA - Un anellino tutto consumato, non so quanto pesava; per farmi dare dall'uomo dei pegni cinque lire, ci volle la mano del Cielo!
LUISELLA - E che volete? Io quell'oggetto tenevo, in fondo ero una sarta e compravo i gioielli col mio lavoro…
PUPELLA - Mammà, ce l’ha con me?
CONCETTA - (A voce alta) Eh, Donna Luisella, se mia figlia fa amore con un signorino, fa amore onestamente, e tu non sei degna di parlare di lei, perché i fatti tuoi li conosciamo bene....
LUISELLA - Donna Concè, i fatti miei sono chiari, e parla come devi parlare, altrimenti ti rompo la testa!
CONCETTA - A me rompi la testa? vattene, se no ti tiro i capelli.
LUISELLA - Tu a chi tiri i capelli, a chi? (Gridando)
CONCETTA - A te, a te! (Gridando)
PUPELLA - A te! Sì, a te! (Gridando. Suona il campanello)
CONCETTA - Io chiacchiere non ne faccio, me piace fare i fatti!
LUISELLA - E io pure, Donna Concè, perciò, per domani, dividiamoci, se no va a finire male! (Pausa. Suona di nuovo il campanello)
PUPELLA - Mammà, la porta! (Tutte e tre seggono. A Concetta, piano) Questo è Don Felice, non voglio aprire.
CONCETTA - E io nemmeno voglio aprire, forse è mio marito. (Altro squillo di campanello)
LUISELLA - La porta non la sentite? Io non voglio aprire, perché forse è vostro marito e io non sono la vostra serva!
PUPELLA - Ma può essere pure Don Felice?
LUISELLA - E può essere pure tuo padre, chi ne sa niente?
CONCETTA - Và tu, Pupè, apri tu.
PUPELLA - Hai ragione, può essere papà! (Esce, poi torna)
CONCETTA - (Fra sé) Sì, è Pasquale, devo far saltare questa casa!
LUISELLA - (Fra sé) Sì, è Felice, la devo far finita!
PUPELLA - (uscendo) Don Gioacchino, il padrone di casa.
LUISELLA - Oh!
SCENA SECONDA
GIOACCHINO - Buongiorno.
CONCETTA - Buongiorno.
GIOACCHINO - Come state, state bene?
CONCETTA - Eh! Non c’è male.
GIOACCHINO - Don Pasquale non c’è?
CONCETTA - Nonsignore, ancora si deve ritirare.
GIOACCHINO - Ora sono le cinque nemmeno un quarto e ancora si deve ritirare? E Don Felice nemmeno c'è?
LUISELLA - Nossignore.
GIOACCHINO - Non posso venire continuamente.
LUISELLA - Queste sono cose che non ci riguardano, rivolgetevi a chi ha firmato l’affitto.
GIOACCHINO - L’affitto l’ha firmato Don Pasquale, ma voi abitate con lui?
LUISELLA - Che c’entra? Sempre Don Pasquale deve pagare.
GIOACCHINO - Donna Concè, voi sentite?
LUISELLA - Il garante deve pensare per me e per suo figlio.
CONCETTA - Non pensi proprio a quel ragazzo, lo lasci senza camicia!
LUISELLA - E ci devo pensare io? Ci deve pensare il padre. Basta quello che ho fatto; alla fine non è figlio a me.
GIOACCHINO - Che guaio ho passato, che bell'affitto feci.
CONCETTA - Don Giacchì, scusate se parliamo così davanti a voi.
GIOACCHINO - Che m'importa dei fatti vostri: io vengo per essere pagato.
LUISELLA - Donna Concè, quando viene vostro marito mi spiegherete le parole che mi avete detto.
CONCETTA - Va bene, ve le facciamo spiegare.
LUISELLA - Perché voi siete vecchia, e una con voi non si può mettere.
CONCETTA - Non importa che sono vecchia: quando vuoi parlare, parliamo.
LUISELLA - Stasera parliamo, e se tuo marito si mette in mezzo, lo picchio.
CONCETTA - Vattene, tu non hai fatto mai niente!… Non fare la ricca con la bocca!
PUPELLA - Mammà, finitela ora! (Va alla finestra)
CONCETTA - (A Gioacchino) Vedete chi ha il coraggio di parlare, a un povero bambino di otto anni lo fa stare senza camicia!… Lei non è la moglie di Don Felice… lui è diviso dalla vera moglie.
GIOACCHINO - Donna Concè, che m'interessa? Io sto pensando alle cinque mesate, lasciatemi stare.
PUPELLA - E papà non si vede! Mammà, io ho fame, ho fame!
CONCETTA - Hai ragione, figlia mia, ma come faccio?… Don Gioacchì, prestatemi cinque lire, domani ve le rendo.
GIOACCHINO - Niente, Donna Concetta mia, sono uscito con due centesimi in tasca.
CONCETTA - E va bene! lui non si ritira, e io ora vado a fare un altro pegno. (Apre il tiretto) Il soprabito e le lenzuola. (Fa un involto col fazzoletto) Pupè, ora vengo, porto un po' di maccheroni e due costate e ce le mangiamo alla faccia loro! Pupè, metti la pentola sul fuoco. (si mette il cappello e si butta sulle spalle lo scialle) Permettete, Don Giacchì! (Esce)
GIOACCHINO - Fate, fate. Mamma mia, che disperazione!… Questi non me le danno centodieci lire. Per la fine del mese mando sequestro e sfratto! Gente sguaiata! Gente sguaiata!…
SCENA TERZA
LUIGINO - E' permesso, bellezza mia?
GIOACCHINO - Chi è? Favorite.
LUIGINO - Oh! Chi vedo! Don Giacchino! Come state qua, bellezza mia?
GIOACCHINO - Avanzo cinque mesate da due galantuomini che fittarono questo appartamento; e voi che fate da queste parti?
LUIGINO - Io ve lo dico, bellezza mia, basta che non dite niente a nessuno, e specialmente a papà, bellezza mia!
GIOACCHINO - Oh! Non ci pensate.
LUIGINO - Dovete sapere che io amo pazzamente la figlia di Don Pasquale, Pupella, e per quella giovine, bellezza mia, farei qualunque cosa.
GIOACCHINO - E con papà come state, in pace o in urto?
LUIGINO - In urto, bellezza mia, sempre in urto!
GIOACCHINO - E bravo!
LUIGINO - Due mesi fa presi 1.500 franchi dalla scrivania e me n’andai, lui non disse niente, ma non mi vuole ricevere più in casa. Fa così, e poi gli passa, sempre così facciamo… Ora, bellezza mia, mi sono rimasti quattro soldi, domani assolutamente devo far pace con papà, bellezza mia.
GIOACCHINO - E se non vuole fare la pace, voi come mangiate?
LUIGINO - Eh! c'è mia sorella che lo comanda a bacchetta. E papà è ricco, bellezza mia. L’inglese, quando morì, lasciò tutto a lui, che era il cuoco. Stava con un inglese ricchissimo, che non avendo parenti, quando morì lasciò tutto a papà, trecentomila lire, perché gli voleva bene come a un padre.
GIOACCHINO - E bravo! Che bella fortuna!
LUIGINO - Eh! Solo questa? Mia sorella è prima ballerina di S. Carlo, e ogni stagione piglia cinque o seimila lire…(Vede Pupetta) Eccola...quant’è bella!… Don Giacchì, le voglio fare una sorpresa, non dite che sono venuto. (Si nasconde)
SCENA QUARTA
PUPELLA - Ho acceso il fuoco. Mi sembrano mille anni che non viene mammà.
LUIGINO - (mostrandosi) Eccomi a te, bellezza mia!
PUPELLA - Lui!
LUIGINO - Ieri vi feci segno che stamattina sarei salito… Se poi volete che me ne vada, io me ne vado.
PUPELLA - No, questo, no… ma se avessi saputo… Quando una figliola sta sola, non è regolare che riceva un giovinotto, specialmente quando la figliola non è preparata.
LUIGINO - Ma che preparata, ma che ricevere, tu stai sempre bene, bellezza mia! Io son venuto per due cose; prima per sentire se mi ami veramente, e poi, per parlare con mammà e con papà.
PUPELLA - Voi sapete che io vi voglio bene… Ogni giorno state fermo per strada, dirimpetto alla finestra mia, e io resto affacciata senza muovermi. Non è una prova? Volete parlare con mammà e con papà?
LUIGINO - Oh! Brava! Brava Pupella mia!… Ma perché nascondi quelle belle manine? Fammene baciare una, bellezza mia!
PUPELLA - Oh! Questo poi no, quando avrete parlato con mammà e con papà, se loro vogliono, ve la farò baciare.
GIOACCHINO - Eh! Mi pare che sia regolare.
LUIGINO - Bellezza mia, ti giuro che farò tutto quello che vuoi tu. Ma perché hai la faccia così pallida? Forse è la passione che provi per me, o ti affligge qualche pensiero? Parla!
PUPELLA - No, io sto sempre così…sto benissimo!
GIOACCHINO - (A Luigino, piano) Don Luigi’, quella muore di fame, la madre è andata a fare un pegno per portare due maccheroni e una costata!
LUIGINO - (A Gioacchino, piano) Voi che dite, bellezza mia?… Come, quell’angioletto muore di fame? Possibile! Ho solo 4 soldi! Ma anche se non ho denari, ho credito per tutte le trattorie… Faccio venire il pranzo per quattro persone… maccheroni, carne, polli, pesce! Lei non deve star digiuna!
GIOACCHINO - Bravo! Questo significa aver cuore! (Entra Concetta)
PUPELLA - (vedendo la madre) Ah! Mammà, siete venuta?
CONCETTA - (con l’involto del pegno, piano) Eh! l’agenzia era chiusa.
PUPELLA - Zitta, qui c'è quel giovinotto che mi vuole sposare.
LUIGINO - Signora rispettabile… bellezza mia! Se mi trovate qui in casa vostra, è stato perché amo immensamente vostra figlia, ed essendomi assicurato che lei pure mi ama, io vi dico che la voglio sposare.
CONCETTA - Signore, questa vostra sollecitazione nel parlare mi gonfia di gioia, ma non posso prendere una decisione da sola! C’è anche il padre, ma anch’egli quando sentirà questa cosa ne avrà molta gioia. La ragazza non ha dote, per le troppe disgrazie capitate al padre.
LUIGINO - Signora, io non voglio niente, voglio solamente la ragazza.
CONCETTA - Va bene, allora tornate domani e parlate pure col padre.
LUIGINO - Perfettamente!
GIOACCHINO - Donna Concè, questo è figlio di un amico mio ricchissimo…
LUIGINO - (A Concetta) Dunque, signora, ci vediamo domani.
CONCETTA - Venite senza meno.
LUIGINO - Oh! Vi pare? Don Gioacchì, domani vi pago io! Qua la mano.
GIOACCHINO - Donna Concè, arrivedirci, salulatemi tanto Don Pasquale.
LUIGINO - Arrivederci, bellezza mia, e buon appetito!… (Va via)
PUPELLA - Grazie. Ma che buon appetito? Non c'e speranza di mangiare! Mammà, come vi pare questo giovane?
CONCETTA - Eh, Non c’è male, è un simpatico giovinotto. Don Giacchino m’ha detto ch’è figlio di un amico suo ricchissimo.
SCENA QUINTA
LUISELLA - (alla finestra) Ah, che bell’aria fresca!… Mi sembrano mille anni che viene Feliciello… Voglio comprare mezzo chilo di salsicce, un poco di lattuga, e un litro di vino buono!
PUPELLA - Mammà, ora che viene papà e porta i denari, anche noi ci vogliamo consolare! (Suona il campanello)
PUPELLA - Questo è certo papà!… Che bella cosa!(Apre e torna con Pasquale) Papà, finalmente! Non ne potevo più dalla fame. Tirate fuori i soldi!
PASQUALE - Pupè, quali soldi, figlia mia? Non ho combinato una lira.
CONCETTA - Tu che dici!… E come si fa con questa povera ragazza?…
PASQUALE - E io che devo fare? Anzi, credevo di trovare quattro maccheroni.
CONCETTA - E come facevo? Non m'è rimasto niente stamattina.
PASQUALE - Non ho più la bottega di salassatore. E' l'epoca che è cambiata!… Non più salassi, non più salassi. Felice s’è ritirato?
PUPELLA - Non ancora.
PASQUALE - Quando viene Feliciello, porta denari e io ti faccio mangiare.
CONCETTA - Poco prima è venuto Don Giacchino il padrone di casa e ora se n’è andato.
PASQUALE - E quello è il guaio! sono cinque mesate ch’avanza. quel povero Feliciello sta peggio di me, con quel tavolino sotto S. Carlo! sono passato là verso l’una, l’ho trovato morto di freddo. (Suona il campanello) Apri, Pupè.
PUPELLA - (va ad aprire, poi torna) è Peppeniello, il figlio di Don Felice.
SCENA SESTA
PEPPENIELLO - Buongiorno. Stamattina ho mangiato due casatielle e quattro pizze. Sono andato a trovare il compare e lui me l'ha comprate.
LUISELLA - Impara l'arte, va' a faticare, non ti possiamo dar da mangiare.
PEPPENIELLO - Sissignore, non dubitate che vi leviamo la seccatura… Il compare mi vuole bene… e mi mette lui a padrone, così, potrò comprare pizze, casatielle e sciuscelle! Papà oggi non ha fatto neanche un soldo.
PASQUALE - (Suona il campanello) Pupè, apri. (Pupella va, poi torna)
PUPELLA - Don Felice. (Entra Felice, pallido, scarno, vestito miseramente)
PASQUALE - Feliciè, buongiorno.
FELICE - Buongiorno, Pascà.
PASQUALE - Aspettiamo te, lo sai?
FELICE - E aspettate me, Pascà? Non ce la faccio più a tirare avanti. (Al figlio) Domani, Peppeniello, vattene da un mastro, e impara l'arte.
LUISELLA - Eh! Domani! Da quanto tempo l’avrei preso e messo sotto!
PEPPENIELLO - (a Luisella) Chi mettete sotto? Me ne vado, sissignore!… Ogni volta una mazziata, una strillata… E che, sono un cane?!… Ora vado dal compare, che mi darà un lavoro: lavoro e mangio. Magari trovo un padrone che mi vuole bene, e qua non verrò più!… Mai più. (Quasi piangendo, va via)
CONCETTA - (piangendo) Povero ragazzo!
PASQUALE - (piangendo) Povera creatura! Chiamatelo! (Va alla finestra e chiama) Peppeniè, Peppeniè!…
CONCETTA - Povero piccirillo! Sempre maltrattato…
LUISELLA - (a Felice) Eh, sai che te dico? Domani trova una camera, una bottega, pure una soffitta, basta che ce ne andiamo via.
CONCETTA - E lo stesso dico pure a te! (A Pasquale)
FELICE - Va bene, domani se ne parla. Andiamo a fare un pegno.
PASQUALE - Non si può, l’agenzia è chiusa. Concè, che volevi impegnare?
CONCETTA - Il tuo soprabito con due lenzuola…
PASQUALE - (porge l’involto a Felice) Feliciè? Va' dal bottegaio. Ti fai dare un chilo di lingue di passero, non i maccheroncini, che non ne mangio.
FELICE - Pasquale, con questa fame, vai pensando alla qualità della pasta?
PASQUALE - No, perché i maccheroncini mi pesano sullo stomaco.
FELICE - Tu con questa fame mangeresti anche le corde!
PASQUALE - Chiedi mezzo chilo di salsicce, un barattolo di pomodoro, dieci uova, mezzo chilo di mozzarella, il burro, due palate di pane, noci, castagne.
Ti fai dare una lira di resto; vai dal cantiniere e compri due litri di vino.
FELICE - (con ironia) Ma qui c'è un orologio d'oro con la catena?
PASQUALE - C'è roba che vale ancora di più! Qui c'è il soprabito mio di quando facevo il salassatore.
FELICE - E quello si ricorda il quarantotto! Non vado dal bottegaio, che ha un mio calzone e un gilè e non li ho più ripresi.
SCENA SETTIMA
EUGENIO - E permesso?
FELICE - Chi è? Favorite.
EUGENIO - Scusate, abita qui un certo Don Pasquale… Ah! Eccolo là.
PASQUALE - Che vedo! Marchesino rispettabile! Accomodatevi!
EUGENIO - Carissima Donna Concetta.
CONCETTA - Caro Marchesino.
PASQUALE - Mi dispiace che ci trovate in questa maniera. Per voi questa è una stalla… Accomodatevi. E papà, il marchese, come sta?
EUGENIO - Eh, non c’è male, grazie.
PASQUALE - Va sempre dietro tutte le ballerine?
EUGENIO - Sempre, sempre, e poi con me fa il severo.
PASQUALE - Vi presento l’amico mio, Felice Sciosciammocca.
EUGENIO - Tanto piacere!
FELICE - Fortunatissimo! E pronto sempre a servirvi.
EUGENIO - Grazie, grazie. (Seggono). Ho bisogno di un gran favore, che solamente voi e vostra moglie mi potete fare.
PASQUALE - Parlate liberamente. Felice più che amico è un fratello.
EUGENIO - Dovete sapere che io amo pazzamente la figlia di Gaetano Semmolone, un ex cuoco, che ereditò tutti i beni del suo padrone, e oggi
vuol fare il nobile mentre non sa né leggere, né scrivere. Ha un angelo di figlia, alla quale fin da bambina fece studiare ballo, ed ora è scritturata al S. Carlo come prima ballerina. Lei mi ama.
PASQUALE - E il padre si oppone?
EUGENIO - No, il padre vuole maritarla, ma dice che deve sposare un nobile.
PASQUALE - E voi non siete nobile?
EUGENIO - Si, ma i miei parenti non acconsentono a questo matrimonio.
CONCETTA - Ma allora non è il padre della ragazza, ma sono i parenti vostri.
EUGENIO - Sicuro, ma io gli ho chiesto di farci sposare, e quando tutto è fatto, mio padre si persuaderà. Lui mi ha detto: “Allora metterete piedi in casa mia quando porterete qui il marchese vostro padre e vostra zia, la contessa del Pero. E vostro zio, il principe di Casador". Che posso fare? Posso andare da mio padre, mio zio e mio zia e dir loro: venite in casa di Gaetano Semmolone, l’ex cuoco, a parlare del mio matrimonio con la figlia che è ballerina? Ditemi voi se lo posso fare?
PASQUALE - Impossibile! Quelli sono la crema sopra sopra la nobiltà!
FELICE - Come dire che noi siamo sotto sotto la miseria!
PASQUALE - E allora come vi regolate?
EUGENIO - Io amo troppo Gemma! Voi solo, amico mio, mi potete aiutare. Voi dovete diventare il marchese Ottavio Favetti, mio padre. (A Concetta) Voi la contessa del Pero, mia zia (A Felice) Voi, mio zio principe di Casador.
PASQUALE - Marchesì, ma voi che dite? Come è possibile che noi…
EUGENIO - Sì. Faremo una bella finzione: vi presenterò in casa di Gemma.
FELICE - Ma, marchesì, questo non è un gioco.
EUGENIO - Tranquilli. Il padre di Gemma è un asino, e quando crederà di avere in casa una famiglia tanto nobile per la troppa gioia non comprenderà più niente, e io avrò tutto il tempo di riuscire nel mio scopo.
FELICE - Allora va bene. (A Pasquale) Voi siete mio padre, il marchese Ottavio Favetti. (A Felice) Voi siete mio zio, il principe di Casador. (A
Concetta) Voi siete mia zia, la contessa del Pero.
PUPELLA - Papà, e io non sono niente?
EUGENIO - Lei sarà mia cugina, la contessina del Pero.
PUPELLA - Uh! Che bella cosa! Che bella cosa!
EUGENIO - Vi raccomando, assumete aria di nobiltà… Domani mattina vi darò altre istruzioni. Se farete bene le vostre parti, saprò ricompensarvi, e poi là mangerete… A colazione, omelette, cotolette, formaggio… A pranzo: maccheroni, ragù, patatine, funghi, fagiolini, pesce, polli, dolci. (Pasquale sta per svenire) Là starete allegramente, e chi sa per quanti giorni. Ecco il suo indirizzo. (Mostra un biglietto e lo dà a Pasquale)
PASQUALE - (legge) “Cavalier Gaetano Semmolone”. Domani verrò con tutto quello che occorre. Vado a scrivere una lettera a Gemma per prevenirla di tutto, e vi ringrazio di cuore del gran favore che mi avete fatto.
LUISELLA - Marchesì, scusate, il principe di Casador, vostro zio, non ha una moglie, che sarei io? Portate pure me.
EUGENIO - Mi dispiace, ma non è possibile. Mia zia, la pnncipessa di Casador, si trova gravemente ammalata, è un anno che non esce di casa.
FELICE - Noi non vogliamo distogliervi da quello che avete stabilito.
EUGENIO - Arrivederci a domani, carissimo Don Pasquale! (gli stringe la mano)
LUISELLA - Lui fa il principe, quella fa la contessa, e qua rimane la serva!
(Si siedono. Entrano uno sguattero ed un facchino. Sulla tavola posano due fiaschi di vino. Lo sguattero tira fuori una zuppiera di maccheroni, pollo, di pesce, due grossi pezzi di pane, tovaglioli e posate, poi vanno via.Tutti si slanciano con avidità sui maccheroni fumanti, divorandoli e abbracciandoli)
SIPARIO
ATTO SECONDO
Salotto in casa di Don Gaetano.
SCENA PRIMA
VICIENZO - (A Peppeniello) Entra, Peppeniè! Non aver paura, aspetta qua. Ora esce il padrone, e io te lo presento. Hai capito?
PEPPENIELLO - Sissignore.
VICIENZO - Povero ragazzo, vuol fare il servitore per mangiare. Come conosci Michele il sensale?
PEPPENIELLO - Ha fatto il compare a mio padre… sono il suo compariello.
VICIENZO - E lui ti ha mandato qua?
PEPPENIELLO - Sissignore, ha detto: "Vai là, è una buona casa per te, c'è Vicienzo che è amico stretto, parla con lui, vai tranquillo.
VICIENZO - Va bene, ma fino a un cento punto, Peppeniello mio, perché io non sono il padrone. (A Peppeniello) Ma dimmi: hai la mamma, il papà?
PEPPENIELLO - Li ho, ma è come se non li avessi perché sono più disperati di me. A casa mia seimangia un giorno sì e uno no. Mi hanno detto: impara l'arte, vai a lavorare, perchè non ti possiamo più dar da mangiare.
VICIENZO - Ah! Questo hanno detto? E bravo! Che bei genitori. Ora dico al padrone che questo m’è figlio e lo accetterà per forza. Se vuoi rimanere in questa casa, devi dire che io ti sono padre; e quando il padrone ti domanda: “Vicienzo che t’è?”, tu devi rispondere: “M’è padre, eccellenza”. hai capito?
PEPPENIELLO - Basta che mi fate mangiare, io vi chiamo pure mamma!
VICIENZO - E chiunque ti domanda devi dire sempre che sei mio figlio. Zitto, il padrone! (Si ritirano)
GAETANO - Reca una lunga treccia di rose e camelie. Biase lo segue.
VICIENZO - Eccellenza, ch’è c'è?
GAETANO - Viciè, tu stai lì e mi fai venire queesto mamozio di Biase? Vieni qua, sali sulla sedia. Metti questi fiori su quella porta. (Indica una porta)
VICIENZO - Subito! (Esegue) Eccellenza! La signorina mi pareva un uccello.
GAETANO - Un uccello! Che bella cosa! Ricordi quanti battimani ha avuto?
VICIENZO - Sicuro, eccellenza!
GAETANO - Ora dovrebbe essere viva Angelarosa, la mamma! Quanto le voleva bene!…
VICIENZO - Ma scusate, signore, le camelie perché le avete messe là?
GAETANO - Quella è la sua stanza, ora che si ritira dalla passeggiata, trova la sorpresa. Guarda quanti mazzi di fiori. Leggi i biglietti. Viciè, leggili tu.
VICIENZO - (legge) “Alfredo del Cane, Barone di Terranova”. “Aurelio Frichè dei Duchi di Castelquagliato”. “Il signor Bebè”.
GAETANO - Ah, questo è il signor Bebè… E un vecchio ch’è venuto tante volte. Non possiamo sapere il suo nome. Ma mia figlia ha tanti adoratori.
VICIENZO - Signore e con il Marchesino Don Eugenio che fate? La signorina gli vuole bene assai. Lui dice che se la vuole sposare.
GAETANO - Lo dice, ma non lo fa. Io ne avrei piacere, ma sono i parenti suoi che si oppongono, e io non posso tenerlo in casa. Ieri gli dissi:
“Marchesì, basta! Quando voi mi porterete papà, lo zio e la zia, e davanti a me vi danno il consenso, allora entrerete a casa mia, ese no non venite più.
VICIENZO - E lui che vi rispose?
GAETANO - Niente. Ma io lo so: il padre e gli zii non vengono, perché io non sono nobile, sono superbi.
VICIENZO - E voi non siete nobile?
GAETANO - Sicuro!… Viciè, d'ora in avanti, chiamami Cavaliere Eccellenza!
VICIENZO - Va bene!… Cavaliere eccellenza, vi dovrei dire una cosa. Peppeniè, fatti avanti e saluta il cavaliere eccellenza.
PEPPENIELLO - (si fa avanti) Servo vostro, eccellenza.
GAETANO - Buon giorno! E chi è questo ragazzo?
VICIENZO - Cavaliere eccellenza, mi è figlio, lo vorrei tenere qui, se vostra
eccellenza vuole, vi servirà pure lui. Gli darete qualcosa per farlo mangiare!
GAETANO - Ah! Bravo!… Tu sei figlio a Vicienzo?
PEPPENIELLO - Sissignore, lui è padre a me!
GAETANO - E si capisce! Mi piace! è un bel ragazzo. (Piano a Vicienzo) Viciè, ma tu mi dicesti che non sei sposato.
VICIENZO - (piano) Non sono sposato, ma è come se lo fossi, capite?
GAETANO - (Piano) Ho capito! Fallo sta con te. Gli darò dieci lire al mese.
VICIENZO - Grazie,cavaliere eccellenza! Bacia la mano al signore, Peppeniè. (Peppeniello bacia la mano a Gaetano)
PEPPENIELLO - Vicienzo m’è padre a me!
GAETANO - Ho capito! Teniamolo come valletto. Vieni qua! Come ti chiami?
PEPPENIELLO - Peppeniello.
GAETANO - Peppeniè, ecco il campanello. (Suona un tocco) Un tocco, è la cameriera di mia figlia. Ma tu non te n’incaricare, non ti muovere. (Suona due tocchi) due tocchi sono per Biase.
BIASE - (entrando) Comandate, eccellenza!
GAETANO - Chi t’ha chiammato?
BIASE - Due tocchi, eccellenza.
GAETANO - Vattene, non ho chiamato te. Dunque? due tocchi, non rispondere. (Suona tre tocchi) Quando senti tre tocchi, è segno che chiamo te, e tu ti presenti, hai capito?
VICIENZO - Va bene, cavaliere eccellenza, il ragazzo ha talento. Andiamo, Peppeniè…
PEPPENIELLO - Permettete, signò… Vicienzo m’è padre a me!
GAETANO - (Vicienzo e Peppeniello escono) Che bella giornata!… Come pare bella questa camera tutta fiori! Stamattina ho ordinato un grandioso pranzo.
SCENA SECONDA
OTTAVIO - Permesso?
GAETANO - Chi è?… Ah! Il sig. Bebè!… Avanti, favorisca.
OTTAVIO - Grazie… Se disturbo, ritornerò un’altra volta.
GAETANO - Niente affatto, voi ci fate sempre onore. Accomodatevi.
OTTAVIO - Grazie! (Seggono) Come state? State bene?
GAETANO - Eh, non c’è male. E voi sempre allegro!
OTTAVIO - Che volete?… Io non sto mai di cattivo umore. Quanti fiori!… Sono tutti regali di vostra figlia, non è vero?
GAETANO - Sicuro, perché oggi compie diciotto anni.
OTTAVIO - Diciotto anni!… Che bell’età!… L’età dell’allegria, dei fiori e degli amori! E la signorina Gemma non c’è?
GAETANO - E' uscita in carrozza con la sua cameriera… Fra poco tornerà.
OTTAVIO - Se non vi dispiace, l’aspetterò. Voglio personalmente darle i miei auguri e offrirle un piccolo ricordo. Ecco!… Un anellino. (Lo mostra)
GAETANO - (osservandolo) Bellissimo! Altro che anellino, questo è un anellone!… C’è una lettera sopra tutta in brillanti.
OTTAVIO - Sicuro, è una B… Bebè, il mio pseudonimo.
GAETANO - Già, Bebè! Grazie. Ma perché non volete dire come vi chiamate?
OTTAVIO - Che importa a voi? Mi chiamo Bebè… il sig. Bebè.
SCENA TERZA
GEMMA - (ridendo con Bettina) Ah! Ah! Ah! Va bene… grazie, grazie.
OTTAVIO - Ah, eccola qui. (Va in giardino)
GEMMA - (viene avanti con due mazzolini di fiori in mano, in abito da passeggio). Fiori da tutte le parte!… Leggiamo chi li manda.
BETTINA - E questo devi essere Tombus.
GEMMA - Proprio Tombus! E questo chi è? (Legge) “Il sig. Bebè”.
OTTAVIO - (avanzandosi) Eccomi. Stavo qua, tesoretto mio, per augurarvi tutte quelle felicità che il vostro bel cuore desidera! Anche io questa mattiuna ho voluto mandarvi dei fiori; vi prego di accettare questo piccolo dono, che terrete come semplice ricordo del sig. Bebè.
GEMMA - Ah, bravo! (Prende l’astuccio, lo apre, osserva l’anello) Carino!
OTTAVIO - (fra sé) Carino!… Costa 1600 lire! (a voce alta) Quella è una B tutta in brillanti.
GEMMA - Già, una B! Tieni, Bettì, riponilo! (Bettina lo pone sulla mensola)
OTTAVIO - Se voi, signorina, foste meno crudele con me, quante cose farei per voi, giuro che in vita mia non ho amato una donna come amo voi!
BETTINA - Oh! Guardate quanta rose e quanta camelie stanno vicino alla porta della camera vosta!
GEMMA - Uh! Veramente!… E chi ce l’ha poste?
OTTAVIO - Vostro padre mi ha detto che da stamattina non ha fatto altro che attaccar rose e camelie… Forse sarà stato lui.
GEMMA - Povero papà! Quanto mi vuole bene!… Per il mio compleanno sta lavorando da otto giorni e la notte non ha dormito.
OTTAVIO - Anch’io stanotte non ho potuto riposare, e pensando a voi, dicevo fra me: chi sa se mi accorderà una sola parola di speranza, quella parola che non ho potuto mai ottenere, non so perché…
GEMMA - Signore, io vi ho parlato chiaramente. Volete perdere tempo? Mi avete fatto tante promesse, ma non quella essenziale: sposarmi.
OTTAVIO - Ecco, appartengo ad una nobile famiglia e i miei parenti, capisci?
GEMMA - Capisco… i vostri parenti… la vostra nobile famiglia, Non vedono di buon occhio questo matrimonio, perché io sono una ballerina… e questa ballerina amerà solamente colui che le parlerà di matrimonio.
OTTAVIO - (dopo una pausa) E mi lasciate così?… Non mi dite altro?
GEMMA - Nient’altro, non ho altro da dirvi.
OTTAVIO - Arrivederci mia cara!… A questa sera.
BETTINA - A chell’età vuole fare ancora il giovanotto!
GEMMA - Appena sente parlare di sposalizio scappa!… (Trova un biglietto. Legge) “Cara Gemma, oggi presenterò a tuo padre la mia famiglia, e se la sorte ci sarà favorevole, se riuscirà la finzione, saremo felici e per sempre. Per ora non ti dico altro; a voce ti dirò il resto. Ama sempre il tuo Eugenio”. E che vuole dire questo? Che sarà questa finzione?
BETTINA - Non so, signorina, ma state attenta a non restare ingannata!
GEMMA - Tu che dici, Bettì?… Eugenio va pazzo per me.
BETTINA- E mio marito pure faceva il pazzo, ma dopo il matrimonio si mise a far l'amore con una sarta, e per lei mandò a gambe all'aria la casa. Non si è mai ricordato di me. Da sei anni sta con lei ed è come se fossi morta per lui.
GEMMA - Povera Bettina!
BETTINA- A me non dispiace per lui, ma per mio figlio, che lui non m’ha voluto mai dare… Ma se lo trovo, guai a lui!
SCENA QUARTA
LUIGINO e ditte, poi Eugenio, indi Gaetano.
LUIGINO - (dal giardino) Psst!… Gemma!… Gemma!…
GEMMA - Eh, Luigi! E come?… Te pigliasti altri 1500 franche nella scrivania?
LUIGINO - E sono finiti, bellezza mia!… Non ho più un soldo.
GEMMA - E che vuoi da me? Papà non ti vuole più vedere.
LUIGINO - Io ti devo parlare. (Bettina chiude l’uscio) Gemma, fammi far pace con papà.
GEMMA - Impossibile! è troppo arrabbiato con te!
LUIGINO - Tu puoi far tutto, bellezza mia! (Chiama) Marchesì, venite.
EUGENIO - Eccomi qua, Gemma mia!
GEMMA - Eugè, che vuole dire il biglietto, la finzione?
EUGENIO - Ho fatto tutto! Giù c’è la mia famiglia in una carrozza chiusa, aspetta me per salire.
GEMMA - La famiglia tua?
EUGENIO - Si, è una finta famiglia. Quattro miei amici fingeranno di essere miei parenti.
GEMMA - E se papà se ne accorge?
EUGENIO - Impossibile, sono travestiti alla perfezione!
GEMMA - Ma perché hai fatto questo?
EUGENIO - Per viderti, Gemma mia, e parlarti con libertà.
GAETANO - (picchia alla porta, gridando) Chi ha chiuso la porta?!…
EUGENIO - Andate via tutti, lasciatelo qui solo… Io ritornerò fra poco.
LUIGINO - Io voglio fare pace con papà, se no dico tutto.
GEMMA - Va bene, per ora vattene, ci penso io.
LUIGINO - Grazie, bellezza mia! (Esce)
EUGENIO - Mia cara Gemma! (Le bacia la mano ed esce)
GEMMA - Bettì, apri la porta, e trova tu una scusa. (Va via)
GAETANO - (bussando e gridando) Chi ha chiusa questa porta?
BETTINA - (apre) Eccellenza, scusate, l’ho chiusa io, credevo che non ci fosse nesssuno.
GAETANO - (in frac e cravatta bianca) Gemma dov'è?
BETTINA - Sta in camera sua. Proprio ora ci siamo ritirate.
GAETANO - Sta bene?
BETTINA - Sissignore, eccellenza. Stamattina sta come una rosa di maggio.
GAETANO - Ha visto la sorpresa? La porta piena di camelie e rose.
BETTINA - Ah, sissignore, eccellenza. N’ha avuto tanto piacere!… quel vecchio, il signor Bebè, le ha portato un anello. (Glielo mostra)
GAETANO - Lo so! E lei ne ha avuto piacere?
BETTINA - Non troppo, lei ha tanti oggetti; difficilmente le fa specie una cosa.
GAETANO - Si capisce!… Per farle specie, occorrono i brillanti grossi. Il mio regalo non se lo aspetta. Il mio regalo non se lo aspetta. Sto comprando una casetta sul Vomero. La chiamerò "Villa Gemma".
SCENA QUINTA
Eugenio, Biase e detto; poi Vicienzo e Biase; indi Pascale, Eugenio; infine Concetta, Pupella e Felice.
EUGENIO - Egregio cavaliere!…
GAETANO - Marchesì, vi avevo pregato…
EUGENIO - Di far venire qui mio padre, e i miei zii… Ebbene, essi son venuti e stanno giù in carrozza. Aspettano me per salire.
GAETANO - Mamma mia, aspettate, Vicienzo. (Gridando) Fortunatamente tengo un paio di guanti! (Tira fuori i guanti e li infila frettolosamente)
EUGENIO - Dunque, io vado, mi raccomando! (Via)
GAETANO - Questo è un grand’onore, figlia mia fortunata!… (Gridando) Vicienzo!… Biase!…
VICIENZO - Comandate, cavaliere eccellenza!… Stanno salendo principe, marchese, contessa, tutta la famiglia di Don Eugenio!
VICIENZO - Voi che dite? Stanno salendo?…
GAETANO - Biase, tu mettiti vicino alla porta, diritto e non ti muovere.
BIASE - Va bene, non dubitate.
GAETANO - Zitto, eccoli qua. (Si pone in atto rispettoso)
EUGENIO - Venite, venite papà… Ecco qui il cavaliere.
PASQUALE - (viene avanti in parrucca, guanti chiari, cappello a cilindro e bastone. Indossa un lungo pastrano scuro e si presenta con molto sussiego, guardandosi intorno attraverso un paio di lenti a manico di tartaruga)
GAETANO - Rispettabilissimo signor marchese… (Dandogli la mano) L’onore che lei mi accorda, mi fa diventare, direi quasi, scemo, non mi trovo alla portata di poter degnamente contraccambiare…
PASQUALE - Psst! Basta… basta… basta!…Se io mi trovo… se io mi trovo. (Mostra a Biase il cappello e il bastone perché glieli tolga di mano, ma il servo non si muove) Se io mi trovo… (Pasquale mostra di nuovo a Biase il cappello e il bastone, e visto che egli non si muove, li butta a terra. Gaetano ad Eugenio piano) Perché ha gettato a terra cappello e bastone?
EUGENIO - (piano) Perché nessuno glieli ha tolti di mano.
GAETANO - (Ah, sicuro!… Quell'animale di Biase non si muove)
BIASE - (piano) Mi avete detto di non muovermi! (Raccattando il cappello e il bastone)
EUGENIO - (a Gaetano) Andate a ricevire mia zia la contessa. Spetta a voi.
GAETANO - Ah! Spetta a me… Eccomi qua. Con permesso! (Esce)
EUGENIO - (sottovoce) Bravo, bravo Don Pasquale!… Vi raccomando.
PASQUALE - Lasciate fare a me.
GAETANO - Venite, venite, illustrissima signora contessa. (Concetta ha un abito elegante, con cappello e guanti. Pupella veste un abito molto elegante con cappellino e guanti. Segue Concetta a braccetto di Felice, vestito di nero, con due piccoli baffi) Accomodatevi, vi prego.
EUGENIO - Cavaliere, vi presento l’illustrissima signora contessa del Pero, mia zia, sua figlia Clara, contessina del Pero, mio padre, il marchese Ottavio Favitti, e mio zio, il principe di Casador.
GAETANO - Fortunatissimo di aver conosciuto una famiglia tanto illustre!
EUGENIO - Il cavalier Gaetano Semmolone, padre di Gemma.
PASQUALE - Molto piacere!
FELICE - Fortunato! (Tutti seggono)
GAETANO - (piano a Biase) Bià, porta cinque gelati, subito.
BIASE - (piano) Subito, cavaliere eccellenza. (Va via)
PASQUALE - Siete il padre della ragazza che mio figlio dice di amare tanto?
GAETANO - Sicuro, e mia figlia, le assicuro, gli porta un grande amore.
FELICE - Questa, per me è una novità… Quando mai le ballerine sanno amare! (Si sdraia sul divano)
GAETANO - Signor principe… è vero che le ballerine sono stravaganti e non tengono affezione per nessuno: ma mia figlia è un’altra cosa. Quando la conoscerete, vedrete. La apprezzerete anche voi, credetemi.
PASQUALE - Signore!… Io ero contrario a questo matrimonio, ma vedendo che mio figlio piangeva la mattina, il giorno, la sera, la notte, dissi fra me e me; questo ragazzo ne piglierà una malattia, contentiamolo, e non ne parliamo più. D’altronde, ha seicentomila lire di rendita e può sposarsi una giovane di suo piacere…
GAETANO - Seicentomila lire di rendita?
FELICE - (fra sé) Ma chi l’ha viste mai?
PASQUALE - Mio fratello, il principe di Casador, ha già fatto il testamento tutto in suo favore…
FELICE - Già!… I miei milioni sono suoi.
GAETANO - Ed io vi ne ringrazio con la faccia per terra.
BIASE - (recando i gelati) Ecco servito, cavaliere eccellenza.
GAETANO - Ah, bravo, qua, a me! Vi prego, signori, di accettare un gelato.
PASQUALE - Oh, ma perché questo disturbo?
GAETANO - Ma che disturbo! è dovere, nient’altro che dovere!… (Pasquale, Felice, Concetta e Pupella sorbiscono i gelati con grandi avidità)
PASQUALE - Ma vostra figlia, questa Gemma, quando ce la farete vedere?
GAETANO - Subito!… (Chiama) Biase!
BIASE - Cavaliere eccellenza!
GAETANO - Andate a chiamare mia figlia Gemma.
BIASE - Subito, cavaliere eccellenza! (Esce)
GAETANO - Vedrete!… Un angioletto… un tipo di virtù e di candore.
BIASE - Ecco la signorina!
GAETANO - (le va incontro, la prende per mano) Vieni, figlia mia nobile e fortunata! Bacia la mano al tuo secondo padre e ai tuoi nobili parenti.
SCENA SESTA
Biase, Gemma e ditti.
GEMMA - Obbedisco. (Bacia la mano a Pasquale, Concetta e Felice)
PASQUALE - Bravo!… Bella ragazza! Siedi. (Gemma siedi vicino ad Eugenio)
CONCETTA - E' veramente una graziosa fanciulla!
FELICE - Ah! Sarà una coppia proprio invidiabile!
GAETANO - I parenti del tuo caro Eugenio acconsentono con piacere al matrimonio. Ora sei contenta?
GEMMA - E vi pare!… Contentissima!
FELICE - Abbiamo fatto tutto ciò che volevate e siamo lieti di avervi dato quella felicità da voi tanto desiderata.
PUPELLA - Dopo mio cugino, dovete pensare di maritare anche me!
GAETANO - Va bene, contessina! A proposito, marchesì, giorni fa mi diceste che la principessa di Casador, moglie di vostro zio, era ammalata. Come sta?
EUGENIO - Ah, male, molto male!
FELICE - Malattia inguaribile. I medici hanno sentenziato che non c'è più niente da fare!
GAETANO - Mi piace il principe! ha la moglie moribonda e non se ne incarica.
FELICE - Io sono sempre di buon umore! Si deve morire una volta. Pazienza
GAETANO - (ridendo) Ah! Ah!… Che bel carattere! (Biase esce col vassoio)
SCENA SETTIMA
Vicienzo e ditti, poi Giacchino, indi LUIGINO.
VICIENZO - Cavaliere eccellenza, in sala una persona chiede di parlarvi.
GAETANO - Chi è?
VICIENZO - Dice che si chiama Don Giacchino Castiello.
PASQUALE - (fra sé) Don Giacchino Castiello!
FELICE - (fra sé, con terrore) il padrone di casa!
GAETANO - E' il proprietario di quel casino al Vomero che io forse acquisterò… Ma non mi sembra il momento… Basta!… Fallo entrare…
VICIENZO - Subito. Favorite, signore. (Pasquale, Felice, Concetta e Pupella si raggruppano e restano a testa bassa per non farsi riconoscere. Gaetano si alza per andare incontro a Giacchino. Vicienzo esce)
GIOACCHINO - Grazie… Carissimo Don Gaetano.
GAETANO - Don Giacchì, v’aspettava da stamattina… Siete giunto in tempo!
GIOACCHINO - Che volete? Ho avuto tanto da fare!
GAETANO - Ma ora è impossibile parlare. Tengo qua una famiglia nobilissima;
si tratta della fortuna di mia figlia, capite?
GIOACCHINO - Oh, io non voglio incomodarvi, tornerò stasera.
GAETANO - Mi fareste un grosso favore. scusate.
GIOACCHINO - Ma niente affatto, per carità. (Avvicinandosi senza riconoscerli) Signori, scusate se vi ho disturbati… non potevo supporre che Don Gaetano fosse occupato. Don Gaetà, statevi bene, ci vediamo stasera.
GAETANO - Arrivederci. (Giacchino esce) Signori, faccio le mie scuse…
FELICE - Ma quali scuse! Quando si parla con noi non si dà retta a nessuno.
PASQUALE - Noi non siamo abituati ad essere trattati così!
GAETANO - Perdonatemi, non lo farò più, è stata la prima ed ultima volta! (fra sé) Eh! Si sono pigliati collera! Ah! Vi chiedo mille scuse!
PASQUALE - Va bene, non se ne parli più.
FELICE - Ma se ritorna quell’uomo, non lo fate più entrare, mandatelo via!
PASQUALE - Si, si, non lo fate entrare più!
GAETANO - Va bene, vi servirò.
EUGENIO - Dunque, pare che si sia tutto conchiuso per il matrimonio?
GAETANO - Tutto, non c’è altra difficoltà non è vero?
PASQUALE - Ma nessun’altra, nessun’altra.
FELICE - Siamo tutti contenti.
GAETANO - Bravissimo!… Vorrei dirvi una cosa, ma ho paura di offendervi…
PASQUALE - Ma che cosa?
GAETANO - Ecco! Oggi o ordinato al cuoco un pranzetto, vorrei sapere se…
FELICE - Ma parlate!
PASQUALE - Di che si tratta?
GAETANO - Siamo soli io e Gemma. Potrei avere l’onore di pranzare con voi?
FELICE - Oh!…
PASQUALE - Noi non siamo abituati… Contessa, che ne dite?
CONCETTA - Fate voi, marchese.
PASQUALE - Che ne dite, principe?
FELICE - Per me accetterei.
PASQUALE - Allora accettiamo.
GAETANO - Bravissimo! E io vi ne sarò grato fino alla morte.
FELICE - Ma vi fa molto piacere che mangiamo qui?
GAETANO - Moltissimo!
FELICE - Allora per farvi contento, resteremo anche domani.
GAETANO - Domani, dopo domani, pure una settimana.
FELICE - Anche un mese!?
GAETANO - Anche due mesi.
FELICE Anche un anno?
GAETANO - Due anni!
FELICE - (a voce alta) E noi vi terremo contento.
GAETANO - Bravissimo! Gemma, porta nella tua stanza la signora contessa e la contessina e falle mettere comode… Questa è casa vostra! Io tornerò subito da voi. Dunque resterete a mangiare con me due anni?
FELICE - Ma sì, ma sì.
GAETANO - Oh, che grande onore! E chi s’aspettava tanta fortuna. Tenere in casa mia quattro signoroni come voi! Che consolazione!… Che bella cosa!
EUGENIO - Bravi! Bravi, seguitate sempre cosi.
FELICE - Basta che si mangi!
LUIGINO - (dal giardino) Che vedo, Pupella!… La madre!…
PUPELLA - Don Luigino!… E come state qua?
LUIGINO - Come? Io sono il padrone di casa, bellezza mia!
PUPELLA - Ah! Benissimo.
LUIGINO - E siete voi che avete fatto la finzione? Oh! Che piacere!…
PASQUALE - Amico!… Io sono il padre!…
LUIGINO - Siete il padre? Io sono venuto in casa vostra stamattina e non v’ho trovato. Sappiate che amo vostra figlia e la voglio sposare.
PASQUALE - Va bene!… Ne parleremo.
GEMMA - E si capisce! Domani se ne parla. Per ora, Luigi, vattene!
LUIGINO - Me ne vado?… E quando faccio pace con papà?
GEMMA - Appena andiamo a tavola, tu racconti una barzelletta e tutto finisce in allegria.
LUIGINO - Va bene, così farò, bellezza mia. Pupè, amami!
PASQUALE - Vi ho pregato che sono il padre!… Scusate, voi chi siete?
LUIGINO - Io sono un giovine ricchissimo, posso fare la fortuna di vostra figlia… (Prende Pasquale a braccetto e vanno via)
EUGENIO - Cara Gemma, non puoi immaginarti come sono contento.
GEMMA - E io pure; non so come mi mantengo dalle risate.
FELICE - Quando si mangia? Ho un po' d’appetito.
EUGENIO - Si vede dalla faccia! (Esce con le donne)
FELICE - Che bella cosa è fare il nobile! Rispettato, ossequiato da tutti… cerimonie, complimenti. E' un’altra cosa, è la vera vita! Il pezzente che campa a fare? Il mondo dovrebbe essere popolato di tutti nobili, tutti signori, tutti ricchi! (Mirandosi allo specchio) Sembro proprio un principe! Se trovassi mia moglie, le direi: "Ora sono un signore. Vuoi far pace? Ebbene, mettiti il cappello! Che bella soddisfazione. Ricordo ancora le botte che mi diede quando mi trovò da Luisella. Basta! Chissà ora dov'è. Vorrei un bicchiere di vermouth, per stuzzicar l’appetito! (Suona il campanello)
SCENA OTTAVA
Bettina e detto, poi Peppeniello, indi Vicienzo.
BETTINA - Comandate, eccellenza.
FELICE - (atterrito, fra sé) Mia moglie! (Si volta dall’altra parte)
BETTINA - Eccellenza, che comandate?
FELICE - (fra sé) Se parlo, mi riconosce!
BETTINA - (quasi ridendo gli parla alle spalle) Io so tutto. io sto dalla parte della signorina… So tutto della vostra finzione, non abbiate timore.
FELICE - (fra sé) Sa tutto, sa che sono suo marito! Bettina mia, moglie mia!
BETTINA - Tu, Feliciello! Ah, nfame! Assassino! Sei tu! A che ti sei ridotto, a far l'imbroglione? Birbante! Ah, mi sei capitato di nuovo fra le mani.
FELICE - Bettina, per carità!…
BETTINA - Scellerato! Sei anni senza cercarmi, senza sapere se ero viva o morta, senza farmi vedere mio figlio! Dov'è Peppeniello? Parla! Assassino!
FELICE - Sissignore, io te dico tutto, ma non gridare.
BETTINA - Tu sai che io non posso fare chiasso, per non fare un male alla signorina. Non posso parlare, non posso dire chi sei. Ma vedi questo coltello?(Mostra un coltello a serramanico) Ti uccido se non mi dici dov'è mio figlio.
FELICE - Io non sono chi siete e che cosa dite. Sono il principe di Casador.
BETTINA - Mio figlio dov'è? (Minaccia Felice col coltello)
FELICE - Indietro, o chiamo un servo e vi faccio cacciare. (Suona tre tocchi)
PEPPENIELLO - Comandate eccellenza?
FELICE - (fra sé) Peppeniello!
BETTINA - Chi è questo bambino?
FELICE - (avvicinandosi a lei) Zitto, è Peppeniello, è nostro figlio.
BETTINA - Mio figlio! (corre ad abbracciare il ragazzo) Ah, Peppeniello mio, quanto ti sei fatto bello. Dammi un bacio. (Lo bacia)
PEPPENIELLO - E voi chi siete?
BETTINA - Sono tua mamma, la vera mamma tua.
VICIENZO - (entrando) Che succede?
BETTINA - Vicienzo mio, questo è mio figlio!… Erano sei anni che non lo vedevo! (Al ragazzo) Ma parla! Come ti trovi in questa casa?
PEPPENIELLO - Vicienzo m’è padre a me! (Felice, sorpreso, salta su una poltrona)
BETTINA - Vieni, raccontami tutto. (Va via col ragazzo)
VICIENZO - Principe, scusate!… quel ragazzo mi è figlio!
FELICE - (si precipita addosso a Vicienzo) Figlio!!!
SIPARIO
ATTO TERZO
La medesima scena del secondo atto. Lampadaro e candelabri accesi. è sera.
SCENA PRIMA
Voci, Vicienzo e Biase, poi Gaetano, indi LUIGINO, di dintro.
VOCI - Evviva l’allegria! Evviva! (Battute di mano e tintinnio di bicchieri)
VICIENZO - Metti i lampadari, il padrone vuole offrire il caffè in giardino.
BIASE - Va bene… Don Viciè, io il caffè lo voglio amaro. (Via barcollando)
GAETANO - (entrando) Viciè, il giardino è pronto?
VICIENZO - Sissignore, cavaliere eccellenza.
GAETANO - Bravo!… Il vassoio con le tazze, mettilo sul tavolino fuori.
VICIENZO - Sissignore.
GAETANO - Viciè, ho fatto una bella figura! Quando hanno visto il servizio d’argento dorato, sono rimaste con le bocche aperte! E come hanno mangiato! I nobili mangiano più di noi. Come sono allegro stasera!
VICIENZO - Per mille anni, cavaliere eccellenza, per mille anni!
GAETANO - Grazie. Ho fatto pace pure con mio figlio Luigino. E' arrivato mentre stavamo a tavola, che dovevo fare?
VICIENZO - Si capisce!… E poi è sempre vostro figlio!
VOCI - (gridando)
Bevo, e fo brindisi,
Di tutto cuore,
All’illustrissimo,
Signor… Amore!…
VOCI - Bravo! Bravo!… Molto bene! (Tintinnio di bicchieri)
SCENA SECONDA
Bettina, poi Felice.
BETTINA - Povero Peppeniello! sono tre ore che sta dormendo sul mio lettino… quante cose m’ha raccontato!… Lo faceva stare senza camicia, quella assassina! Però, prima o poi la vedrò e faremo i conti.
FELICE - (compare mezzo brillo; Bettina fa per andar via) Signora!… Lasciatemi parlare, sentite prima la ragione, e poi fate quello che volete.
BETTINA - Io non posso sentire niente, perché vado di fretta.
FELICE - Io non devo dire che poche parole, e voi le dovete sentire. Ricordatevi che sono vostro marito.
BETTINA - Marito! (ridendo) Tu, marito?
FELICE - Non ridete, signora, e sentitemi. Non ho bevuto e non ho mangiato. Non ho fatto altro che piangere tutto il tempo. Tutto quello che vi dissero, cioè che io sciupavo tutto con Luisella, la sarta, erano calunnie. Ero stato due o tre volte in casa sua, non lo nego; ma sarebbe tutto finito, se voi non aveste fatto quella scenata. Quando voi mi faceste quel mazziatone, fu tale la mortificazione che giurai di non vedervi mai più. Dopo sei mesi di silenzio, mi mandaste a chiedere di nostro figlio. Io ve lo negai perché dissi: “Solamente così Bettina verrà da me per far pace”. Non lo avete fatto. E allora, ritornai da Luisella. Il resto lo sapete!
BETTINA - Che bella discolpa!… E quella povera creatura, senza camicia!… Ma come! Un padre che lascia il figlio senza camicia!
FELICE - E che direste se neanche il padre teneva la camicia.
BETTINA - Che bella cosa!
FELICE - Spiegatemi, signora, come va che Vicienzo è il padre di mio figlio?
BETTINA - Quel povero bambino moriva di fame e il compare Michele l’ha mandato a servire in questa casa. Il padrone non avrebbe accettato un bambino; Vicienzo, essendo amico di Michele, l’ha presentato come suo figlio, e ha detto a Peppeniello: “Chiunque ti domanda, dì che ti sono padre”.
FELICE - Possibile? Allora Bettina mia, se è così… se m’hai detto la verità…
SCENA TERZA
Vicienzo e ditti, poi Gaetano e Vicienzo.
BETTINA - Viciè, abbi pazienza!… Siccome l’illustrissimo signor principe, qui presente, crede che Peppeniello è veramente figlio a te, digli la verità.
VICIENZO - Ecco qua, illustrissimo… Ma non dite niente a Don Gaetano! quel bambino era abbandonato da tutti; per farlo stare in questa casa, io lo presentai al padrone come figlio mio, e gli voglio bene come un figlio, perché se lo merita. Ma se sapessi chi è il padre, gli direi: “Pezzo di infame, con quale cuore hai potuto abbandonare una povera creatura!? Sei un porco! una carogna!” E se mi rispondesse, passerei un guaio! Infame assassino!
FELICE - (fra sé) Mi sono meritato queste quattro maleparole.
VICIENZO - Ma perché, Bettina?… Il principe credeva che sei mia moglie?
BETTINA - Già, perfettamente.
VICIENZO - Nonsignore, illustrissimo. Bettina è una buona figliola, onesta lavoratrice… Permettete? (va via)
FELICE - Bettina mia, perdonami! Ti giuro che vorrò bene solo a te…
BETTINA - Va bene, staremo a vedere.
FELICE - E Peppeniello dov'è? Lo voglio abbracciare e baciare.
BETTINA - Ora sta dormendo. Lo farai svegliare.
FELICE - No, io non lo faccio svegliare, lo bacio piano piano. Io lo voglio vedere!… (Quasi piangendo)
BETTINA - Non piangere... E andiamo, ma zitto zitto!
FELICE - (infilando il braccio di Bettina) Io ti ho voluto sempre bene.
BETTINA - Abbiamo fatto pace.
GAETANO - (entrando con Vicienzo dal giardino) Posso mai credere che il principe si innamorava di Bettina?
VICIENZO - Eccellenza. L'ho visto chiederle di dire la verità.
GAETANO - Stiamo attenti. Il principe è sposato. Non vorrei che Bettina si scontrasse con la principessa.
VICIENZO - Si capisce, cavaliere eccellenza!… E io perciò ve l'ho detto… E pure il principe si può incontrare col marito di Bettina.
GAETANO - Comme?!… Bettina è sposata?
VICIENZO - E' sposata e separata dal marito. Ha pure un figlio: Peppeniello!
GAETANO - Peppeniello!… E come, Peppeniello non è figlio a te?
VICIENZO - Sissignore, è figlio a me, ma il padre è il marito di Bettina.
GAETANO - E io ora perdo la testa!… Dio mio, quante complicazioni. Il principe s’è innamorato di Bettina? con lo champagne ha visto che quella era buona e ha detto: “Che m'importa che sono sposato?” Ma, intanto, come fare?… Con una moglie moribonda!… Ah! Io non capisco!… Come si può fare?
SCENA QUARTA
Eugenio, Gemma, Pascale, Concetta, LUIGINO, Pupella e di u nuovo Gaetano.
GEMMA - Papà, che avete fatto?… Ci avete lasciato?
PASQUALE - (A Gaetano) Volevamo fare un brindisi alla vostra salute, ma non vi abbiamo più visto.
GAETANO - Andiamo nel giardino per prendere lì il caffè.
LUIGINO - (a braccetto di Pupella) Se i signori permettono, io vado con la contessina a vedere il giardino illuminato.
GAETANO - Non c’è bisogno, perché andiamo tutti!
PASQUALE - A proposito, mio fratello, il principe, dov’è?
GAETANO - Io non lo so, anzi credevo stesse con voi.
PASQUALE - Ma no, ha lasciato la tavola e non s’è più visto.
GAETANO - (fra sé) Scommetto che è nella cammera di Bettina. Vado a vedere…
EUGENIO - Gemma mia, quanto sono felice!
GEMMA - Povero papà, crede a tutto!
LUIGINO - Pupella mia, cuore di questo petto. (L’abbraccia) Mi vuoi bene?
PUPELLA - Ma si, assai assai!
CONCETTA - E tu, Pasqualino, non mi dici niente?… Anima dell’anima…
PASQUALE - Stai zitta!
EUGENIO - Silenzio, ecco Don Gaetano!
GAETANO - (entrando) Eccomi qua a voi! (fra sé) Ho visto il principe che baciava Peppeniello e diceva: Figlio mio! Figlio mio! Ma si può sapere il bambino a chi è figlio? Dunque, signori, vogliamo andare?
PASQUALE - Andiamo pure.
GAETANO - Prego, contessa! (Offre il braccio a Concetta. Tutti escono)
SCENA QUINTA
Vicienzo e ditti, poi LUISELLA.
VICIENZO - Cavaliere eccellenza, vi è fuori la principessa di Casador. (Sorpresa generale)
EUGENIO - (fra sé) Mia zia! Possibile!
PASQUALE - (fra sé) Oh! Dopo aver mangiato, ci sapetta il digestivo.
GAETANO - Marchesì, vostra zia.
EUGENIO - Sarà uno sbaglio. Vi ha detto proprio la principessa di Casador?
VICIENZO - Sissignore, eccellenza, la principessa di Casador… Ma sta male. Non riesce nemmeno a parlare. Io ho chiesto: “Chi volete?” Mi ha risposto: “Qui stanno i miei parenti, qui sta il principe mio marito: annunziatemi”.
EUGENIO - (fra sé) La principessa! Ma è impossibile!
GAETANO - Ma come! Riesce ancora a camminare? Vado a riceverla. (Esce)
PASQUALE - Marchesì, ora arrivano le botte!
EUGENIO - Ma no, non temete! Dev’esserci qualche equivoco.
PASQUALE - Marchesino, pensate voi al da farsi!
EUGENIO - Va bene, non abbiate paura, coraggio!
GAETANO - Piano, principessa. Siamo arrivati. Luigi, una poltrona!
LUIGINO - Subito.
LUISELLA - (entra in abito nero, guanti neri e cappellino, molto pallida. Gaetano e Vicienzo la sorreggono). Grazie, signore. Siete buono!
PASQUALE - (fra sé) Uh! Luisella!
CONCETTA - (fra sé) Pascà, è Luisella!
EUGENIO - (fra sé) La moglie di Don Felice! respiro! (Gaetano e Vicienzo fanno sedere Luisella sulla poltrona)
LUISELLA - (respirando) Ah!…
GAETANO - Principessa, come vi viene in testa di uscire a quest’ora, voi tanto ammalata? (fra sé) Che parenti infami!
PASQUALE - Cognata mia, cara cara. (L’abbraccia)
EUGENIO - Zia! (Le bacia la mano. Piano) Perché avete fatto questo?
CONCETTA - Ci è sembrata proprio strana, cara cognata, questa vostra visita… Uscire di casa significa abbreviarsi la vita!… (Piano) Puozze schiattà!
LUISELLA - Si, è vero, cara cognata, non dovevo muovermi dalla casa. Ma mi sono vista sola, abbandonata da tutti, e ho detto: “Giacché debbo morire, voglio morire in mezzo ai parenti, fra le braccia del mio consorte”.
GAETANO - (fra sé) è venuta a morire proprio in casa mia!
LUISELLA - Lo so che voi poco mi curate, e aspettate con ansia la mia monte… Ah, lo so, lo so! (Tossisce) Se aveste avuto un po' di affezione per me, dovevate dire: “Povera principessa, che farà sola in casa? Noi ci divertiamo, e la povera principessa sta digiuna”.
GAETANO - (a Eugenio) Sta digiuna?
EUGENIO - Cara zia,siete digiuna perché il medico vi ha proibito di mangiare.
LUISELLA - Si, lo so, ma ora mi sento meglio… Ho mangiato due uova e un poco di pane, per venire qua e vedere la bella sposina. (Tossisce) Voglio parlare con mio marito, il principe. Ma dov’è? Dov’è il principe? (Si guarda intorno)
GAETANO - Non sappiamo, principessa… Forse sarà andato in giardino.
LUISELLA - Bravissimo! Andiamo a trovare il principe… Devo parlare con lui.
GAETANO - Volete andare in giardino? Ma quell’aria vi fa male!
LUISELLA - (Alzandosi) Ah, mi sento debole, che voi non potete credere… Questa è l’ora che ogni sera mi si abbaglia la vista, mi viene la tosse, l’affanno, le convulsioni. Però, sapete quanto mi calmo? Quando vedo mio marito. Fatemi vedere il principe e io mi calmo. Voglio vedere il principe!… GAETANO - Andiamo!… (piano, agli altri) Può morire tra le mie braccia.
LUISELLA - (gridando) Io voglio vedere il principe! Voglio vedere il principe!
GAETANO - (fra sé) Che guaio di notte! (Escono)
EUGENIO - Come ha saputo l’indirizzo?
PASQUALE - Forse il biglietto era ancora sul tavolino.
EUGENIO - Ma che intendi fare? Io non lo so. (Via pel giardino)
CONCETTA - Possa crepare perché è venuta! Stavamo così bene.
SCENA SESTA
Ottavio, poi Eugenio, indi Gaetano.
OTTAVIO - E' permesso? (Entra) Non c’è nessuno. Forse saranno in giardino. (Si avvia) C'è luce, ci sarà molta gente. Oh! vedo mio figlio! (Via)
EUGENIO - Quella donna farà scoprire tutto!… Chi è?… (Sorpreso) Papà!…
OTTAVIO - (fra sé) Qui ci vuol coraggio! (a Eugenio) Si, proprio papà, che viene a domandarvi che cosa venite a fare in questa casa! Eugenio! O mettete giudizio ed ascoltate vostro padre, oppure andate via di casa. Vostro padre, per le disgrazie sofferte in Borsa, non ha più i mezzi di una volta. È la principessa che oggi pensa a me ed a voi… E se domani appurerà la vita che fate, sarà una rovina per voi e per me!
EUGENIO - Ma quale vita faccio io?… Amo una buona ed onesta ragazza, ho promesso di sposarla e la sposerò!…
OTTAVIO - Parlate della ballerina?
EUGENIO - Sicuro!
OTTAVIO - Sposarla? (Ride)
EUGENIO - Sposarla, perché è un angelo! Ed io non cerco di meglio.
OTTAVIO - Ed io, vostro padre, mi oppongo!…
GAETANO - (vede Ottavio) Marchesì, vi presento il signor Bebè…
EUGENIO - Il signor Bebè! (Con sorpresa)
GAETANO - Signor Bebè, vi presento il marchesino, fidanzato di mia figlia.
EUGENIO - Tanto piacere!… E viene spesso qui il signore?
OTTAVIO - Qualche volta…
GAETANO - Sì, spesso! Non dite bugie. (Ad Eugenio) Viene a fare lo spasimante! Ma ora ha sentito che siete il fidanzato di mia figlia, e non verrà più! Vado a dì al principe che la moglie lo vuol vedere. (Via)
EUGENIO - Bravo! Lei è il signor Bebè? Lei viene spesso in questa casa?
OTTAVIO - Sono vostro padre, non devo render conto a voi delle mie azioni!
EUGENIO - Allora andrò via. Permettete però, padre, che io racconti tutto a mia zia, la principessa. Lo farò, sul mio onore! Non sarete nominato, ma le racconterò ogni cosa con una storiella. Vi è, cara zia, un giovine che ama ed è riamato da una fanciulla onesta. Egli vuole sposarla e si presenta al padre di lei col suo vero nome. Tutto è stabilito per le nozze. Ma il giovine è figlio di un nobile signore, che, disgraziatamente, ama la stessa fanciulla; però egli non può sposarla, perché i suoi nobili parenti vi si oppongono. E allora, sotto un falso nome si reca spesso in quella casa, e, incontratovi il figlio, gli dice: “Io non do conto a voi delle mie azioni” Cara zia, ditemi chi vi sembra più onesto dei due: il padre o il figlio?… (Fa per uscire)
OTTAVIO - Fermatevi. Eugenio!… Volete sposare Gemma? Sposatela!…
EUGENIO - Ma col vostro consenso?
OTTAVIO - Col mio consenso?… Oh, mai!
EUGENIO - Benissimo! E allora io dirò alla zia che quel padre si chiama Ottavio, soprannominato il sig. Bebè, e che quel figlio si chiama Eugenio!…
OTTAVIO - Venite qui, va bene! Vedremo di aggiustar la cosa…
SCENA SETTIMA
Gaetano, Felice e ditti, poi Gaetano, Luisella, Pasquale e Concetta.
GAETANO - Sapete chi è venuta, principe e vuole parlare con voi?
FELICE - Chi?
GAETANO - Nientemeno la principessa!… Vostra moglie!
FELICE - (stupito) Neh?!… E come faccio?… No, dico, come farò?
GAETANO - Ci dovete parlare, altrimenti, l’affanno non si calma… Ve la porto io stesso. Signor Bebè, vi presento il principe di Casador…
OTTAVIO - (a Eugenio) Che!…
GAETANO - Là stanno il marchese Ottavio Favitti… e la contessa del Pero… Perciò abbiate pazienza. Fate voi, marchesì, le ie veci. (Esce)
OTTAVIO - (a Eugenio) Che succede? Il principe, la principessa, la contessa!…
EUGENIO - Venite con me e vi spiegherò tutto. Ci sarà da ridere.
FELICE - Addio, nipote. (Con grande sussiego)
EUGENIO - (sulla porta) Caro zio! (ridendo) Ah, ah, ah! (Esce)
OTTAVIO - Signor Principe di Casador! (ridendo)
FELICE - Addio, addio! (Con sussiego)
OTTAVIO - (sulla porta) Signor principe di Casador! (Segue Eugenio, e via)
LUISELLA - Ah!… Dove sta il principe? (abbraccia Felice) Ah, marito mio, caro!… Ho bisogno di dirti tante cose! Abbracciami. (Abbraccia forte Felice)
FELICE - (fra sé) Ma come? Non è morta ancora? (A Pasquale) Fratello, voi che dite di questa visita?
PASQUALE - E che ne devo dire!… Mi ha fatto tanto piacere!
CONCETTA - Siamo rimasti tutti meravigliati!
LUISELLA - Perché tanta meraviglia? tanta sorpresa? Non ero morta ancora! E tu, principe, avevi già dimenticata la tua principessa? (Gli dà un pizzico)
FELICE - Oh!… Ma che dimenticata!… Poc’anzi si parlava di voi.
LUISELLA - Mi farebbe piacere rimanere sola col principe…
FELICE - Ma mio fratello e mia sorella possono restare… sono parenti.
LUISELLA - (viene avanti con le mani sui fianchi) A quanto pare, Non avete avuto piacere che io sia venuta qua! Credevate che sarei rimasta a casa. PASQUALE - Voi non dovevate venire qua, perché v’era stato spiegato!
CONCETTA - Alla fine non si trattava di un mese, ma di un paio di giorni!
LUISELLA - Ce l'ho con questo delinquente, che poteva portare anche me!
FELICE - Io non ero andato alla villeggiatura, non me n’ero andato in campagna!… Si trattava di fare un piacere a un amico, tu non potevi venire.
LUISELLA - Questa vita non la voglio fare più.
SCENA OTTAVA
Ditti e Bettina che entra, e resta ad osservare tutti tenendosi in disparte.
FELICE - Ma chi ti vuole vedere più!… Per causa tua ho passato un sacco di guai!
LUISELLA - Pe causa mia hai passato un sacco di guai?… Tu sei stato sempe un disperato!
PASQUALE - Questo non lo puoi dire, perché con te è finito pezzente.
LUISELLA - È finito pezzente per me?!… quello m’ha pignorato tutto.
FELICE - Ancora i pegni. Datemi quarantasette lire per non sentirla più?
BETTINA - (avanzando) Te le do io!…
CONCETTA - Donna Bettina!… E allora è un'altra cosa, allora ci pensate voi… Per voi non sono niente quarantasette lire?…
BETTINA - Luisella, vattene con le buone,altrimenti te ne vai con le cattive!
LUISELLA - Me ne vado! Ma tu, in faccia a me, non puoi dire: vattene!
PASQUALE - Quella è moglie! E come moglie lo può dire! (lascia cadere per terra una posata d’argento)
FELICE - (Piano) Pascà, andiamo in galera!
PASQUALE - (raccoglie la posata e la ripone su una mensola) A tavola ero distratto, e l'ho messa in tasca.
LUISELLA - La moglie se la deve prendere col marito che fa tanti imbrogli, e così ha ingannato me poveretta!
BETTINA - No, me la devo prendere con te, che ti mettesti con uno sposato!
CONCETTA - E si capisce!… Una buona figliola questo non lo fa!
LUISELLA - E stai zitta, perché io piglio a schiaffi prima te e poi gli altri.
FELICE - (gridando) stai zitta!… (Si azzuffan. Felice perde un baffetto)
SCENA NONA
Gaetano, Gemma, LUIGINO, e Pupella, dal giardino; Vicienzo, e Giacchino dal fondo indi Ottavio, Eugenio e ditti.
GAETANO - Eh, che succede? Principe!… Avete perso un baffo.
LUISELLA - Ma quale principe? Quale marchese? Signore, v’hanno imbrogliato! Questi sono quattro disperati! Uno è Don Felice Sciosciammocca, lo scrivano, e l’altro è Don Pascale il salassatore! Don Eugenio, che fa l’amore con vostra figlia, li ha fatti travestire per impapocchiarvi e io me sono finta principessa, per scompigliare tutto. E voi l'avete creduto? E che pezzo di battilocchio siete! Quello era il Marchese! quello era il principe! Quella era la contessa, l'altra era la contessina! Sti quattro morti di fame! E ora sapete che vi dico? Domani portatemi le quarantasette lire, altrimenti vi rompo la testa. Marchese… principe… contessa!… Alla faccia vostra! (Esce, appaiono Ottavio ed Eugenio)
GAETANO - Possibile! Ed è vero tutto questo?
GIOACCHINO - Sì, Don Gaetà! Mi devono pagare cinque mesate di affitto!
GAETANO - voi che dite?… Gemma?… Il marchesino dov'è? (Gridando)
EUGENIO - (avanza con Ottavio) Don Gaetano mio, perdonatemi, ho fatto questa finzione, perché amo troppo Gemma, ed ora sono pronto a sposarla col consenso di mio padre, qui presente, il marchese Ottavio Favitti.
GAETANO - E perché vi facevate chiamare il signor Bebè?
OTTAVIO - Per venire in questa casa da incognito, parlare con Gemma, conoscerne il carattere, vedere se era degna di mio figlio! Parola d’onore!
GAETANO - Meno male!… Allora, sposatevi e il Cielo vi benedica!
EUGENIO - Finalmente! (Abbraccia Gemma)
LUIGINO - Papà, benedite anche noi!… Io amo la contessina, la contessina mi ama, e ci vogliamo sposare.
GAETANO - Quale contessina?!… Fatemi capire. Questa ora chi è?
PASQUALE - E' mia figlia.
CONCETTA - E io sono la mamma.
GAETANO - E bravo!… E tu come te ne seì innamorato?
PUPELLA - Facciamo l'amore da un mese e mezzo!… Eh! Oh!…
LUIGINO - Sissignore, papà, da tanto tempo!
GAETANO - Per il piacere che ho maritato mia figlia, vi sposerete anche voi.
PUPELLA - Che bella cosa!… Che bella cosa!
LUIGINO - Bellezza mia. (L’abbraccia)
GIOACCHINO - Don Gaetà, scusate, a me le cinque mesate chi le dà?
GAETANO - Ve le do io!
GIOACCHINO - Va bene.
PASQUALE - Bravo Don Gaetano!
GAETANO - (A Felice) A proposito. Voi perché stavate in camera di Bettina, e dicevate a Peppeniello: “Figlio mio! Figlio mio!”
FELICE - Perché sono il marito di Bettina e il padre di Peppeniello.
BETTINA - Sissignore, eccellenza! Siamo stati divisi sei anni e ora per combinazione ci siamo riuniti.
GAETANO - Bravissimo!… E Peppeniello vi è figlio?
VICIENZO - Sissignore, eccellenza, e io per farlo restare in questa casa, vi ho detto che ero suo padre.
GAETANO - Accidenti! Quanti imbrogli!… E il ragazzino, come ha recitato bene! ...Aspettate, voglio videre se ricorda. (Suona tre tocchi)
SCENA ULTIMA
Peppeniello e ditti.
PEPPENIELLO - Comandate, eccellenza!
GAETANO - Bravissimo!… Dimmi una cosa? Tu a chi sei figlio?
PEPPENIELLO - Vicienzo m’è padre a me! (Vede Felice) Uh! Papà!
FELICE - Sì, papà, che ha passato tanta guai, fra la miseria vera e la falsa nobiltà!
SIPARIO