LE FIABE AMOR DI SALE IL PIFFERAIO MAGICO IL PRINCIPE RANOCCHIO
IL RE PORCO LA BABA JAGA IL NEGROMANTE LA PENNA DEL GRIFONE
PETROSINELLA LA GATTA CENERENTOLA IL PESCIOLINO D'ORO
LA GATTA CENERENTOLA
(Fiaba liberamente tratta da un racconto di Giambattista Basile)
Un principe vedovo aveva una figlia amatissima, di nome Zezolla. La ragazza era buona ed educata ed aveva una maestra, Carmosina, che le insegnava a ricamare e cucire. Un giorno il principe decise di sposare una donna che era malvagia con la figliastra.
La poveretta si lamentava con la sua maestra, la quale le consigliò di chiedere alla matrigna di prenderle un abito vecchio da un baule e, prendendola di sorpresa, gettarla dentro di esso per ucciderla. Le consigliò inoltre di chiedere al re suo padre, una volta rimasto nuovamente vedovo, di prendere in moglie lei, Carmosina, per essere tutti finalmente felici.
La matrigna morì e Zezolla cominciò a proporre al padre di sposare la sua maestra. Il principe inizialmente rifiutò, poi si lasciò convincere e sposò Carmosina. Costei per alcuni giorni fu molto affettuosa con Zezolla, poi portò in casa le sue sei figlie, che fino ad allora aveva tenute nascoste e riuscì a far sì che il principe suo sposo si affezionasse molto alle figliastre e si disamorasse della povera Zezolla, la quale venne trattata come una povera servetta, al punto da essere chiamata la gatta Cenerentola. Una colombella le disse che avrebbe esaudito ogni desiderio se si fosse rivolta alla colomba delle fate in Sardegna.
Quando il principe dovette andare in Sardegna, chiese alle figliastre che regalo desideravano: esse chiesero abiti eleganti, oggetti da trucco per il viso, giocattoli, ecc. Per ultimo chiese alla figlia cosa volesse ed ella rispose di raccomandarla alla colomba delle fate e chiedere un oggetto a loro piacere; gli disse che, nel caso si fosse dimenticato della promessa, se ne sarebbe pentito.
Il principe acquistò gli oggetti desiderati dalle figliastre, ma dimenticò la promessa fatta a Zezolla. Si imbarcò su un battello ma non riuscì a partire. Addormentatosi, sognò una fata, la quale gli svelò che non sarebbe riuscito a partire se non avesse mantenuto al promessa fatta alla figlia. Così si recò alla grotta delle fate e chiese loro un regalo per la figlia. Una giovane gli diede un dattero, una zappa, un secchiello d'oro e una tovaglia di seta, dicendo che l'uno era per seminare e le altre cose per coltivare la pianta.
Il principe tornò in famiglia; consegnò i regali alle figliastre e alla figlia il dono che le faceva la fata. Zezolla piantò il dattero in un vaso di coccio; lo zappava, lo innaffiava e con la tovaglia di seta l'asciugava mattino e sera. Dopo quattro giorno dal vaso uscì una fata, la quale le chiese di esprimere un desiderio. Zezolla disse che qualche volta desiderava di uscire di casa, ma non voleva che le sorelle lo sapessero. La fata le svelò che, ogni volta che voleva uscire, doveva avvicinarsi al vaso di coccio e dire: Dattero mio dorato, con la zappetta d'oro t'ho zappato, con il secchiello d'oro t'ho innaffiato, con la tovaglia di seta t'ho asciugato: spogliati e vestimi! E quando vorrai spogliarti, cambia l'ultimo verso e dici: Spoglia me e vestiti tu!
Essendo venuto un giorno di festa ed essendo uscite le figlie della maestra tutte agghindate, Zezolla corre subito al vaso di coccio e, pronunciate le parole fatate, fu agghindata come una regina e si recò anche lei alla festa, dove splendette per la sua fulgida bellezza. Il re, visto la straordinaria bellezza di Zezolla, ne restò affascinato e chiese al servitore d'informarsi su di lei.
Il servitore la seguì, ma lei, accortasi di ciò, gettò una manciata di scudi d'oro. Il servitore, anziché inseguirla, si buttò sugli scudi per impossessarsene. Lei ritorno a casa. Nel frattempo il servitore mostrò al re gli scudi ma lui, arrabbiatissimo, lo rimproverò per non aver fatto il suo dovere e gli chiese di informarsi sulla bella giovane.
Fu organizzata una nuova festa. Le sorellastre, tutte eleganti, lasciarono Zezolla vicino al focolare; e lei corse dal vaso del dattero e pronunciò le parole magiche. Ne uscì un gruppo di damigelle che la pettinarono, la agghindarono e la resero bella come il sole e la posero su una bella carrozza, che la portò alla festa al cospetto del re.
Si ripeté la stessa storia: il re, abbagliato, le mandò dietro il suo servitore e lei, per non farsi seguire, gli gettò perle e gioielli e giunse a casa, dove vestì nuovamente i suoi poveri abiti.
Il servitore tornò dal re, il quale lo minacciò di farlo bastonare se non avesse avuto le informazioni richieste.
Arrivò l'altra festa e, uscite le sorelle, Zezolla, con l’aiuto del dattero magico, fu vestita superbamente e posta dentro una carrozza d'oro. Quando lasciò la festa per tornare a casa, il servo del re si attaccò alla carrozza, che si mise a correre così vorticosamente che le cadde la scarpetta. Il servitore, pur non riuscendo nel suo intento, portò al re la scarpetta e lui la strinse e la baciò, poi decise di lanciare un bando: tutte le ragazze del paese dovevano partecipare a un sontuoso banchetto, da lui organizzato. Arrivarono tantissime donne, belle e brutte. Il re provò la scarpetta a una per una a tutte le convitate, ma non trovò chi avesse il piede adatto. Allora chiese di tornare di nuovo l’indomani, facendo bene attenzione a non lasciare in casa nessuna donna.
Disse il principe: Ho una figlia, che fa la guardia al focolare. Il re chiese di portarla da lui. Il giorno dopo tornarono tutti insieme e il re, provata la scarpetta a Zezolla, scoprì che era proprio quella giusta. Così l’abbracciò, la fece sedere accanto a sé, le mise la corona in testa e comandò che tutte le altre donne le facessero la riverenza, come alla loro regina. Le sorellastre, per non essere costrette a riverire l'odiata sorella, scapparono di corsa a casa e non ne uscirono più.