LA PEDAGOGIA NELL'ETA' UMANISTICO-RINASCIMENTALE
I GESUITI
COMENIO
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LA PEDAGOGIA DELL’ETÀ UMANISTICO-RINASCIMENTALE
Confronto con la pedagogia medievale
Nel ‘400 e nel ‘500 l’uomo appare spinto agli studi e alla formazione culturale non più, come nel Medioevo, per un mistico desiderio di unirsi a Dio, ma per l’impulso di chi, essendo libero, vuole scoprire la verità con le proprie forze.
A differenza della pedagogia medievale, tutta incentrata sull’educazione religiosa, sulla rinuncia e sui valori della spiritualità, la pedagogia del periodo umanistico-rinascimentale è incentrata sull’educazione della persona, sui valori della corporeità e della natura, sullo sviluppo dell’autonomia individuale.
L’etica medievale, fondata sulla rivelazione e imperniata attorno al concetto di trascendente, è sostituita dall’etica dello sforzo, della lotta, della conquista personale.
L’educazione non mira a formare il religioso o il cavaliere, ma l’uomo e la donna. L’uomo valoroso non è il pensatore ma l’attore, che opera concretamente per realizzare la propria fortuna.
Cade il principio di autorità (ossia la dimostrazione fondata sulla testimonianza altrui) e si tende a ricostruire il passato su una base documentaria svincolata dalla tradizione.
Umanesimo come pedagogia
L’Umanesimo è un periodo importante nella storia dell’educazione perché è essenzialmente un movimento pedagogico, che mira alla formazione di un uomo nuovo. L’individuo non si avvilisce più di fronte ai propri limiti e difficoltà, ma tenta di superarli ampliando al massimo la sfera elle proprie conoscenze.
L’umanista non si appaga di quanto viene spiegato da altri ma, fiducioso nei suoi mezzi e proteso alla ricerca di una personalità propria, si sforza di essere indipendente nella ricerca della verità.
Gli studia humanitatis
Alla ricerca di nuovi modelli culturali ai quali ispirarsi, l’umanista rifiuta quelli medioevali e si rifà ai valori dell’antichità classica, tuttora insuperati.
L’educazione non si riduce allo studio dei classici, ma mira alla realizzazione dell’uomo integrale, imitando i classici che perseguivano gli stessi obiettivi.
Nei classici si ritrova la fiducia dell’uomo in se stesso, il valore dell’individualità, il senso di responsabilità, la libertà dell’uomo, l’attivismo.
Pertanto nell’educazione si dà rilievo allo studio dei classici antichi, greci e romani (studia humanitatis). Lo studio si basa sulla memoria, intesa come strumento di appropriazione della civiltà passata.
La filologia e l’amore per i classici sono improntati all’amore per la verità.
Come gli antichi greci, anche gli umanisti affermano che l’educazione è lo svolgimento integrale e armonico di tutte le capacità e di tutti i valori dell’uomo.
Le civiltà classiche erano fondate sull’esaltazione della personalità nella sua interezza e sul potenziamento di tutte le attitudini umane. Il culto del passato non si riduce a mera imitazione dei classici, ma fornisce un impulso all’attività creatrice degli umanisti. La cultura classica è potenziatrice dell’intera personalità: essa fornisce maturità di giudizio, senso di equilibrio, autodominio.
Il culto del passato è un impulso all’attività creatrice, che si manifesta mediante un atteggiamento tecnico-operatico.
Finalità dell’educazione
L’educazione fisica e l’igiene acquistano nuovo valore e i programmi comprendono sempre giochi e attività sportive. L’educazione integrale comprende gli studia humanitatis e attività sportive e artistiche (cultura umanistica ed estetica). Essa tende a sviluppare tutti gli aspetti della personalità umana, senza dimenticare quelli estetici e fisici; mira ad uno sviluppo armonico di tutte le facoltà dell’individuo.
I GESUITI
IGNAZIO DI LOYOLA
Ex ufficiale spagnolo, rimase ferito in guerra e si convertì durante la convalescenza. Fondò una milizia spirituale, la Compagnia di Gesù (da cui il nome dei Gesuiti) che doveva combattere attivamente le eresie, difendere la dottrina cattolica ed aveva anche compiti di evangelizzazione. La compagnia presentava un carattere militante, richiedeva obbedienza cieca verso i superori e si basava su una severa disciplina.
Secondo Ignazio il fine ultimo di ogni uomo è conoscere, amare e servire Dio; la cultura è lo strumento adatto a favorire l’obbedienza alla fede e il mezzo con cui raggiungere questo fine.
Per conservare il monopolio ecclesiastico delle istituzioni educative la Chiesa ricercava un’alleanza con i ceti dominanti; pertanto pensò di educare e formare persone in grado di realizzare non soltanto il loro bene, ma anche quello delle persone su cui esercitavano un’autorità.
Per questo motivo i Gesuiti istituirono appositi collegi in cui organizzarono un’accurata formazione dei giovani religiosi e, successivamente, anche dei laici appartenenti, prevalentemente, a classi sociali agiate.
Si trattava di un’organizzazione con una forte impronta gerarchica. L’organizzazione accurata della didattica, delle scuole, delle classi e dei contenuti costituivano il piano di studi, la Ratio studiorum, che restò inalterata per alcuni secoli e costituì un modello per la scuola dei Paesi cattolici europei.
Si trattava di una raccolta di regole per i professori e per gli studenti, che riguardavano le mete da raggiungere e i programmi d’insegnamento, le tecniche di lezione, gli esami e i premi.
Le scuole gesuitiche erano edifici moderni e funzionali, fornite di cappelle, biblioteche e laboratori. Queste scuole, nel complesso, fornivano un curricolo superiore a quello delle altre scuole dell’epoca. I Gesuiti educarono e formarono le classi dirigenti di molti Paesi europei, oltre a numerosi pensatori, tra cui Cartesio e Voltaire.
I GRADI DELL’ISTRUZIONE
I Gesuiti si occuparono dell’organizzazione degli studi superiori.
Il curriculum di studi era suddiviso in corsi inferiori e corsi superiori. Il tempo occorrente per completare una classe non era definito, per dar modo anche ai meno capaci di completare gli studi senza rallentare i più dotati.
Il corso umanistico (corso inferiore) durava cinque anni e comprendeva tre classi di grammatica, una classe di humanitas e la quinta di retorica.
Esso era incentrato sullo studio del latino e dei classici, accuratamente scelti perché portatori di valori perenni ed opportunamente censurati. Tra i testi vi erano le opere di Cicerone. Esso mirava alla formazione dell’eloquenza. Man mano che lo studente aumentava la padronanza della lingua latina, che era la lingua di uso comune, si cimentava nell’imitazione di brani di autori classici, o nella composizione di opere in prosa e poesia. Anche il greco veniva esercitato con la composizione di poesie. Non erano incoraggiati la creatività e la libertà di pensiero: gli autori classici erano considerati essenzialmente come un modello di bello scrivere.
Il corso superiore comprendeva la filosofia, che durava tre anni, basato sulla concezione aristotelico-tomistica; le altre concezioni filosofiche erano esposte con molta cautela e in modo sintetico. Il corso comprendeva la dialettica, la fisica, la metafisica e l’etica aristotelica.
Ad esso seguiva il corso di teologia, che durava quattro anni e formava i futuri insegnanti dei collegi e i religiosi.
Tutti i corsi erano accuratamente organizzati: i calendari, le lezioni, le ricreazioni, la scelta dei libri di testo. Gli alunni non potevano avere contatti con l’esterno neppure rapporti epistolari senza il controllo attento del superiore.
IL METODO
Il metodo pedagogico considera l’apprendimento come un mezzo per ristrutturare la personalità. Si basa sulla gradualità dell’insegnamento. In essa ha grande rilievo l’emulazione e la competizione.
Si studiava una materia per volta, per assimilare e approfondire i contenuti, evitando l’enciclopedismo e il pedantismo diffusi nelle scuole dell’epoca.
La prelezione consisteva nell’introduzione di una lettura edificante. Successivamente si passava alla lettura spiegata e commentata dei testi. Si favoriva la memorizzazione mediante gli esercizi e la ripetizione.
La ripetizione, fatta dagli allievi, consisteva in una rielaborazione orale o scritta della lezione appena conclusa. Infine gli studenti dovevano esercitarsi quotidianamente nella composizione.
In un'organizzazione scolastica volta prevalentemente alla formazione della futura classe dirigente, era incoraggiata la tendenza a primeggiare.
I Gesuiti contavano di ottenere il massimo del rendimento dai discepoli attraverso l’emulazione e la competizione, incoraggiate con gare di declamazione e di recitazione, con sfide nel profitto tra singoli alunni, tra gruppi di una stessa classe; con assegnazioni agli alunni migliori di cariche e titoli dell'antica Roma (decurioni, pretori, ecc.). Erano previste gare periodiche e relativi premi. L’attività di confronto fra gli studenti era affidata alle famose disputationes, in cui le classi, divise fra Romani e Cartaginesi, dovevano dimostrare la loro superiorità culturale sugli avversari. I competitori si interrogavano a vicenda sia singolarmente che in gruppi come stimolo allo studio e allo sviluppo delle capacità oratorie, per incoraggiare l’orgoglio personale e la volontà di prevalere.
Gi studenti erano incoraggiati alla reciproca sorveglianza. Erano organizzate anche le punizioni, che comprendevano il pensum (un compito supplementare); i voti negativi; il rimprovero pubblico; l’esecuzione di attività lavorative durante la ricreazione, i castighi corporali (affidati a un correttore esterno).
Nel sec. XVIII, l’intervento degli Stati nella sfera ecclesiastica si intensificò. I sovrani accrebbero la loro volontà di accentramento e videro con crescente sospetto il potere dei Gesuiti, considerando le loro scuole un ostacolo al loro assolutismo. Nel 1773 fu abolita la Compagnia e decretata la chiusura delle scuole.
COMENIO
CRITICHE ALLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE DELL’EPOCA
L’organizzazione scolastica dell’epoca era anarchica, priva di disciplina; i maestri avevano una preparazione insufficiente e ricorrevano a metodi antiquati e inadeguati.
All’insegnamento non era assegnato alcuno scopo: l’insegnamento non si armonizzava alla vera natura dell’uomo.
Non erano indicati i percorsi necessari per raggiungere determinati risultati; si insegnavano discipline separatamente e presentate in modo frammentario.
I metodi differivano da un maestro all’altro; spesso lo stesso maestro improvvisava metodi diversi da una lezione all’altra.
Non vi erano libri di testo appositi: ognuno portava a scuola i libri che aveva a disposizione.
RIFORMA SCOLASTICA
Comenio concepì una filosofia dell’educazione, che trattò nella Didactica Magna in modo sistematico.
Egli elaborò un grandioso progetto educativo nel quadro di un programma generale di rinnovamento morale e religioso della società. La finalità dell’educazione è la pace, l’armonia sociale e la promozione della dignità umana mediante l’istruzione, la virtù e la religione.
Vi è uno stretto legame tra la riforma dell’educazione e la riforma politica europea per il raggiungimento della pace fra i popoli. La scuola, lo Stato e la Chiesa devono affrontare il problema pedagogico alle radici ed operare congiuntamente per la rinascita dell’umanità, per realizzare la pace tra i popoli, la tolleranza religiosa e l’armonia sociale mediante la diffusione universale del sapere (pansofia).
L’educazione non deve costituire un privilegio riservato a poche élites, ma è un diritto di tutti, governanti e sudditi, ricchi e poveri, abitanti delle città e delle campagne, uomini e donne, persone dotate e meno dotate, perché tutte creature di Dio.
L’organizzazione scolastica: insegnare tutto a tutti
Comenio sosteneva che l’insegnamento doveva essere collettivo e non individuale. L’educazione individuale non doveva essere affidata al compito di un precettore; era necessario istruire i giovani insieme, in modo da stimolarsi ed incoraggiarsi a vicenda, imparando a rispettarsi e a lavorare in accordo con gli altri.
A questo scopo bisognava estendere le istituzioni scolastiche in ogni villaggio, ogni città e provincia.
Le istituzioni scolastiche nel quadro di un’educazione permanente.
La scuola materna (fino ai sei anni) - Deve essere presente in tutte le case ed affidate ai genitori, i quali seguiranno le leggi della natura. La madre deve avviare precocemente il bambino all’educazione intellettuale, privilegiando i sensi esterni per indurli a cogliere le caratteristiche degli oggetti del mondo in cui vivono, per riconoscerli e distinguerli tra loro e per apprendere le nozioni fondamentali.
La scuola di lingua nazionale (dai sei ai dodici anni) – Deve essere istituita in tutti i villaggi. In essa verranno privilegiati i sensi interni, ossia la memoria e l’immaginazione e verranno stimolati lo sviluppo linguistico e motorio. I bambini apprenderanno a leggere e scrivere, ma anche a disegnare e cantare; apprenderanno i fondamenti morali e religiosi. Fondamentali sono i libri di testo, i quali devono esporre i diversi argomenti i forma attraente e gradevole. Devono avere titoli coinvolgenti e devono essere illustrati, in modo da saper catturare l’attenzione dei piccoli lettori.
Il ginnasio (o scuola latina) deve essere presente in tutte le città. Verrà stimolata l’attività intellettiva e la capacità di formulare giudizi chiari e coerenti.
Le discipline sono costituite da quelle delle arti liberali, ossia la grammatica, la dialettica e la retorica (Trivio) e le discipline del Quadrivio, a cui si affiancano le scienze. Il latino diventa uno strumento ausiliario.
Le accademie (dai diciotto ai ventiquattro anni), corrispondenti alle attuali università, istituite in tutte le province. Ad esse si accede dopo il superamento di un esame pubblico. Esse verranno frequentate dai giovani che aspirano a diventare insegnanti o ad occuparsi di ricerca. Le discipline sono la teologia, la medicina, la filosofia e il diritto.
Il metodo
Nel secolo della rivoluzione scientifica, Comenio intuisce la necessità di fondare l’educazione su un metodo efficace, basato su un rigoroso impianto scientifico, che deve rispettare lo sviluppo naturale del discente in tutte le fasi del suo sviluppo.
Egli propone un metodo unico, in cui gli insegnamenti devono risultare concatenati secondo un legame logico.
Il metodo sarà fondato su tre criteri: l’universalità (tutto a tutti), la spontaneità (seguire il corso della natura) e la semplicità (partire dai sensi).
Bisogna evitare in tutti i modi di frantumare l’unità del sapere: tutti devono avere l’opportunità di accedere ai fondamenti dei diversi saperi fin dai gradi inferiori; progressivamente vi saranno opportuni approfondimenti ed analisi, secondo il principio della ciclicità: contenuti uguali saranno proposti nei gradi diversi con approfondimenti diversi.
Nell’ottica di un sapere unitario, efficace, in grado di formare la persona nella società, è necessario proporre contenuti semplici e utili, realistici, organizzati in modo ciclico e consequenziale, nel rispetto della continuità educativa dell'alunno.
SEMPLICITÀ: l’opera educativa deve essere realizzata rispettano i tempi naturali dello sviluppo mentale dell’educando; la natura non fa salti (natura non facit saltus); pertanto occorre procedere per gradi, passo dopo passo. Tutto il curriculum deve seguire questi principi; occorre presentare gli argomenti in modo facile e piacevole per tutti. Non bisogna opprimere con un numero eccessivo di nozioni da imparare; bisogna sempre saper stimolare l’interesse e la partecipazione.
UTILITÀ: proporre i diversi contenuti facendo in modo che gli allievi ne avvertano l’utilità, escludendo dall’insegnamento nozionismo e pedanteria;
CICLICITÀ: gli argomenti nuovi devono essere opportunamente collegati con quelli precedenti; Durante i vari momenti della vita scolastica non si insegnano in successione discipline diverse, ma sempre le stesse, variando e graduando il numero di particolari e il grado di difficoltà. occorre presentare a tutti gli stessi contenuti essenziali, differenziandoli in base all’età.
CONSEQUENZIALITÀ: Il passaggio da un contenuto all’altro dell’apprendimento deve risultare logicamente concatenato e sempre significativo per colui che impara.
CONTINUITÀ EDUCATIVA: occorre mantenere costantemente, da un grado all’altro della formazione, quei principi e metodi che la caratterizzano rispettare la storia educativa dell’allievo. Occorre procedere dal semplice al complesso, dal generico allo specifico, dal noto all’ignoto, dal concreto all’astratto.
REALISMO: poiché la conoscenza deriva dai sensi, bisogna stimolare tutti i sensi possibili, mostrando agli alunni gli oggetti reali di cui si parla, per far sì che abbiano un’esperienza diretta delle cose; laddove non è possibile mostrare gli oggetti di cui si parla (ad esempio piante tropicali o animali) si ricorrerà alle immagini.
Nelle discipline scientifiche e tecniche si farà ricorso a modelli e a semplici esperimenti: Non bisogna mai insegnare la teoria prima della pratica, mai la parola astratta e vuota di contenuto senza riferimento ad oggetti concreti; mai la regola prima degli esempi.
Il libro di testo
I manuali e i testi scolastici devono essere semplici, chiari, popolari, esposti in forma dialogica; devono esprimere molte cose con poche parole; devono costituire un’enciclopedia in cui tutto sia sotto gi occhi dell’allievo; devono poter essere compresi anche senza la mediazione del maestro.
Comenio realizzò il primo testo scolastico, l’Orbis sensualium pictus (Il mondo delle cose sensibili illustrato), un volume di modeste dimensioni, che prospetta la didattica attraverso le figure. Ogni figura deve rappresentare tutto ciò che vi è di visibile nel mondo; le diverse parti sono indicate con una specifica nomenclatura accompagnata da brevi e semplici descrizioni.
STORIA DELLA PEDAGOGIA MODERNA
STORIA DELLA PEDAGOGIA CONTEMPORANEA
ESPERIMENTI DI PSICOLOGIA SOCIALE
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