ELENCO POESIE POESIE D'AMORE POESIE SUGLI ANIMALI
POESIE SUI FIORI POESIE DEL MARE POESIE DI PACE E SOLIDARIETA'
FERNANDO PESSOA
Quante maschere e sottomaschere noi indossiamo
Sul nostro contenitore dell’anima, così quando,
Se per un mero gioco, l’anima stessa si smaschera,
Sa d’aver tolto l’ultima e aver mostrato il volto?
La stessa maschera non si sente come una maschera
Ma guarda di fuori di sé con gli occhi mascherati.
Qualunque sia la coscenza che inizi l’opera
Sua, fatale e accettata sorte è l’ottundimento.
Come un bimbo impaurito dall’immagine allo specchio
Le nostre anime, fanciulle, rimangono disattente,
Cambiano i loro volti conosciuti, e un mondo intero
Creano su quella loro dimenticata causa;
E, quando un pensiero rivela l’anima mascherata
Esso stesso non va a smascherare da smascherato.
(Da Trentacinque sonetti)
PAUL VERLAINE - Pantomima
Pierrot che non ha niente d'un Clitandro
si vuota un fiasco senza più attendere
e, pratico, prende a morsi un pasticcio.
Cassandro, in fondo al viale,
versa una lacrima misconosciuta
per il nipote diseredato.
Quel ribaldo di Arlecchino combina
il rapimento di Colombina
e si fa quattro piroette.
Colombina sogna, sorpresa
di sentire un cuore nella brezza
e di udire delle voci nel suo cuore.
(Da Feste galanti)
GIORGIO CAPRONI
Il mare brucia le maschere
Il mare brucia le maschere,
le incendia il fuoco del sale.
Uomini pieni di maschere
avvampano sul litorale.
Tu sola potrai resistere
nel rogo del Carnevale.
Tu sola che senza maschere
nascondi l’arte d’esistere.
Buttate pure via
ogni opera in versi o in prosa.
Nessuno è mai riuscito a dire
cos’è, nella sua essenza, una rosa.
PAUL VERLAINE - Il clown
a Laurent Tailhade.
Bobèche, addio! buonasera, Pagliaccio! indietro, Gille!
Largo, buffoni invecchiati, al perfetto burlone,
largo! serissimo, discreto e molto altèro,
ecco che viene il maestro di tutti, l'agile clown.
Più svelto di Arlecchino e più prode di Achille,
è proprio lui, nella sua bianca corazza di raso;
vuoti e chiari come specchi senza stagno,
i suoi occhi non vivono nella maschera d'argilla.
Brillano azzurri tra il belletto e gli unguenti,
mentre la testa e il busto, eleganti,
si dondolano sull'arco paradossale delle gambe.
Poi sorride. Intorno la folla sciocca e laida,
la canaglia fetida e
santa
dei Giambi,
acclama l'istrione sinistro che la odia.
CARLO GOLDONI - La stagion del carnevale
La stagion del Carnevale
tutto il Mondo fa cambiar.
Chi sta bene e chi sta male
Carnevale fa rallegrar.
Chi ha denari se li spende;
chi non ne ha ne vuol trovar;
e s'impegna, e poi si vende,
per andarsi a sollazzar.
Qua la moglie e là il marito,
ognuno va dove gli par;
ognun corre a qualche invito,
chi a giocare e chi a ballar.
LANGSTON HUGHES - *Sono un nero Pierrot
Sono un nero Pierrot:
lei non mi amava,
così io mi tuffai dentro la notte,
e la notte era nera, anche la notte.
Sono un nero Pierrot:
lei non mi amava,
così io piansi fin quando fu l'alba
e insanguinò le colline ad oriente
e il cuore, anche il mio cuore sanguinava.
Sono un nero Pierrot:
lei non mi amava,
così con l'anima un tempo a colori
come un pallone sgonfiato grinzosa,
me ne andai via nella mattina in cerca
d'un altro amore bruno.
PAUL VERLAINE - Fantocci
Scaramuccia e Pulcinella,
uniti da un malvagio disegno,
gesticolano neri contro la luna.
Intanto l'eccellente dottore
bolognese coglie lentamente
i semplici nell'erba bruna.
Allora sua figlia, musetto grazioso,
sotto la pergola, di nascosto,
scivola via mezza nuda alla ricerca
del suo bel pirata spagnolo,
del quale un languido usignolo
grida lo sconforto a squarciagola.
ALEKSANDR BLOK Tu mi vestirai d'argento
Tu mi vestirai d'argento,
e alla mia morte la luna spunterà - Pierrot celeste,
sorgerà il rosso pagliaccio ai quattro venti.
La morta luna è senza scampo muta,
non ha svelato nulla a nessuno.
Chiederà soltanto alla mia amica
a che scopo un tempo io l'abbia amata.
In questo sogno furioso a occhi aperti
mi capovolgerò col viso morto.
E il pagliaccio spaventerà la civetta,
tinnendo di sonagli sotto il monte...
Lo so: vecchio è il suo aspetto grinzoso
e impudico nella nudezza terrena.
Ma si leva l'ebrietà funesta
verso i cieli, l'altura, la purezza.
PAUL VERLAINE - Colombina
Leandro lo sciocco,
Pierrot che con un salto
di pulce
scavalca la siepe,
Cassandro sotto
il cappuccio,
e poi Arlecchino,
quel birbante così
fantasioso
dai folli costumi,
con gli occhi lucidi
sotto la maschera,
- do, mi, sol, mi, fa, -
e tutti vanno,
ridono, cantano
e danzano davanti
a una bella bambina
cattiva
i cui occhi perversi
come gli occhi verdi
delle gatte
difendono le sue bellezze
e dicono: «Giù
le zampe!».
- Continuano ad andare!
Fatidico corso
degli astri,
oh, dimmi verso quali
cupi o crudeli
disastri
la bambina implacabile,
che svelta solleva
le gonne,
la rosa sul cappello,
conduce il suo gregge
di gonzi?
FEDERICO GARCIA LORCA
ARLECCHINO
Mammella rossa del sole.
Mammella azzurra della luna.
Torso metà corallo,
metà argento e penombra.
PAUL VERLAINE - Pierrot monello
Non è Pierrot in erba
non più che Pierrot in mantello,
è Pierrot, Pierrot, Pierrot.
Pierrot monello, Pierrot ragazzo,
la noce fuori del guscio,
è Pierrot, Pierrot, Pierrot!
Benché sia alto poco più d'un metro,
il bricconcello sa mettere
nei suoi occhi il lampo d'acciaio
che s'addice al genio sottile
della sua malizia infinita
di poeta-smorfioso.
Labbra rosso-ferita
dove sonnecchia la lussuria,
faccia pallida dal ghigno fine,
lunga, accentuata,
che pare abituata
a contemplare ogni fine,
corpo esile ma non magro,
voce di fanciulla ma non stridula,
corpo d'efebo in piccolo,
voce di testa, corpo in festa,
creatura sempre pronta
a saziare ogni appetito.
Va', fratello, va', compagno,
fa' il diavolo, batti la strada
nel tuo sogno e su Parigi
e per il mondo, e sii l'anima
vile, alta, nobile, infame
del nostro spirito innocente!
Cresci, poiché così si usa,
moltiplica la tua ricca amarezza,
esagera la tua allegria,
caricatura, aureola,
la smorfia e il simbolo
della nostra semplicità!
GIANNI RODARI - Viva i coriandoli di Carnevale
Viva i coriandoli di Carnevale,
bombe di carta che non fan male!
Van per le strade in gaia compagnia
i guerrieri dell'allegria:
si sparano in faccia risate
scacciapensieri,
si fanno prigionieri
con le stelle filanti colorate.
Non servono infermieri
perchè i feriti guariscono
con una caramella.
Guida l'assalto, a passo di tarantella,
il generale in capo Pulcinella.
Cessata la battaglia, tutti a nanna.
Sul guanciale
spicca come una medaglia
un coriandolo di Carnevale.
PAUL VERLAINE - Pierrot
a Léon Valade.
Non è più il sognatore lunare della vecchia aria
che rideva agli avi da sopra gli stipiti:
la sua allegria, come la sua candela, ahimè! è morta,
e oggi il suo spettro ci ossessiona, sottile e chiaro.
Ed ecco, nel terrore di un lungo lampo,
la sua pallida blusa scossa dal freddo vento
sembra un sudario, e a bocca spalancata
pare ch'egli stia urlando per i morsi del verme.
Col rumore d'un volo d'uccelli notturni,
le sue maniche bianche fanno vagamente nello spazio
folli segnali cui nessuno risponde.
Gli occhi sono due grandi buchi dove striscia
del fosforo, e la farina fa ancor più spaventosa
la faccia esangue dal naso aguzzo di moribondo.
GIANNI RODARI - Carnevale
Carnevale in filastrocca,
con la maschera sulla bocca,
con la maschera sugli occhi,
con le toppe sui ginocchi:
sono le toppe d'Arlecchino,
vestito di carta, poverino.
Pulcinella è grosso e bianco,
e Pierrot fa il saltimbanco.
Pantalon dei Bisognosi-
Colombina, - dice, - mi sposi?
Gianduia lecca un cioccolatino
e non ne da niente a Meneghino,
mentre Gioppino col suo randello
mena botte a Stenterello.
Per fortuna il dottor Balanzone
gli fa una bella medicazione,
poi lo consola: - E' carnevale,
e ogni scherzo per oggi vale.
(Tratto da "PRIME FIABE E FILASTROCCHE")
TRILUSSA - La maschera
Vent’anni fa m’ammascherai pur’io!
E ancora tengo er grugno de cartone
che servì p’annisconne quello mio.
Sta da vent’anni sopra un credenzone
quela Maschera buffa, ch’è restata
sempre co’ la medesima espressione,
sempre co’ la medesima risata.
Una vorta je chiesi: – E come fai
a conservà lo stesso bon umore
puro ne li momenti der dolore,
puro quanno me trovo fra li guai?
Felice te, che nun te cambi mai!
Felice te, che vivi senza core! -
La Maschera rispose: – E tu che piagni
che ce guadagni? Gennte! Ce guadagni
che la genti dirà: Povero diavolo,
te compatisco… me dispiace assai…
Ma, in fonno, credi, nun j’importa un cavolo!
Fa’ invece come me, ch’ho sempre riso:
e se te pija la malinconia
coprete er viso co’ la faccia mia
così la gente nun se scoccerà… -
D’allora in poi nascónno li dolori
de dietro a un’allegria de cartapista
e passo per un celebre egoista
che se ne frega de l’umanità!
PAUL VERLAINE - Pagliaccio
Il palchetto, scosso da un'enfatica orchestra,
cigola sotto i gran piedi del magro saltimbanco
che arringa, non senza fierezza e disdegno,
i grulli che scalpicciano davanti a lui nel fango.
Il gesso sulla fronte, il belletto sulle guance
destano meraviglia. Sproloquia e all'improvviso tace,
riceve pedate nel sedere, faceto,
bacia sul collo la sua enorme comare, e fa la ruota.
Le sue chiacchiere, col cuore e con l'anima approviamole.
Il suo corto giubbetto di tela a fiori e i polpacci
piroettanti meritano che ci si fermi a guardare.
Ma ciò che tutti devono ammirare, è soprattutto
quella parrucca da cui si drizza sulla testa,
svelto, un codino con in cima una farfalla.
TRILUSSA - Er buffone
Anticamente, quanno li regnanti
ciaveveno er Buffone incaricato
de falli ride - come adesso cianno
li ministri de Stato
che li fanno sta' seri, che li fanno -,
puro el Leone, Re de la Foresta,
se messe in testa de volé er Buffone.
Tutte le bestie agnedero ar concorso:
l'Orso je fece un ballo,
er Pappagallo spiferò un discorso,
e la Scimmia, la Pecora, er Cavallo...
Ogni animale, insomma, je faceva
tutto quer che poteva
pe' fallo ride e guadambiasse er posto:
però el Leone, tosto,
restava indiferente: nu' rideva.
Finché, scocciato, disse chiaramente:
Lassamo annà: nun è pe' cattiveria,
ma l'omo solo è bono a fa' er buffone:
nojantri nun ciavemo vocazzione,
nojantri semo gente troppo seria!
GIANNI RODARI - Pranzo e cena
Pulcinella e Arlecchino
cenavano insieme in un piattino:
e se nel piatto c'era qualcosa
chissà che cena appetitosa.
Arlecchino e Pulcinella
bevevano insieme in una scodella,
e se la scodella vuota non era
chissà che sbornia, quella sera.
Eugenio Montale - Il Carnevale di Gerti
Se la ruota si impiglia nel groviglio
delle stelle filanti ed il cavallo
s'impenna tra la calca, se ti nevica
fra i capelli e le mani un lungo brivido
d'iridi trascorrenti o alzano i bambini
le flebili ocarine che salutano
il tuo viaggio e i lievi echi si sfaldano
giù dal ponte sul fiume
se si sfolla la strada e ti conduce
in un mondo soffiato entro una tremula
bolla d'aria e di luce dove il sole
saluta la tua grazia-hai ritrovato
forse la strada che tentò un istante
il piombo fuso a mezzanotte quando
finì l'anno tranquillo senza spari.
Ed ora vuoi sostare dove un filtro
fa spogli i suoni
e ne deriva i sorridenti ed acri
fumi che ti compongono il domani;
ora chiedi il paese dove gli onagri
mordano quadri di zucchero dalle tue mani
e i tozzi alberi spuntino germogli
miracolosi al becco dei pavoni.
(Oh, il tuo carnevale sarà più triste
stanotte anche del mio, chiusa fra i doni
tu per gli assenti:carri dalle tinte
di rosolio, fantocci ed archibugi,
palle di gomma, arnesi da cucina
lillipuziani:l'urna li segnava
a ognuno dei lontani amici l'ora
che il gennaio si schiuse e nel silenzio
si compì il sortilegio.
E' carnevale o il dicembre s'indugia ancora?
Penso che se muovi la lancetta al piccolo
orologio che rechi al polso, tutto
arretrerà dentro un disfatto prisma
babelico di forme e di colori...)
E il natale verrà e il giorno dell'anno
che sfolla le caserme e ti riporta
gli amici spersi e questo carnevale
pur esso tornerà che ora ci sfugge
tra i muri che si fendono già.
Chiedi tu di fermare il tempo sul paese
che attorno si dilata?
Le grandi ali screziate ti sfiorano, le logge
sospingono all'aperto esili bambole
bionde, vive, le pale dei mulini
rotano fisse sulle pozze garrule.
Chiedi di trattenere le campane
d'argento sopra il borgo e il suono rauco
delle colombe? Chiedi tu i mattini
trepidi delle tue prode lontane?
Come tutto si fa strano e difficile
come tutto è impossibile, tu dici.
La tua vita è quaggiù dove rimbombano
le ruote dei carriaggi senza posa
e nulla torna se non forse
in questi disguidi del possibile.
Ritorna là fra i morti balocchi
ove è negato pur morire; e col tempo che ti batte
al polso e all'esistenza ti ridona,
tra le mura pesanti che non s'aprono
al gorgo degli umani affaticato,
torna alla via dove con te intristisco
quella che mi additò un piombo raggelato
alle mie, alle tue sere:
torna alle primavere che non fioriscono.
MARIO LODI - Le stelle filanti
Le stelle filanti
Perché si chiamano stelle filanti?
Non sono mica stelline del cielo?
Ma sono strisce a colori sgargianti,
fatte di carta che pare di velo.
Sembran piuttosto festoni gettati
da casa a casa, da pianta a pianta;
collane, dondoli colorati,
dove il vento ci balla e ci canta.
Poi, le notti di luna piena
un raggio d'oro ci fa l'altalena.
GABRIELE D'ANNUNZIO - Carnevale vecchio e pazzo
Carnevale vecchio e pazzo
s'è venduto il materasso
per comprare pane, vino,
tarallucci e cotechino.
E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia ad un pallone.
Beve, beve all'improvviso
gli diventa rosso il viso
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia.
Così muore il Carnevale
e gli fanno il funerale:
dalla polvere era nato
e di polvere è tornato.
GIANNI RODARI - IL GIOCO DEI "SE"
Se comandasse Arlecchino
il cielo sai come lo vuole?
A toppe di cento colori
cucite con un raggio di sole.
Se Gianduia diventasse
ministro dello Stato,
farebbe le case di zucchero
con le porte di cioccolato.
Se comandasse Pulcinella
la legge sarebbe questa:
a chi ha brutti pensieri
sia data una nuova testa.
GIANNI RODARI - Il vestito di Arlecchino
Per fare un vestito ad Arlecchino
ci mise una toppa Meneghino,
ne mise un'altra Pulcinella,
una Gianduia, una Brighella.
Pantalone, vecchio pidocchio,
ci mise uno strappo sul ginocchio,
e Stenterello, largo di mano
qualche macchia di vino toscano.
Colombina che lo cucì
fece un vestito stretto così.
Arlecchino lo mise lo stesso
ma ci stava un tantino perplesso.
Disse allora Balanzone,
bolognese dottorone:
'Ti assicuro e te lo giuro
che ti andrà bene li mese venturo
se osserverai la mia ricetta:
un giorno digiuno e l'altro bolletta!".
G.GAIDA - IL GIROTONDO DELLE MACCHINE
E' Gianduia torinese
Meneghino milanese.
Vien da Bergamo Arlecchino
Stenterello è fiorentino.
Veneziano è Pantalone,
con l'allegra Colombina.
Di Bologna Balanzone,
con il furbo Fagiolino.
Vien da Roma Rugantino:
Pur romano è Meo Patacca.
Siciliano Peppenappa,
di Verona Fracanappa
e Pulcinella napoletano.
Lieti e concordi si dan la mano;
vengon da luoghi tanto lontani,
ma son fratelli, sono italiani.
GIANNI RODARI
Una volta per errore
Una volta per errore
un corridore ciclista
vinse una toppa
invece di una tappa:
Bel premio per un vincitore.
Alla vista di quello straccio
lui corre alla giuria:
Che cosa me ne faccio?
Una toppa è utilissima
gli fanno osservare,
puoi metterla sui gomiti,
sui ginocchi, dove ti pare.
Se poi vinci altre toppe
e le cuci per benino
avrai per Carnevale
un costume da Arlecchino.
JUAN RAMON JIMENEZ A Carnevale
A Carnevale i ragazzi si travestono chiassosamente da pagliacci.
Lungo la strada i coriandoli rotolavano sotto la sferza pungente
DIEGO VALERI - Girotondo del fannullone
Il lunedì, ch'è il di dopo la festa,
o Dio, che ho mal di testa,
non posso lavorar!
Il martedì mi siedo sulla soglia
ad aspettar la voglia
che avrò di lavorar.
Il mercoledì preparo i miei strumenti,
ma, ahimé, c'è il mal di denti,
non posso lavorar.
Il giovedì, che fa cosi bel tempo,
davvero non mi sento
di andare a lavorar.
Il venerdì, ch'è il di della passione,
mi metto in devozione,
non posso lavorar.
Sabato si ch'è proprio il giorno buono;
ma per un giorno solo
che vale lavorar?
Corrado Govoni - Charlot
Con la tua bombetta all'idrogeno
piena d'uova di pasqua e canarini;
con la tua finanziera rattoppata
che ha nelle tasche i resti dell'aquilone
impiccato al lampione del sobborgo
per rumoroso vertebrato fazzoletto;
con la tua giannettina di rabdomante,
scettro di re in esilio,
bastone del vescovo pazzo,
vincastro del pastore;
con le tue scalcagnate scarpe
buone da far bollire nella pentola
nei giorni della carestia;
pagliaccio schiaffeggiato dai milioni:
girerai sempre l'ironico disco
della luna dei poveri
col tuo tacco di eterno vagabondo,
usignolo fischiato dal silenzio,
sull'ipocrita cuore del mondo.
FERNANDO PESSOA
Quante maschere e sottomaschere noi indossiamo
Sul nostro contenitore dell’anima, così quando,
Se per un mero gioco, l’anima stessa si smaschera,
Sa d’aver tolto l’ultima e aver mostrato il volto?
La stessa maschera non si sente come una maschera
Ma guarda di fuori di sé con gli occhi mascherati.
Qualunque sia la coscenza che inizi l’opera
Sua, fatale e accettata sorte è l’ottundimento.
Come un bimbo impaurito dall’immagine allo specchio
Le nostre anime, fanciulle, rimangono disattente,
Cambiano i loro volti conosciuti, e un mondo intero
Creano su quella loro dimenticata causa;
E, quando un pensiero rivela l’anima mascherata
Esso stesso non va a smascherare da smascherato.
(Da Trentacinque sonetti)