POESIE SUGLI ANIMALI

 

HENRIETTE RONNER KNIP - Gatto
HENRIETTE RONNER KNIP - Gatto
BAUDELAIRE - CHATS
I fervidi innamorati e gli austeri dotti
amano ugualmente, nella loro età matura,
i gatti possenti e dolci, orgoglio della casa,
come loro freddolosi e sedentari.
Amici della scienza e della voluttà,
ricercano il silenzio e l'orrore delle tenebre;
l'Erebo li avrebbe presi per funebri corsieri
se mai avesse potuto piegare al servaggio la loro fierezza.
Prendono, meditando, i nobili atteggiamenti
delle grandi sfingi allungate in fondo a solitudini,
che sembrano addormirsi in un sogno senza fine;
le loro reni feconde sono piene di magiche scintille
e di frammenti aurei, come sabbia fine
scintillano vagamente le loro pupille mistiche.
HENRIETTE RONNER KNIP - Studio di un gatto che si sveglia
HENRIETTE RONNER KNIP - Studio di un gatto che si sveglia

JORGE LUIS BORGES - A un gatto


Non sono più silenziosi gli specchi
nè più furtiva l'alba avventuriera;
sei, sotto la luna, quella pantera
che a noi ci è dato percepire da lontano.
Per opera indecifrabile di un decreto
divino ti cerchiamo invano;
più remoto del Gange e del Ponente
tua è la solitudine, tuo il segreto.
La tua schiena accondiscende la carezza
lenta della mia mano. Hai accolto,
da quella eternità che è già oblio,
l'amore di una mano timorosa.
Sei in un altro tempo. Sei il padrone
di un abito chiuso come un sogno

PABLO NERUDA - Ode al Gatto

 

Gli animali furono
imperfetti, lunghi
di coda, plumbei
di testa.
Piano piano si misero
in ordine,
divennero paesaggio,
acquistarono néi, grazia, volo.
Il gatto,
soltanto il gatto
apparve completo
e orgoglioso:
nacque completamente rifinito,
cammina solo e sa quello che vuole.

L'uomo vuol essere pesce e uccello,
il serpente vorrebbe avere ali,
il cane è un leone spaesato,
l'ingegnere vuol essere poeta,
la mosca studia per rondine,
il poeta cerca d'imitare la mosca,
ma il gatto
vuole solo esser gatto
ed ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda,
dal fiuto al topo vivo,
dalla notte fino ai suoi occhi d'oro.

Non c'è unità
come la sua,
non hanno
la luna o il fiore
una tale coesione:
è una sola cosa
come il sole o il topazio
e l'elastica linea del suo corpo,
salda e sottile, è come
la linea della prua di una nave.
I suoi occhi gialli
hanno lasciato una sola
fessura
per gettarvi le monete della notte.

Oh piccolo
imperatore senz'orbe,
conquistatore senza patria,
minima tigre da salotto, nuziale
sultano del cielo
delle tegole erotiche,
il vento dell'amore
all'aria aperta
reclami
quando passi
e posi
quattro piedi delicati
sul suolo,
fiutando,
diffidando
di ogni cosa terrestre,
perché tutto
è immondo
per l'immacolato piede del gatto.

Oh fiera indipendente
della casa, arrogante
vestigio della notte,
neghittoso, ginnastico
ed estraneo,
profondissimo gatto,
poliziotto segreto
delle stanze,
insegna
di un
irreperibile velluto,
probabilmente non c'è
enigma
nel tuo contegno,
forse non sei mistero,
tutti sanno di te ed appartieni
all'abitante meno misterioso,
forse tutti si credono
padroni,
proprietari, parenti
di gatti, compagni,
colleghi,
discepoli o amici
del proprio gatto.

Io no.
Io non sono d'accordo.
Io non conosco il gatto.
So tutto, la vita e il suo arcipelago,
il mare e la città incalcolabile,
la botanica,
il gineceo coi suoi peccati,
il per e il meno della matematica,
gl'imbuti vulcanici del mondo,
il guscio irreale del coccodrillo,
la bontà ignorata del pompiere,
l'atavismo azzurro del sacerdote,
ma non riesco a decifrare un gatto.
Sul suo distacco la ragione slitta,
numeri d'oro stanno nei suoi occhi.

FERNANDO PESSOA

 

*Gatto che giochi per via

 

Gatto che giochi per via
come se fosse il tuo letto,
invidio la sorte che è tua,
ché neppur sorte si chiama.

Buon servo di leggi fatali
che reggono i sassi e le genti,
hai istinti generali,
senti solo quel che senti;

sei felice perché sei come sei,
il tuo nulla è tutto tuo.
Io mi vedo e non mi ho,
mi conosco, e non sono io.

POESIA DI EMILY DICKINSON

 

Quella vita che fu tenuta a freno
troppo stretta e si libera,
correrà poi per sempre, con un cauto
sguardo indietro e paura delle briglie.
Il cavallo che fiuta l'erba viva
e a cui sorride il pascolo
sarà ripreso solo a fucilate,
se si potrà riprenderlo.

PABLO NERUDA - Ode al cane

 

Il cane mi domanda
e non rispondo.
Salta, corre pei campi e mi domanda senza parlare
e i suoi occhi sono due richieste umide,
due fiamme liquide che interrogano
e io non rispondo, non rispondo perché non so,
non posso dir nulla.
In campo aperto andiamo uomo e cane.
Brillano le foglie come se qualcuno le avesse baciate a una a una,
sorgono dal suolo tutte le arance a collocare piccoli planetari
su alberi rotondi come la notte, e verdi,
e noi, uomo e cane, andiamo a fiutare il mondo, a scuotere il trifoglio,
nella campagna cilena, fra le limpide dita di settembre.
Il cane si ferma, insegue le api, salta l'acqua trepida,
ascolta lontanissimi latrati, orina sopra un sasso,
e mi porta la punta del suo muso, a me, come un regalo.
E' la sua freschezza affettuosa, la comunicazione del suo affetto,
e proprio lì mi chiese con i suoi due occhi,
perchè e' giorno, perchè verrà la notte, perchè la primavera
non portò nella sua canestra nulla per i cani randagi, tranne inutili fiori, fiori, fiori e fiori.
E così m'interroga il cane
e io non rispondo.
Andiamo uomo e cane uniti dal mattino verde,
dall'incitante solitudine vuota nella quale solo noi esistiamo,
questa unità fra cane con rugiada e il poeta del bosco,
perchè non esiste l'uccello nascosto,
ne' il fiore segreto, ma solo trilli e profumi per i due compagni:
un mondo inumidito dalle distillazioni della notte,
una galleria verde e poi un gran prato,
una raffica di vento aranciato,
il sussurro delle radici,
la vita che procede,
e l'antica amicizia,
la felicità d'essere cane e d'essere uomo trasformata in un solo animale
che cammina muovendo
sei zampe e una coda
con rugiada.

ELSA MORANTE - Canto per il gatto Alvaro

Fra le mie braccia è il tuo nido,
o pigro, o focoso genio, o lucente,
o mio futile! Mezzogiorni e tenebre

son tue magioni, e ti trasformi
di colomba in gufo, e dalle tombe
voli alle regioni dei fumi.
Quando ogni luce è spenta, accendi al nero
le tue pupille, o doppiero
del mio dormiveglia, e s'incrina
la tregua solenne, ardono effimere
mille torce, tigri infantili
s'inseguono nei dolci deliri.
Poi riposi le fatue lampade
che saranno al mattino il vanto
del mio davanzale, il fior gemello
occhibello.E t'ero uguale!
Uguale! Ricordi, tu,
arrogante mestizia? Di foglie
tetro e sfolgorante, un giardino
abitammo insieme, fra il popolo
barbaro del Paradiso. Fu per me l'esilio,
ma la camera tua là rimane,
e nella mia terrestre fugace passi
giocante pellegrino. Perché mi concedi
il tuo favore, o selvaggio?

Mentre i tuoi pari, gli animali celesti
gustan le folli indolenze, le antelucane feste
di guerre e cacce senza cuori, perché
tu qui con me? Perenne, tu, libero, ingenuo,
e io tre cose ho in sorte:
prigione peccato e morte.
Fra lune e soli, fra lucenti spini, erbe e chimere
saltano le immortali giovani fiere,
i galanti fratelli dai bei nomi: Ricciuto,
Atropo, Viola, Fior di Passione, Palomba,
nel fastoso uragano del primo giorno...
E tu? Per amor mio?

Non mi rispondi? Le confidenze invidiate
imprigioni tu, come spada di Damasco le storie d'oro
in velluto zebrato. Segreti di fiere
non si dicono a donne. Chiudi gli occhi e cantami
lusinghe lusinghe coi tuoi sospiri ronzanti,
ape mia, fila i tuoi mieli.
Si ripiega la memoria ombrosa
d'ogni domanda io voglio riposarmi.
L'allegria d'averti amico
basta al cuore. E di mie fole e stragi
coi tuoi baci, coi tuoi dolci lamenti,
tu mi consoli,
o gatto mio!

TRILUSSA -La cornacchia liberale  

 

Una cornacchia nera come un tizzo,

nata e cresciuta drento 'na chiesola,

siccome je pijo lo schiribbizzo

de fa' la liberale e d'uscì sola,

s'infarinò le penne e scappò via

dar finestrino de la sacrestia.

 

Ammalappena se trovò per aria

coll'ale aperte in faccia a la natura,

sentì quant'era bella e necessaria

la vera libbertà senza tintura:

l'intese così bene che je venne

come un rimorso e se sgrullò le penne.

 

Naturarmente, doppo la sgrullata,

metà de la farina se n''agnede,

ma la metà rimase appiccicata

come una prova de la malafede.

Oh! - disse allora - mo' l'ho fatta bella!

So' bianca e nera come un purcinella...

 

- E se resti così farai furore:

je disse un Merlo - forse te diranno

che sei l'ucello d'un conservatore,

ma nun te crede che te faccia danno:

la mezza tinta adesso va de moda

puro fra l'animali senza coda.

 

Oggi che la coscenza nazionale

s'adatta a le finzioni de la vita,

oggi ch'er prete è mezzo liberale

e er liberale è mezzo gesuita,
se resti mezza bianca e mezza nera

vedrai che t'assicuri la carriera.

 

POESIE DI TRILUSSA (Ommini e bestie)

 

La morte der Gatto

 

È morto er Gatto. Accanto

c'è la povera vedova: una Gatta

che se strugge dar pianto;

e pensa: - Pe' stasera

me ce vorrà la collarina nera,

che me s'adatta tanto! -

 

Frattanto la soffitta

s'empie de bestie e ognuna fa in maniera

de consolà la vedovella affritta.

- Via, sóra spósa! Fateve coraggio:

su, nun piagnete più, ché ve fa male...

Ma com'è stato? - Ieri, pe' le scale,

mentre magnava un pezzo de formaggio:

nemmanco se n'è accorto,

nun ha capito gnente...

- E già: naturarmente,

come viveva è morto.

- E quanno c'è er trasporto?

- chiede un Mastino - Io stesso

je vojo venì appresso.

 

Era una bestia bona come er pane:

co' tutto che sapevo ch'era un gatto

cercavo de trattallo come un cane;

che brutta fine ha fatto! -

E dice fra de sé:

- È mejo a lui ch'a me.

- Ah, zittii! - strilla un Sorcio - Nun ve dico

tutto lo strazzio mio!

Povero Micio! M'era tanto amico! -

E intanto pensa: - Ringrazziamo Iddio! -

 

Er Somaro e el Leone

 

Un Somaro diceva: - Anticamente,

quanno nun c'era la democrazzia,

la classe nostra nun valeva gnente.

Mi' nonno, infatti, per avé raggione

se coprì co' la pelle d'un Leone

e fu trattato rispettosamente.

 

- So' cambiati li tempi, amico caro:

- fece el Leone - ormai la pelle mia

nun serve più nemmeno da riparo.

Oggi, purtroppo, ho perso l'infruenza,

e ogni tanto so' io che pe' prudenza

me copro co' la pelle de somaro!

SERGEJ ESENIN - La cagna 

 

Al mattino nel granaio

dove biondeggiano le stuoie in fila,

una cagna figliò sette,

sette cuccioli rossicci.

Sino a sera li carezzava

pettinandoli con la lingua

e la neve disciolta colava

sotto il suo caldo ventre.

 

Ma a sera, quando le galline

si rannicchiano sul focolare,

venne il padrone accigliato

e tutti e sette li mise in un sacco.

Essa correva sui mucchi di neve

durando fatica a seguirlo.

 

E così a lungo, a lungo tremolava

lo specchio dell’acqua non ghiacciata.

E quando tornò trascinandosi appena,

leccando il sudore dai fianchi,

la luna sulla capanna le parve

uno dei suoi cuccioli.

 

Guardava l’azzurro del cielo

con striduli guaiti,

ma la luna sottile scivolava

e si celò nei campi dietro il colle.

E sordamente, come quando in dono

le si butta la pietra per gioco,

la cagna rotolò i suoi occhi

come stelle d’oro nella neve.

PIERRE AUGUSTE RENOIR - Il salotto di Madame Charpentier
PIERRE AUGUSTE RENOIR - Il salotto di Madame Charpentier

TOTO' - Dick

Tengo 'nu cane ch'è fenomenale,

se chiama "Dick", 'o voglio bene assaie.

Si perdere l'avesse? Nun sia maie!

Per me sarebbe un lutto nazionale.

Ll 'aggio crisciuto comm'a 'nu guaglione,

cu zucchero, biscotte e papparelle;

ll'aggio tirato su cu 'e mmullechelle

e ll'aggio dato buona educazione.

Gnorsì, mo è gruosso. È quase giuvinotto.

Capisce tutto... Lle manca 'a parola.

È cane 'e razza, tene bbona scola,

è lupo alsaziano, è polizziotto.

 

Chello ca mo ve conto è molto bello.

In casa ha stabilito 'a gerarchia.

Vo' bene ' a mamma ch'è 'a signora mia,

e a figliemo isso 'o tratta da fratello.

'E me se penza ca lle songo 'o pate:

si 'o guardo dinto a ll'uocchie 'mme capisce,

appizza 'e rrecchie, corre, m'ubbidisce,

e pe' fa' 'e pressa torna senza fiato.

 

Ogn'anno, 'int'a ll'estate, va in amore,

s'appecundrisce e mette 'o musso sotto.

St'anno s'è 'nnammurato 'e na basotta

ca nun ne vo' sapè: nun è in calore.

Povero Dick, soffre 'e che manera!

Porta pur'isso mpietto stu dulore:

è cane, si ... . ma tene pure 'o core

e 'o sango dinto 'e vvene... vo 'a mugliera...

 

 

Ho un cane davvero fenomenale,

si chiama Dick, gli voglio molto bene.

Se dovessi perderlo... non sia mai.

Per me sarebbe un lutto nazionale.

L'ho allevato come un figliolo,

con zucchero, biscotti e pappette;

l'ho tirato su con le mollichine

e gli ho dato una buona educazione.

Signorsì, ma è grande. E' quasi un giovanotto.

Capisce tutto... Gli manca solo la parola.

E' un cane di razza, ha frequentato una buona scuola,

è un lupo alsaziano, un cane poliziotto.

 

Quello che vi racconto adesso è molto bello.

In casa ha stabilito una gerarchia.

Vuole bene come una mamma alla mia signora (mia mogllie) 

e tratta mio figlio come un fratello.

Di me pensa che io sia suo  padre:

se lo guardo negli occhi mi capisce,

drizza le orecchie, corre, mi ubbidisce,

e per fare in fretta torna senza fiato.

Ogni anno, in estate, va in amore,

si immalinconisce e sta a muso basso. 

Quest'anno si è innamorato di una bassotta

che non ne vuole sapere: non è in calore.

Povero Dick, quanto soffre!

Porta anche lui in petto questo dolore:

è un cane, sì, ma ha anche un cuore

e il sangue nelle vene. Vuole una "moglie".

 

CHARLES BAUDELAIRE - L'albatros

 

Per dilettarsi, sovente, le ciurme
catturano degli àlbatri, marini
grandi uccelli, che seguono, indolenti
compagni di viaggio, il bastimento
che scivolando va su amari abissi.
E li hanno appena sulla tolda posti
che questi re dell'azzurro abbandonano,
inetti e vergognosi, ai loro fianchi
miseramente, come remi, inerti
le candide e grandi ali. Com'è goffo
e imbelle questo alato viaggiatore!
Lui, poco fa sì bello, com'è brutto
e comico! Qualcuno con la pipa
il becco qui gli stuzzica; là un altro
l'inferno che volava, zoppicando
scimmieggia.

Come il principe dei nembi
è il Poeta; che, avvezzo alla tempesta,
si ride dell'arciere: ma esiliato
sulla terra, fra scherni, camminare
non può per le sue ali di gigante.

E. ROSTAND - Le petit chat

 

E' un gattino nero, sfrontato, oltre ogni dire,
Lo lascio spesso giocare sul mio tavolo.
A volte vi si siede senza far rumore,
Quasi un vivente fermacarte.
Gli occhi gialli e blu sono due agate.
A volte li socchiude, tirando su col naso,
Si rovescia, si prende il muso tra le zampe,
pare una tigre distesa su di un fianco...
...E mentre scribacchio sento
che si lecca col suo lieve struscio molle. 

JACQUES PREVERT Due rondini

 

Due rondini nella luce
al di sopra della porta e ritte nel loro nido
scuotono appena la testa
ascoltando la notte.
E la luna è tutta bianca

RENATO FUCINI - La gallina

 

lo vi domando se si può trovare
un più bravo animal della gallina.
Se non avesse il vizio di raspare
ne vorrei sempre avere una vicina.
Tutti i giorni a quell'ora: - Coccodè
Corri a guardar nell'orto e l'uovo c'è.
E quando hai l'uovo in tasca, è assicurato
che per quel giorno non si muor di fame.
Te lo puoi mangiar crudo o affrittellato.
sbattuto a torta o intero nel tegame...
C'è chi vuoi gli ovi a ber, chi li vuoi sodi.
Si fanno insomma in cinquecento modi.
E non c'è caso! E lei? Sì - Coccodè!
Corri a guardar nel covo e l'uovo c'è!

FEDERICO MISTRAL - Insetti

...del buon Dio le mille bestioline
ivi si son raccolte: gallinette
di San Giovanni, erranti farfalline,
mantidi inginocchiate su l'erbette
quasi a pregare, magre e silenziose,
e pecchie intorno al tetto laboriose.
E vi sono pur anche le innocenti
cicale che per quanto è lungo il giorno
stridono sotto l'ali tralucenti.


GUIDO GOZZANO - La crisalide

Una crisalide svelta e sottile
quasi monile
pende sospesa dalla cimosa
della mia casa.
Salgo talora sull'abbaino,
per contemplarla,
e guardo e interrogo quell'esserino
che non mi parla.
O prigioniero delle tue bende,
pendulo e solo,
senti? il tuo cuore sente che attende
l'ora del volo?
Tra poco l'ospite della mia casa
sarà lontana:
penderà vota dalla cimosa
la spoglia vana.
Andrai, perfetta, dove ti porta
l'alba fiorita;
e sarà come tu fossi morta
per l'altra vita.

CORRADO GOVONI - Il calabrone

Questo ispido villoso calabrone
l'ho trovato ubriaco fradicio
di polline e di rugiada,
nella campana di un fiore arancione.
Zampettava qua e là, ronzando
per uscire, ma non trovava più la strada.

Lo tirai fuori, ed ora è lì, che vola
in un raggio di sole tutto d'oro,
come un ubriacone che s'alza dal
marciapiede
e s'incammina malsicuro,
borbottando. 

Poesia di Giovanni Pascoli - L'allodola

 

Ed ecco in mezzo al grande ciel sereno,
la lodoletta, uguale ad un puntino,
cantava; e poi come venisse meno,
dalla dolcezza, si gettò nel piano;
s'abbandonò sul nido suo terreno.
s'abbandonò sul nido suo tra il grano.

Poesia di Vivian Lamarque
Asinello

Un paradiso subìto
per questo Asinello
con mosche a mille
intorno agli occhi miti
e il mondo intero
da trasportare
per poter mangiare.

GIOSUE'  CARDUCCI - Il bove

 

T'amo, o pio bove; e mite un sentimento
Di vigore e di pace al cor m'infondi,
O che solenne come un monumento
Tu guardi i campi liberi e fecondi, 
0 che al giogo inchinandoti contento 
L'agil opra de l'uom grave secondi:
Ei t'esorta e ti punge, e tu co 'l lento
Giro de' pazienti occhi rispondi. 
Da la larga narice umida e nera 
Fuma il tuo spirto, e come un inno lieto
Il mugghio nel sereno aer si perde; 
E del grave occhio glauco entro l'austera

Dolcezza si rispecchia ampio e quieto
Il divino del pian silenzio verde.

GIOVANNI PASCOLI - La cavalla storna

 

Nella Torre il silenzio era già alto. 
Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
I cavalli normanni alle lor poste 
frangean la biada con rumor di croste.
Là in fondo la cavalla era, selvaggia, 
nata tra i pini su la salsa spiaggia;
che nelle froge avea del mar gli spruzzi
ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.
Con su la greppia un gomito, da essa
era mia madre; e le dicea sommessa:
« O cavallina, cavallina storna, 
che portavi colui che non ritorna;
tu capivi il suo cenno ed il suo detto! 
Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
il primo d'otto tra miei figli e figlie; 
e la sua mano non tocco' mai briglie.
Tu che ti senti ai fianchi l'uragano,
tu dai retta alla sua piccola mano.
Tu c'hai nel cuore la marina brulla,
tu dai retta alla sua voce fanciulla». 
La cavalla volgea la scarna testa 
verso mia madre, che dicea più mesta:
« O cavallina, cavallina storna, 
che portavi colui che non ritorna;
lo so, lo so, che tu l'amavi forte! 
Con lui c'eri tu sola e la sua morte
O nata in selve tra l'ondate e il vento,
tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
sentendo lasso nella bocca il morso,
nel cuor veloce tu premesti il corso: 
adagio seguitasti la tua via, 
perché facesse in pace l'agonia . . . »
La scarna lunga testa era daccanto 
al dolce viso di mia madre in pianto.
«O cavallina, cavallina storna, 
che portavi colui che non ritorna;
oh! due parole egli dove' pur dire!
E tu capisci, ma non sai ridire.
Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
con dentro gli occhi il fuoco delle vampe, 
con negli orecchi l'eco degli scoppi, 
seguitasti la via tra gli alti pioppi:
lo riportavi tra il morir del sole, 
perché udissimo noi le sue parole».
Stava attenta la lunga testa fiera. 
Mia madre l'abbraccio' su la criniera.
« O cavallina, cavallina storna,
portavi a casa sua chi non ritorna!
a me, chi non ritornerà più mai!
Tu fosti buona . . . Ma parlar non sai!
Tu non sai, poverina; altri non osa. 
Oh! ma tu devi dirmi una una cosa! 
Tu l'hai veduto l'uomo che l'uccise: 
esso t'è qui nelle pupille fise. 
Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
E tu fa cenno. Dio t'insegni, come».
Ora, i cavalli non frangean la biada:
dormian sognando il bianco della strada.
La paglia non battean con l'unghie vuote:
dormian sognando il rullo delle ruote.
Mia madre alzò nel gran silenzio un dito: 
disse un nome . . . Sonò alto un nitrito.

VERLAINE - VII • L'usignolo

 

Come volo strepitante di uccelli eccitati,

tutti i miei ricordi s'abbattono su di me,

s'abbattono nel giallo fogliame del mio cuore

che contempla il suo ricurvo tronco d'ontano

nello stagno viola dell'acqua dei Rimpianti

che lì vicino scorre malinconica,

s'abbattono, e poi il frastuono malvagio

che un'umida brezza salendo placa,

a poco a poco nell'albero si spegne

e in un istante non si sente più nulla,

più nulla tranne la voce che celebra l'Assente,

più nulla tranne la voce - languida! -

dell'uccello che fu il mio Primo Amore,

che ancora canta come il primo giorno;

e nel triste splendore di una luna

che s'innalza pallida e solenne,

una notte d'estate malinconica e greve,

piena di silenzio e di oscurità,

culla sull'azzurro che un dolce vento sfiora

l'albero che freme e l'uccello che piange.

UMBERTO SABA - La Gatta


La tua gattina è diventata magra,
altro male il suo non è che amore:
male, che alle tue cure la consacra.
Non provi un'accorata tenerezza?
Non la senti vibrare, come un cuore
sotto alla tua carezza?

Ai miei occhi è perfetta come te,
questa tua selvaggia gatta,
ma come te,
ragazza e innamorata,
che sempre tu cercavi,
che senza pace qua e là tu t'aggiravi
che tutti dicevano: "Che pazza!".....

E' come te, ragazza.

(Da "Trieste e una donna")
WILLIAM BUTLER YEATS - Il gatto e la luna

 

Il gatto andava qui e là
E la luna girava come trottola,
E il parente più stretto della luna,
Il gatto strisciante, guardò in su.
Il nero Minrialoushe fissava la luna,
Perché, per quanto vagasse e gemesse,
La luce fredda e limpida nel cielo
Turbava il suo sangue animale.
Minnaloushe corre fra l'erba
Alzando le sue zampe delicate.
Vuoi ballare, Minnaloushe, vuoi ballare?
Quando s'incontrano due parenti stretti
Che c'è di meglio che mettersi a ballare?
Forse la luna imparerà,
Stanca delle mode di corte,
Un nuovo passo di danza.
Minnaloushe striscia fra l'erba
Di luogo in luogo illuminato dalla luna,
La sacra luna sul suo capo
È entrata in una nuova fase.
Lo sa Minnaloushe che le sue pupille
Passeranno di mutamento in mutamento,
Che vanno dalla tonda alla lunata,
Dalla lunata alla tonda?
Minnaloushe striscia, fra l'erba
Solo, importante e saggio,
E leva alla luna mutevole
I suoi occhi mutevoli.