POESIE SUI CANI

 

Ode al cane - Pablo Neruda

La cagna - Sergej Esenin

Dick - Totò

Il cane sordo - Antonia Pozzi

Povero ane - Gianni Rodari

Qui giacciono i miei cani - Gabriele D'Annunzio

Al mio cane - Evgenij Evtusenko

A Flush - Elizabeth Barrett Browning

Epitaffio a un cane - George Byron

 

PABLO NERUDA - Ode al cane

 

Il cane mi domanda
e non rispondo.
Salta, corre pei campi e mi domanda senza parlare
e i suoi occhi sono due richieste umide,
due fiamme liquide che interrogano
e io non rispondo, non rispondo perché non so,
non posso dir nulla.
In campo aperto andiamo uomo e cane.
Brillano le foglie come se qualcuno le avesse baciate a una a una,
sorgono dal suolo tutte le arance a collocare piccoli planetari
su alberi rotondi come la notte, e verdi,
e noi, uomo e cane, andiamo a fiutare il mondo, a scuotere il trifoglio,
nella campagna cilena, fra le limpide dita di settembre.
Il cane si ferma, insegue le api, salta l'acqua trepida,
ascolta lontanissimi latrati, orina sopra un sasso,
e mi porta la punta del suo muso, a me, come un regalo.
E' la sua freschezza affettuosa, la comunicazione del suo affetto,
e proprio lì mi chiese con i suoi due occhi,
perchè e' giorno, perchè verrà la notte, perchè la primavera
non portò nella sua canestra nulla per i cani randagi, tranne inutili fiori, fiori, fiori e fiori.
E così m'interroga il cane
e io non rispondo.
Andiamo uomo e cane uniti dal mattino verde,
dall'incitante solitudine vuota nella quale solo noi esistiamo,
questa unità fra cane con rugiada e il poeta del bosco,
perchè non esiste l'uccello nascosto,
ne' il fiore segreto, ma solo trilli e profumi per i due compagni:
un mondo inumidito dalle distillazioni della notte,
una galleria verde e poi un gran prato,
una raffica di vento aranciato,
il sussurro delle radici,
la vita che procede,
e l'antica amicizia,
la felicità d'essere cane e d'essere uomo trasformata in un solo animale
che cammina muovendo
sei zampe e una coda
con rugiada.

SERGEJ ESENIN - La cagna 

 

Al mattino nel granaio

dove biondeggiano le stuoie in fila,

una cagna figliò sette,

sette cuccioli rossicci.

Sino a sera li carezzava

pettinandoli con la lingua

e la neve disciolta colava

sotto il suo caldo ventre.

 

Ma a sera, quando le galline

si rannicchiano sul focolare,

venne il padrone accigliato

e tutti e sette li mise in un sacco.

Essa correva sui mucchi di neve

durando fatica a seguirlo.

 

E così a lungo, a lungo tremolava

lo specchio dell’acqua non ghiacciata.

E quando tornò trascinandosi appena,

leccando il sudore dai fianchi,

la luna sulla capanna le parve

uno dei suoi cuccioli.

 

Guardava l’azzurro del cielo

con striduli guaiti,

ma la luna sottile scivolava

e si celò nei campi dietro il colle.

E sordamente, come quando in dono

le si butta la pietra per gioco,

la cagna rotolò i suoi occhi

come stelle d’oro nella neve.

PIERRE AUGUSTE RENOIR - Il salotto di Madame Charpentier
PIERRE AUGUSTE RENOIR - Il salotto di Madame Charpentier

TOTO' - Dick

Tengo 'nu cane ch'è fenomenale,

se chiama "Dick", 'o voglio bene assaie.

Si perdere l'avesse? Nun sia maie!

Per me sarebbe un lutto nazionale.

Ll 'aggio crisciuto comm'a 'nu guaglione,

cu zucchero, biscotte e papparelle;

ll'aggio tirato su cu 'e mmullechelle

e ll'aggio dato buona educazione.

Gnorsì, mo è gruosso. È quase giuvinotto.

Capisce tutto... Lle manca 'a parola.

È cane 'e razza, tene bbona scola,

è lupo alsaziano, è polizziotto.

 

Chello ca mo ve conto è molto bello.

In casa ha stabilito 'a gerarchia.

Vo' bene ' a mamma ch'è 'a signora mia,

e a figliemo isso 'o tratta da fratello.

'E me se penza ca lle songo 'o pate:

si 'o guardo dinto a ll'uocchie 'mme capisce,

appizza 'e rrecchie, corre, m'ubbidisce,

e pe' fa' 'e pressa torna senza fiato.

 

Ogn'anno, 'int'a ll'estate, va in amore,

s'appecundrisce e mette 'o musso sotto.

St'anno s'è 'nnammurato 'e na basotta

ca nun ne vo' sapè: nun è in calore.

Povero Dick, soffre 'e che manera!

Porta pur'isso mpietto stu dulore:

è cane, si ... . ma tene pure 'o core

e 'o sango dinto 'e vvene... vo 'a mugliera...

 

 

Ho un cane davvero fenomenale,

si chiama Dick, gli voglio molto bene.

Se dovessi perderlo... non sia mai.

Per me sarebbe un lutto nazionale.

L'ho allevato come un figliolo,

con zucchero, biscotti e pappette;

l'ho tirato su con le mollichine

e gli ho dato una buona educazione.

Signorsì, ma è grande. E' quasi un giovanotto.

Capisce tutto... Gli manca solo la parola.

E' un cane di razza, ha frequentato una buona scuola,

è un lupo alsaziano, un cane poliziotto.

 

Quello che vi racconto adesso è molto bello.

In casa ha stabilito una gerarchia.

Vuole bene come una mamma alla mia signora (mia mogllie) 

e tratta mio figlio come un fratello.

Di me pensa che io sia suo  padre:

se lo guardo negli occhi mi capisce,

drizza le orecchie, corre, mi ubbidisce,

e per fare in fretta torna senza fiato.

Ogni anno, in estate, va in amore,

si immalinconisce e sta a muso basso. 

Quest'anno si è innamorato di una bassotta

che non ne vuole sapere: non è in calore.

Povero Dick, quanto soffre!

Porta anche lui in petto questo dolore:

è un cane, sì, ma ha anche un cuore

e il sangue nelle vene. Vuole una "moglie".

 

Il cane sordo - Antonia Pozzi

 

Sordo per il gran vento

che nel castello vola e grida

è divenuto il cane.

 

Sopra gli spalti – in lago

protesi – corre,

senza sussulti:

né il muschio sulle pietre

a grande altezza lo insidia,

né un tegolo rimosso.

 

Tanto chiusa e intera

è in lui la forza

da che non ha nome

più per nessuno

e va per una sua

segreta linea

libero.

Povero ane - Gianni Rodari

 

Se andrete a Firenze

vedrete certamente

quel povero ane

di cui parla la gente.

 

È un cane senza testa,

povera bestia.

Davvero non si sa

ad abbaiare come fa.

 

La testa, si dice,

gliel’hanno mangiata…

(La “c” per i fiorentini

è pietanza prelibata).

 

Ma lui non si lamenta,

è un caro cucciolone,

scodinzola e fa festa

a tutte le persone.

 

Come mangia? Signori,

non stiamo ad indagare:

ci sono tante maniere

di tirare a campare.

 

Vivere senza testa

non è il peggior dei guai:

tanta gente ce l’ha,

ma non l’adopera mai!

Qui giacciono i miei cani  - Gabriele d’Annunzio

 

Qui giacciono i miei cani

gli inutili miei cani,

stupidi ed impudichi,

novi sempre et antichi,

fedeli et infedeli

all’Ozio lor signore,

non a me uom da nulla.

Rosicchiano sotterra

nel buio senza fine

rodon gli ossi i lor ossi,

non cessano di rodere i lor ossi

vuotati di medulla

et io potrei farne

la fistola di Pan

come di sette canne

i’ potrei senza cera e senza lino

farne il flauto di Pan

se Pan è il tutto e

se la morte è il tutto.

Ogni uomo nella culla

succia e sbava il suo dito,

ogni uomo seppellito

è il cane del suo nulla.

Evgenij Evtusenko, Al mio cane

 

Ficcando il naso nero nel vetro,

il cane aspetta, aspetta sempre qualcuno.

Infilo la mano nel suo pelo,

io pure aspetto qualcuno.

Ricordi, cane, c’è stato un tempo

quando una donna abitava qui.

E chi era essa per me?

Forse una sorella, una moglie forse,

e forse, talvolta, sembrava una figlia

a cui dovevo il mio aiuto.

Essa è lontana…

Ti sei fatto zitto.

Più non ci saranno altre donne qui.

Mio bravo cane, sei bravo in tutto, 

ma che peccato che tu non possa bere!

A Flush - Elizabeth Barrett Browning

 

Tu vedi questo cane.

Era soltanto ieri e io meditavo

dimentica della sua presenza accanto a me

finché pensieri su pensieri

mi portarono a lacrime su lacrime;

quando dal cuscino su cui giacevo,

le guance bagnate di pianto,

una testina ricciuta come quella d’un fauno

sorse dal nulla accanto al mio viso,

due occhi grandi d’oro chiaro

interrogarono i miei,

un orecchio morbido mi accarezzò sulle guance

a tergere il mio pianto.

Sgranai gli occhi al momento,

come qualche abitante d’Arcadia,

stupito dal dio caprino nei boschi al crepuscolo,

ma come quella visione di riccioli

mi venne più accanto ad asciugarmi le lacrime,

riconobbi Flush, e superai sorpresa e tristezza,

ringraziando il dio Pan che, dalle piccole creature,

conduce alle altezze d’amore.

GEORGE BYRON - Epitaffio a un cane

 

In questo luogo

giacciono i resti di una creatura

che possedette la Bellezza

ma non la Vanità

la Forza ma non l’Arroganza

il Coraggio ma non la Ferocia

E tutte le Virtù dell’ Uomo

senza i suoi Vizi.

 

Quest’ Elogio, che non sarebbe che vuota lusinga

sulle Ceneri di un Uomo,

è un omaggio affatto doveroso alla Memoria di

“Boatswain” , un Cane che naque in Terranova

nel maggio del 1803

e morì a Newstead Abbey

il 18 novembre 1808.

 

Quando un fiero figlio dell’uomo

al seno della terra fa ritorno,

sconosciuto alla gloria, ma sorretto

da nobili natali,

lo scultore si prodiga a mostrare

il simulacro vuoto del dolore,

e urne istoriate ci rammentano

l’uomo che giace lì sepolto;

e quando ogni cosa si è compiuta

sul sepolcro noi potremo leggere

non chi fu quell’uomo,

ma chi doveva essere.

 

Ma il misero cane, l’amico più caro in vita,

che per primo saluta

e che difende ultimo,

il cui bel cuore appartiene al suo padrone,

che lotta, respira,

vive e fatica per lui solo,

cade senza onori;

e solo col silenzio

è premiato il suo valore;

e l’anima che fu sua su questa terra

gli vien negata in cielo;

mentre l’uomo, insetto vano! ,

spera il perdono,e per sé solo

pretende un paradiso intero.

 

O uomo! flebile inquilino della terra per un’ora,

abietto in servitù, corrotto dal potere,

ti fugge con disgusto chi ti conosce bene,

o vile massa di polvere animata!

 

L’amore in te è lussuria, l’amicizia truffa,

la parola inganno, il sorriso menzogna!

Vile per natura, nobile sol di nome,

ogni animale ti mette alla vergogna.

O tu, che per caso guardi quest’umile sepolcro,

passa e va’ : non è in onore

di creatura degna del tuo pianto.

Esso fu innalzato per segnare

il luogo ove tutto quel che di un amico resta

riposa in pace;

un sol ne conobbi: e qui si giace.