POETI CONTRO LA GUERRA

GUERNICA - Pablo Picasso
GUERNICA - Pablo Picasso

ALLE FRONDE DEI SALICI  - Salvatore Quasimodo

 

E come potevamo noi cantare

con il piede straniero sopra il cuore,

fra i morti abbandonati nelle piazze

sull’erba dura di ghiaccio, al lamento

d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero

della madre che andava incontro al figlio

crocifisso sul palo del telegrafo?

Alle fronde dei salici, per voto,

anche le nostre cetre erano appese,

oscillavano lievi al triste vento.

 

 

San Martino del Carso - Giuseppe Ungaretti

 

Di queste case

non è rimasto

che qualche

brandello di muro

Di tanti

che mi corrispondevano

non è rimasto

neppure tanto

Ma nel cuore

nessuna croce manca

E' il mio cuore

il paese più straziato

Non gridate più - Giuseppe Ungaretti

 

Cessate di uccidere i morti,

non gridate più, non gridate

se li volete ancora udire,

se sperate di non perire.

Hanno l'impercettibile sussurro,

non fanno più rumore

del crescere dell'erba,

lieta dove non passa l'uomo.

Ombra - Guillaume Apollinaire

 

Eccovi ancora con me

Ricordi dei miei compagni morti in guerra

Oliva del tempo

Ricordi che ormai siete un ricordo solo

Come cento pellicce una pelliccia

Come mille ferite un articolo di giornale

Impalpabile oscura presenza avete preso

La forma mutevole della mia ombra

Indiano per sempre all’agguato

E mi strisciate accanto

Ma senza più sentirmi

Non sapendo più nulla delle divine poesie che canto

Mentre io vi sento io vi vedo ancora

Destini

Multipla ombra vi conservi il sole

Voi che mi amate tanto da non lasciarmi mai

E senza alzare polvere vi muovete nel sole

Ombra inchiostro del sole

Scrittura della mia luce

Cassone di rimpianti

Dio che s’umilia

(Da Canzoni per le sirene, traduzione di Giovanni Raboni)

BERTOLT BRECHT

 

Mio fratello era aviatore

Un giorno ricevette la cartolina.

Fece i bagagli, e andò via,

Lungo la rotta del sud.

Mio fratello è un conquistatore.

Il popolo nostro ha bisogno

Di spazio. E prendersi terre su terre,

Da noi, è un vecchio sogno.

E lo spazio che si è conquistato

È sui monti del Guadarrama.

E’ lungo un metro e ottanta

E di profondità uno e cinquanta…

La guerra è dichiarata - Vladimir Majakovskij

 

«Edizione della sera! Della sera! Della sera!

Italia! Germania! Austria!»

E sulla piazza, lugubremente listata di nero,

si effuse un rigagnolo di sangue purpureo!

 

Un caffè infranse il proprio muso a sangue,

imporporato da un grido ferino:

«Il veleno del sangue nei giuochi del Reno!

I tuoni degli obici sul marmo di Roma!»

 

Dal cielo lacerato contro gli aculei delle baionette

gocciolavano lacrime di stelle come farina in uno staccio,

e la pietà, schiacciata dalle suole, strillava:

«Ah, lasciatemi, lasciatemi, lasciatemi!»

 

I generali di bronzo sullo zoccolo a faccette

supplicavano: «Sferrateci, e noi andremo!»

Scalpitavano i baci della cavalleria che prendeva commiato,

e i fanti desideravano la vittoria-assassina.

 

Alla città accatastata giunse mostruosa nel sogno

la voce di basso del cannone sghignazzante,

mentre da occidente cadeva rossa neve

in brandelli succosi di carne umana.

 

La piazza si gonfiava, una compagnia dopo l’altra,

sulla sua fronte stizzita si gonfiavano le vene.

«Aspettate, noi asciugheremo le sciabole

sulla seta delle cocottes nei viali di Vienna!»

 

Gli strilloni si sgolavano: «Edizione della sera!

Italia! Germania! Austria!»

E dalla notte, lugubremente listata di nero,

scorreva, scorreva un rigagnolo di sangue purpureo.

Generale - Bertolt Brecht

 

Generale, il tuo carro armato

è una macchina potente

Spiana un bosco e sfracella cento uomini.

Ma ha un difetto:

ha bisogno di un carrista.

Generale, il tuo bombardiere è potente.

Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante.

Ma ha un difetto:

ha bisogno di un meccanico.

Generale, l’uomo fa di tutto.

Può volare e può uccidere.

Ma ha un difetto:

può pensare.

La guerra che verrà -Bertolt Brecht

 

La guerra che verrà non è la prima.

Prima ci sono state altre guerre.

Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti.

Fra i vinti la povera gente faceva la fame.

Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente.

 

UOMO DEL MIO TEMPO - Salvatore Quasimodo

 

Sei ancora quello della pietra e della fionda,

uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,

con le ali maligne, le meridiane di morte,

-t'ho visto- dentro il carro di fuoco, alle forche,

alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,

con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,

senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,

come sempre, come uccisero i padri, come uccisero,

gli animali che ti videro per la prima volta.

E questo sangue odora come nel giorno

quando il fratello disse all'altro fratello:

"Andiamo ai campi". E quell'eco fredda, tenace,

è giunta fino a te, dentro la tua giornata.

Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue

salite dalla terra, dimenticate i padri:

le loro tombe affondano nella cenere,

gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

Soldati - Giuseppe Ungaretti

 

Si sta come 

d'autunno

sugli alberi

le foglie

Veglia - Giuseppe Ungaretti

 

Un’intera nottata

buttato vicino

a un compagno

massacrato

con la sua bocca

digrignata

volta al plenilunio

con la congestione

delle sue mani

penetrata

nel mio silenzio

ho scritto

lettere piene d’amore

Non sono mai stato

tanto

attaccato alla vita

 

ARTHUR RIMBAUD - L'addormentato nella valle

 

E' una gola di verzura dove un fiume canta

impigliando follemente alle erbe stracci

d'argento: dove il sole, dalla fiera montagna

risplende: è una piccola valle che spumeggia di raggi.

 

Un giovane soldato, bocca aperta, testa nuda,

e la nuca bagnata nel fresco crescione azzurro,

dorme; è disteso nell'erba, sotto la nuvola,

pallido nel suo verde letto dove piove la luce.

 

I piedi tra i gladioli, dorme. Sorridente come

sorriderebbe un bimbo malato, fa un sonno.

O Natura, cullalo tiepidamente: ha freddo.

 

I profumi non fanno più fremere la sua narice;

dorme nel sole, la mano sul suo petto

tranquillo. Ha due rosse ferite sul fianco destro.

 

Ottobre 1870 (Trad. Dario Bellezza)

 

C'est un trou de verdure où chante une rivière,

Accrochant follement aux herbes des haillons

D'argent; où le soleil, de la montagne fière,...

Luit: c'est un petit val qui mousse de rayons.

 

Un soldat jeune, bouche ouverte, tête nue,

Et la nuque baignant dans le frais cresson bleu,

Dort; il est étendu dans l'herbe, sous la nue,

Pâle dans son lit vert où la lumière pleut.

 

Les pieds dans les glaïeuls, il dort. Souriant comme

Sourirait un enfant malade, il fait un somme:

Nature, berce-le chaudement: il a froid.

 

Les parfums ne font pas frissonner sa narine;

Il dort dans le soleil, la main sur sa poitrine,

Tranquille. Il a deux trous rouges au côté droit.

 

Arthur Rimbaud

Se viene la guerra - Dario Bellezza 

 

Se viene la guerra 

non partirò soldato.

Ma di nuovo gli usati treni

porteranno i giovani soldati

lontano a morire dalle madri.

Se viene la guerra 

non partirò soldato.

Sarò traditore 

della vana patria.

Mi farò fucilare

come disertore.

Mia nonna da ragazzino

mi raccontava:

"Tu non eri ancora nato. Tua madre

ti aspettava. Io già pensavo

dentro il rifugio osceno

ma caldo di tanti corpi, gli uni

agli altri stretti, come tanti

apparenti fratelli, alle favole

che avrebbero portato il sonno

a te, che, Dio non voglia!,

non veda più guerre".

Non sa più nulla, è alto sulle ali - Vittorio Sereni

 

Non sa più nulla, è alto sulle ali

il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna.

Per questo qualcuno stanotte

mi toccava la spalla mormorando

di pregar per l'Europa

mentre la Nuova Armada

si presentava alle coste di Francia.

 

Ho risposto nel sonno: - E' il vento,

il vento che fa musiche bizzarre.

Ma se tu fossi davvero

il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna

prega tu se lo puoi, io sono morto

alla guerra e alla pace.

Questa è la musica ora:

delle tende che sbattono sui pali.

Non è musica d'angeli, è la mia

sola musica e mi basta. -

 (Da Diario d'Algeria)