Poeti del Romanticismo e della Scapigliatura

ALFRED TENNYSON - La dama di Shalott

 

Siede al telaio giorno e notte

tessendo tele iridescenti,

le han raccontato la leggenda

di un maleficio che la coglie

se guarda verso Camelot.

Ma l’incantesimo era oscuro

così tesseva assiduamente,

e non aveva alcun pensiero

la dama di Shalott.

La superficie di uno specchio

è il solo modo di guardare

un mondo di ombre e di riflessi

e vi intravede quella strada

salire verso Camelot…

***

E sulla tela riproduce

figure scorte nello specchio:

di notte a volte c’è l’incanto

di luci fioche, o un funerale,

o musica, su a Camelot.

O con la luna piena in cielo

vanno gli sposi, innamorati,

un mondo di ombre non soddisfa

la dama di Shalott.

***

Scendendo lungo tutto il fiume

con gli occhi assenti, da veggente,

guardando la sua mala sorte

con un contegno distaccato

contempla a lungo Camelot.

E quando è l’ora del tramonto

Scioglie gli ormeggi, e si distende,

sul fiume la corrente porta

la dama di Shalott.

 

WOLFGANG GOETHE - Sarei andato lontano

 

Sarei già andato davvero lontano,

Tanto lontano quanto è grande il mondo,

Se non mi trattenessero le stelle

Che hanno legato il mio al tuo destino,

Così che solo in te posso conoscermi.

E la poesia, i sogni, il desiderio,

Tutto mi spinge a te, alla tua natura,

E dalla tua dipende la mia vita.

GEORGE BYRON
 
Lei avanza in bellezza, come la notte
Lei avanza in bellezza, come la notte
di climi tersi e di cieli stellati,
tutti i pregi della luce e della tenebra
s'incontrano nel suo aspetto e nei suoi occhi:
così addolciti a quella luce tenera
che il cielo nega allo sfarzo del giorno.
Un'ombra ancora, un raggio in meno,
forse avrebbero mutato la grazia senza nome
che ondeggia a ogni treccia corvina,
o dolcemente le illumina il volto,
dove pensieri limpidi e soavi svelano
quanto pura e preziosa la loro dimora.
Su quella guancia, e su quella fronte,
così dolci e calme ma eloquenti,
i sorrisi che vincono, i colori accesi,
parlano solo di giorni nel bene,
di un’anima in pace con tutto,
di un cuore innocente al suo amare.
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Se la poesia non nasce con la stessa naturalezza delle foglie sugli alberi, è meglio che non nasca neppure. JOHN KEATS
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JOHN KEATS 

 

Fantasia 

 

Lascia sempre vagare la fantasia,
È sempre altrove il piacere:
E si scioglie, solo a toccarlo, dolce,
Come le bolle quando la pioggia picchia;
Lasciala quindi vagare, lei, l’alata,
Per il pensiero che davanti ancor le si stende;
Spalanca la porta alla gabbia della mente,
E, vedrai, si lancerà volando verso il cielo.

Edward henry Potthast - Seascaoe Moonlight
Edward henry Potthast - Seascaoe Moonlight

Percy Bysshe Shelley - Tempo

 

Mare insondabile! le cui onde sono anni,
Oceano del tempo, le cui acque di profonda pena
sono salmastre per il sale delle lacrime degli umani.
Tu diluvio inarginabile, che nel tuo flusso e riflusso
cingi i limiti di ciò che è mortale,
e nauseato di prede, eppure gridi per una ancora,
e vomiti i tuoi relitti sulla sponda inospitale,
infido nella bonaccia, e terribile nella tempesta,
chi metterà gemme su di te,
mare insondabile?

Time

Unfathomable Sea! whose waves are years,
Ocean of Time, whose waters of deep woe
Are brackish with the salt of human tears!
Thou shoreless flood, which in thy ebb and flow
Claspest the limits of mortality,
And sick of prey, yet howling on for more,
Vomitest thy wrecks on its inhospitable shore;
Treacherous in calm, and terrible in storm,
Who shall put forth on thee
Unfathomable Sea?

Percy Bysshe Shelley - Tempo passato

Come il fantasma di un caro amico morto
è il tempo passato.
Un tono che ora è per sempre volato via,
una speranza che ora è per sempre andata,
un amore così dolce da non poter durare,
fu il tempo passato.

Ci furon dolci sogni nella notte
del tempo passato.
Di gioia o di tristezza,
ogni giorno un'ombra avanti proiettava
e ci faceva desiderare che potesse durare
quel tempo passato.

C'è rimpianto, quasi rimorso,
come il cadavere d'un bimbo molto amato
che il padre veglia, finché alla fine
la bellezza è un ricordo, lasciato cadere
dal tempo passato.


Time long past (Percy Bysshe Shelley)

Like the ghost of a dear friend dead
Is Time long past.
A tone which is now forever fled,
A hope which is now forever past,
A love so sweet it could not last,
Was Time long past.

There were sweet dreams in the night
Of Time long past:
And, was it sadness or delight,
Each day a shadow onward cast
Which made us wish it yet might last
That Time long past.

There is regret, almost remorse,
'Tis like a child's beloved corse
A father watches, till at last
Beauty is like remembrance, cast
From Time long past.

DANTE GABRIEL ROSSETTI - La voce del mare
DANTE GABRIEL ROSSETTI - La voce del mare

PERCY BISSHE SHELLEY - La musica, quando le soffici voci svaniscono

La musica, quando le soffici voci svaniscono,
Vibra nella memoria,
I profumi, quando le dolci violette sfioriscono,
Vivono dentro i sensi che ravvivano.

I petali della rosa, quando la rosa muore,
Vengono ammucchiati per il letto dell'amata;
Così sui tuoi pensieri, quando te ne sarai andata,
L'amore stesso si assopirà.

Music, when soft voices die

Music, when soft voices die,
Vibrates in the memory,
Odours, when sweet violets sicken,
Live within the sense they quicken.

Rose leaves, when the rose is dead,
Are heaped for the beloved's bed;
And so thy thoughts, when thou art gone

GEORGE GORDON BYRON - Tenebra (Darknerss)

Ho fatto un sogno non soltanto sogno.
Il sole splendente s’era spento e le stelle
vagavano al buio nello spazio eterno
senza raggio né direzione; la terra gelata
girava cieca abbuiandosi nell’aria illune;
venne mattino, passò, tornò senza recare
giorno, e gli uomini, presi dal terrore
di tanta desolazione, dimenticarono
le loro passioni, i cuori agghiacciarono
pregando in se stessi per avere luce.
Si viveva tutti intorno ai bivacchi:
troni e palazzi di re coronati, capanne
e abitazioni d’ogni genere vennero bruciate
per fare luce, intere città consumate;
gli uomini si stringevano attorno ai roghi
delle case per guardarsi ancora in faccia.
Felici coloro che dimoravano nell’occhio
dei vulcani e dei loro picchi ardenti:
un’atterrita speranza era ciò che restava
al mondo. Le foreste date al fuoco,
d’ora in ora cadendo incenerite sparivano;
i tronchi crepitando si schiantavano
e spegnevano e tutto era nero. I volti umani
a quella luce disperante, se la fiamma
guizzando li colpiva, avevano un aspetto
spettrale. Qualcuno prostrato si copriva
gli occhi e piangeva; altri appoggiavano
il mento sulle mani giunte e sorridevano;
altri ancora correvano su e giù alimentando
i roghi funebri e folli d’inquietudine
guardavano in alto al cielo offuscato,
funebre ammanto di un mondo defunto,
quindi imprecando si gettavano in terra
urlando e digrignando i denti. Gli uccelli
rapaci stridevano atterriti e sbattendo
le inutili ali svolazzavano al suolo; le belve
più feroci diventavano docili e spaurite;
le vipere s’attorcigliavano e strisciavano
tra turbe di genti sibilando senza mordere:
le ammazzavano per cibo. La guerra,
per un poco cessata, riprese a saziarsi:
un pasto si pagava col sangue e ognuno
si saziava ingozzandosi al buio, torvo,
in disparte. Non era rimasto più amore:
la terra era tutta un pensiero di morte,
immediata e ingloriosa; i morsi della fame
rodevano le viscere, gli uomini morivano,
ma le ossa e le carni restavano insepolte.
Magro mangiava magro, anche i cani
assalivano i padroni; tranne uno: rimasto
fedele a un cadavere tenne a bada uccelli,
bestie e uomini digiuni presi dalla fame
finché altri morti stramazzando attrassero
le scarne mascelle; lui non cercò cibo
ma con pietoso e ininterrotto lamento,
e un acuto guaito desolato, leccando
quella mano che ormai non rispondeva
con carezze, morì. Poco a poco, la folla
perì tutta di fame. Di un’immensa città
in due sopravvissero che erano nemici:
s’incontrarono accanto alle braci morenti
di un altare dove un cumulo di sacri
oggetti era ammassato per un empio uso.
Con mani scheletrite e fredde frugarono
e raccolsero ceneri fioche, con esile fiato
vi soffiarono un alito di vita destando
una fiamma beffarda e, a quel chiarore,
alzarono gli occhi per guardarsi in viso:
si videro, gettarono un grido e morirono;
l’uno morì per l’orrore visto nell’altro,
senza sapere a chi la fame aveva scritto
sulla fronte: Demonio. Il mondo era vuoto;
prima popoloso e potente, era un grumo
senza stagioni, senza erbe alberi uomini
e vita: grumo di morte, caos di dura creta.
Fiumi, laghi, l’oceano, tutti erano quieti,
e nulla si muoveva nel silenzio degli abissi.
Navi senza equipaggio marcivano in mare,
gli alberi cadevano in pezzi, affondavano
giacendo a dormire nell’abisso senza flutti.
Le onde morte, sepolte le maree, la luna,
loro signora, già spenta, nell’aria ferma
placatisi i venti, sparite le nuvole – inutili
per essa: la Tenebra era l’Universo.

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I had a dream, which was not all a dream.
The bright sun was extinguish'd, and the stars
Did wander darkling in the eternal space,
Rayless, and pathless, and the icy earth
Swung blind and blackening in the moonless air;
Morn came and went-and came, and brought no day,
And men forgot their passions in the dread
Of this their desolation; and all hearts
Were chill'd into a selfish prayer for light:
And they did live by watchfires-and the thrones,
The palaces of crowned kings-the huts,
The habitations of all things which dwell,
Were burnt for beacons; cities were consum'd,
And men were gather'd round their blazing homes
To look once more into each other's face;
Happy were those who dwelt within the eye
Of the volcanos, and their mountain-torch:
A fearful hope was all the world contain'd;
Forests were set on fire-but hour by hour
They fell and faded-and the crackling trunks
Extinguish'd with a crash-and all was black.
The brows of men by the despairing light
Wore an unearthly aspect, as by fits
The flashes fell upon them; some lay down
And hid their eyes and wept; and some did rest
Their chins upon their clenched hands, and smil'd;
And others hurried to and fro, and fed
Their funeral piles with fuel, and look'd up
With mad disquietude on the dull sky,
The pall of a past world; and then again
With curses cast them down upon the dust,
And gnash'd their teeth and howl'd: the wild birds shriek'd
And, terrified, did flutter on the ground,
And flap their useless wings; the wildest brutes
Came tame and tremulous; and vipers crawl'd
And twin'd themselves among the multitude,
Hissing, but stingless--they were slain for food.
And War, which for a moment was no more,
Did glut himself again: a meal was bought
With blood, and each sate sullenly apart
Gorging himself in gloom: no love was left;
All earth was but one thought-and that was death
Immediate and inglorious; and the pang
Of famine fed upon all entrails-men
Died, and their bones were tombless as their flesh;
The meagre by the meagre were devour'd,
Even dogs assail'd their masters, all save one,
And he was faithful to a corse, and kept
The birds and beasts and famish'd men at bay,
Till hunger clung them, or the dropping dead
Lur'd their lank jaws; himself sought out no food,
But with a piteous and perpetual moan,
And a quick desolate cry, licking the hand
Which answer'd not with a caress--he died.
The crowd was famish'd by degrees; but two
Of an enormous city did survive,
And they were enemies: they met beside
The dying embers of an altar-place
Where had been heap'd a mass of holy things
For an unholy usage; they rak'd up,
And shivering scrap'd with their cold skeleton hands
The feeble ashes, and their feeble breath
Blew for a little life, and made a flame
Which was a mockery; then they lifted up
Their eyes as it grew lighter, and beheld
Each other's aspects-saw, and shriek'd, and died-
Even of their mutual hideousness they died,
Unknowing who he was upon whose brow
Famine had written Fiend. The world was void,
The populous and the powerful was a lump,
Seasonless, herbless, treeless, manless, lifeless-
A lump of death-a chaos of hard clay.
The rivers, lakes and ocean all stood still,
And nothing stirr'd within their silent depths;
Ships sailorless lay rotting on the sea,
And their masts fell down piecemeal: as they dropp'd
They slept on the abyss without a surge-
The waves were dead; the tides were in their grave,
The moon, their mistress, had expir'd before;
The winds were wither'd in the stagnant air,
And the clouds perish'd; Darkness had no need
Of aid from them-She was the Universe.

PERCY BISSHE SHELLEY - I pellegrini del mondo


Tu Stella dimmi, che ali di luce
ti sospingono rapida a un volo di fiamma,
dentro quale caverna della notte
si chiuderanno ora le tue piume?
E tu Luna che vai, pallida e grigia
pellegrina del Cielo, per vie senza riparo,
in quali abissi del giorno e della notte
stai ora ricercando il tuo riposo?
Vento ormai stanco, che passi vagabondo
come l'ospite esule del mondo,
possiedi ancora un tuo nido segreto
in vetta a un albero, in mezzo alle onde?

ARRIGO BOITO - Dualismo

 

Son luce ed ombra; angelica
farfalla o verme immondo
sono un caduto cherubo
dannato a errar sul mondo,
o un demone che sale,
affaticando l'ale,
verso un lontano ciel.

Ecco perché nell'intime
cogitazioni io sento
la bestemmia dell'angelo
che irride al suo tormento,
o l'umile orazione
dell'esule dimone
che riede a Dio, fedel.

Ecco perché m'affascina
l'ebbrezza di due canti,
ecco perché mi lacera
l'angoscia di due pianti,
ecco perché il sorriso
che mi contorce il viso
o che m'allarga il cuor.