Vincenzo Cardarelli

Oggi che t'aspettavo 

 

Oggi che t'aspettavo 

non sei venuta 

e la tua assenza so quel che mi dice 

la tua assenza che tumultuava 

nel vuoto che hai lasciato 

come una stella 

dice che non vuoi amarmi 

quale un estivo temporale s'annuncia 

e poi s'allontana 

così ti sei negata alla mia sete 

l'amore sul nascere 

ha di questi improvvisi pentimenti 

silenziosamente ci siamo intesi 

amore, amore 

come sempre 

vorrei coprirti di fiori 

e d'insulti. 

*Ritratto

 

Esiste una bocca scolpita,

un volto d'angiolo chiaro e ambiguo,

una opulenta creatura pallida

dai denti di perla,

dal passo spedito,

esiste il suo sorriso,

aereo, dubbio, lampante,

come un indicibile evento di luce.

 

 Idillio

 

Per una stradetta ombreggiata

fra due muri di pietre rugginose

da cui spuntavano pampini

soleggiati,

vidi un giorno, in Liguria,

(oh incontro inatteso!)

una giovane contadina

ritta sul limite del suo vigneto.

Era la via romita,

l'ora estuosa.

Mi guardò, mi sorrise,

la villanella.

Ed io le dissi, accostandomi,

parole che udivo salire

dal sangue,

da tutto il mio essere, in lode

di sua bellezza.

Sotto il rossore del volto imperlato

dall'interrotta fatica

la bocca sua rideva luminosa.

Era scalza. Una scaglia

d'argilla dorata

rivestiva i suoi piedi usi ai diurni

lavacri della fonte.

Gli occhi, infocati e lustri,

di gioventù brillavano,

solare e profonda.

E dietro a lei, così terrosa e splendida,

l'ombre cognite e fide

della domestica vite

parevan vigilarla.

Tutto era pace intorno

e silenzio agreste.

 

Gabbiani

 

Non so dove i gabbiani abbiano il nido,

ove trovino pace. Io son come loro

in perpetuo volo. La vita la sfioro

com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo.

E come forse anch'essi amo la quiete,

la gran quiete marina,

ma il mio destino è vivere

balenando in burrasca.

 

Distacco

 

Io ti sento tacere da lontano.

Odo nel mio silenzio il tuo silenzio.

Di giorno in giorno assisto

all'opera che il tempo,

complice mio solerte, va compiendo.

E già quello che ieri era presente

divien passato e quello che ci pareva

incredibile accade.

Io e te ci separiamo.

Tu che fosti per me più che una sposa!

Tu che volevi entrare

nella mia vita, impavida,

come in inferno un angelo

e ne fosti scacciata.

Ora che t'ho lasciata,

la vita mi rimane

quale un'indegna, un'inutile soma,

da non poterne avere più alcun bene.

Arthur Hughes Heavenly Stair

 

Passato

 

I ricordi, queste ombre troppo lunghe

del nostro breve corpo,

questo strascico di morte

che noi lasciamo vivendo

i lugubri e durevoli ricordi,

eccoli già apparire:

melanconici e muti

fantasmi agitati da un vento funebre.

E tu non sei più che un ricordo.

Sei trapassata nella mia memoria.

Ora sì, posso dire che

che m'appartieni

e qualche cosa fra di noi è accaduto

irrevocabilmente.

Tutto finì, così rapito!

Precipitoso e lieve

il tempo ci raggiunse.

Di fuggevoli istanti ordì una storia

ben chiusa e triste.

Dovevamo saperlo che l'amore

brucia la vita e fa volare il tempo.

 

ABBANDONO

 

Volata sei, fuggita

come

una colomba

e ti sei persa là,

verso oriente.

Ma son rimasti i luoghi che ti videro

E l'ore dei nostri incontri.

Ore deserte,

luoghi per me divenuti

un sepolcro

a cui faccio la guardia.

 

Autunno veneziano

 

Autunno veneziano

L'alito freddo e umido m'assale

di Venezia autunnale,

Adesso che l'estate,

sudaticcia e sciroccosa,

d'incanto se n'è andata,

una rigida luna settembrina

risplende, piena di funesti presagi,

sulla città d'acque e di pietre

che rivela il suo volto di medusa

contagiosa e malefica.

Morto è il silenzio dei canali fetidi,

sotto la luna acquosa,

in ciascuno dei quali

par che dorma il cadavere d'Ofelia:

tombe sparse di fiori

marci e d'altre immondizie vegetali,

dove passa sciacquando

il fantasma del gondoliere.

O notti veneziane,

senza canto di galli,

senza voci di fontane,

tetre notti lagunari

cui nessun tenero bisbiglio anima,

case torve, gelose,

a picco sui canali,

dormenti senza respiro,

io v'ho sul cuore adesso più che mai.

Qui non i venti impetuosi e funebri

del settembre montanino,

non odor di vendemmia, non lavacri

di piogge lacrimose,

non fragore di foglie che cadono.

Un ciuffo d'erba che ingiallisce e muore

su un davanzale

è tutto l'autunno veneziano.

Così a Venezia le stagioni delirano.

Pei suoi campi di marmo e i suoi canali

non son che luci smarrite,

luci che sognano la buona terra

odorosa e fruttifera.

Solo il naufragio invernale conviene

a questa città che non vive,

che non fiorisce,

se non quale una nave in fondo al mare.

 

Adolescente

 

Su te, vergine adolescente,

sta come un'ombra sacra.

Nulla è più misterioso

e adorabile e proprio

della tua carne spogliata.

Ma ti recludi nell'attenta veste

e abiti lontano

con la tua grazia

dove non sai chi ti raggiungerà.

Certo non io. Se ti veggo passare

a tanta regale distanza,

con la chioma sciolta

e tutta la persona astata,

la vertigine mi si porta via.

Sei l'imporosa e liscia creatura

cui preme nel suo respiro

l'oscuro gaudio della carne che appena

sopporta la sua pienezza.

Nel sangue, che ha diffusioni

di fiamma sulla tua faccia,

il cosmo fa le sue risa

come nell'occhio nero della rondine.

La tua pupilla è bruciata

dal sole che dentro vi sta.

La tua bocca è serrata.

Non sanno le mani tue bianche

il sudore umiliante dei contatti.

E penso come il tuo corpo

difficoltoso e vago

fa disperare l'amore

nel cuore di un uomo.

 

Pure qualcuno ti disfiorerà,

bocca di sorgiva.

Qualcuno che non lo saprà,

un pescatore di spugne,

avrà quest perla rara.

Gli sarà grazia e fortuna

il non averti cercata

e non sapere chi sei

e non poterti godere

con la sottile coscienza

che offende il geloso Iddio.

Oh sì, l'animale sarà

abbastanza ignaro

per non morire prima di toccarti.

 

E tutto è così.

Tu anche non sai chi sei.

E prendere ti lascerai,

ma per vedere come il gioco è fatto,

per ridere un poco insieme.

Come fiamma si perde nella luce,

al tocco della realtà

i misteri che tu prometti

si disciolgono in nulla.

Inconsumata passerà

tanta gioia!

Tu ti darai, tu ti perderai,

per il capriccio che non indovina

mai, col primo che ti piacerà.

Ama il tempo, lo scherzo

che lo seconda,

non il cauto volere che indugia.

Così la fanciullezza

fa ruzzolare il mondo

e il saggio non è che un fanciullo

che si duole di non essere cresciuto.

 

 

C’è sempre mancato qualcosa

 

Noi non ci conosciamo. Penso ai giorni

che, perduti nel tempo, c’incontrammo,

alla nostra incresciosa intimità.

Ci siamo sempre lasciati

senza salutarci,

con pentimenti e scuse da lontano.

Ci siam rispettati al passo,

bestie caute,

cacciatori affinati,

a sostenere faticosamente

la nostra parte di estranei.

Ritrosie disperanti,

pause vertiginose e insormontabili,

dicevan, nelle nostre confidenze,

il contatto evitato e il vano incanto.

Qualcosa ci è sempre rimasto,

amaro vanto

di non ceduto ai nostri abbandoni,

qualcosa ci è sempre mancato.

 

CARDARELLI

O memoria spietata, che hai tu fatto

del mio paese?

Un paese di spettri

dove nulla è mutato fuor che i vivi

che usurpano il posto dei morti.

Qui tutto è fermo, incantato,

nel mio ricordo.

Anche il vento.

Quante volte, o paese mio nativo,

in te venni a cercare

ciò che più m'appartiene e ciò che ho perso.

Quel vento antico, quelle antiche voci,

e gli odori e le stagioni

d'un tempo, ahimè, vissuto

 

Febbraio

 

Febbraio è sbarazzino.

Non ha i riposi del grande inverno,

ha le punzecchiature,

i dispetti

di primavera che nasce.

Dalla bora di febbraio

requie non aspettare.

Questo mese è un ragazzo

fastidioso, irritante

che mette a soqquadro la casa,

rimuove il sangue, annuncia il folle marzo

periglioso e mutante.

 

Marzo

 

Oggi la primavera

è un vino effervescente.

Spumeggia il primo verde

sui grandi olmi fioriti a ciuffi

ove il germe già cade

come diffusa pioggia.

Tra i rami onusti e prodighi

un cardellino becca.

Verdi persiane squillano

su rosse facciate

che il chiaro allegro vento

di marzo pulisce.

Tutto è color di prato.

Anche l'edera è illusa,

la borraccina è più verde

sui vecchi tronchi immemori

che non hanno stagione,

lungo i ruderi ombrosi e macilenti

cui pur rinnova marzo il greve manto.

Scossa da un fiato immenso

la città vive un giorno

di umori campestri.

Ebbra la primavera corre nel sangue.

Scherzo

Il bosco di primavera

ha un'anima, una voce.

è il canto del cucù

pieno d'aria,

che pare soffiato in un flauto.

Dentro il richiamo lieve

più che l'eco ingannevole,

noi ce ne andiamo illusi:

Il castagno è verde tenero.

Sono stillanti persino

le antiche ginestre.

Attorno ai tronchi ombrosi,

fra giochi di sole,

danzano le amadriali.

 

*Largo serale

 

È l’ora dei crepuscoli estivi –

quando il giorno pellegrino

si ferma e cade estenuato.

Dolcezza e meraviglia di queste ore!

Qualunque volto apparisse in questa luce

sarebbe d’oro.

I riflessi di raso degli abitati sul lago.

Dolce fermezza di queste chiome

d’alberi sotto i miei occhi!

Alberi della montagna italiana.

Di paese in paese

gli orologi si cantano l’ora

percuotendosi a lungo nella valle

come tocchi d’organo gravi.

Poi più tardi nella festa notturna,

la lentezza dei suoni dura ancora...

 (1916)