Conflitti e frustrazioni

E’ meglio perdersi nella passione che non avere passioni (S.Agostino).

 

I bisogni possono essere in reciproco conflitto tra loro: la soddisfazione di alcuni di essi può costituire un ostacolo per la soddisfazione di altri.

Gli ostacoli possono essere individuali, ma anche sociali: la società, infatti, pone norme e barriere che possono ostacolare le esigenze personali e può porre degli obiettivi che non possono essere raggiunti proprio a causa dei modelli in vigore.

Gli ostacoli alla soddisfazione dei bisogni costituiscono delle frustrazioni, a cui l’individuo reagisce con comportamenti difensivi, quali il rafforzamento dell’autostima o, al contrario, l’aggressività o l’isolamento sociale.

 

IL CONFLITTO

Generalità

Il conflitto è determinato dalla presenza contemporanea, in un individuo, di due bisogni che premono per la loro soddisfazione, ma non possono raggiungere entrambe lo scopo desiderato, per cui risulta difficile operare una scelta fra esse.

 

Kurt Lewin, che ha elaborato la Teoria del campo, sostiene che il conflitto è determinato dall’azione di due forze di uguale intensità che premono sull’individuo.

Egli ha individuato tre tipi di conflitto:

1)conflitto attrazione - attrazione, quando le due forze sono entrambe di segno positivo, ossia inducono l’individuo ad adottare un comportamento di avvicinamento (come nel caso dell’individuo che ama due donne diverse);

2)conflitto repulsione - repulsione, quando le due forze hanno entrambe segno negativo, ossia spingono il soggetto ad un comportamento di allontanamento (ad esempio quando una persona è costretta a scegliere fra due lavori ugualmente spiacevoli);

3)conflitto attrazione - repulsione, quando le due forze sono di segno opposto (ad esempio il desiderio di mangiare e la paura di ingrassare). In quest’ultimo caso parliamo di ambivalenza.

Sentimenti ambivalenti (amore - odio per la madre; desiderio di avere un figlio e timore di poter essere un cattivo genitore; pigrizia e necessità di lavorare etc.) caratterizzano la nostra vita. Il terzo tipo di conflitto ipotizzato da Lewin è, generalmente, il più frequente.

 

Secondo Festinger, per affrontare il conflitto, occorre ristrutturare il proprio mondo conoscitivo, acquisendo nuove informazioni o modificando quelle già possedute, per ricercare una possibile soluzione. Per ridurre la dissonanza l’uomo può cercare di autoconvincersi, di autoingannarsi, di cambiare opinione, di scegliere le informazioni più convenienti o di rifiutare quelle che non gli convengono.

Altre volte l’individuo, anziché affrontare il conflitto nella realtà, si rifugia nella fantasia, effettuando una fuga in un mondo irreale, dove il conflitto è assente.

 

Secondo Lewin in presenza di un conflitto fra l’individuo e l’ambiente si determina una barriera o impedimento, che determina una frustrazione. Quando essa è negativa, il soggetto può effettuare una fuga a livello reale o fantastico (fuga nell’irrealtà).

 

Secondo Freud il conflitto nasce dalla contrapposizione tra forze interne incompatibili (ad esempio tra l’Io e l’Es o tra i desideri ambivalenti della fase edipica). Esso può essere manifesto (cosciente) o latente (inconscio). 

IL CONTRIBUTO DELLA SOCIOLOGIA

 

Il conflitto come fattore determinante della trasformazione della società

Le teorie del conflitto, che sono state esposte da diversi sociologi, considerano la società come un teatro di tensioni e di lotte fra le classi.

Secondo Marx la struttura di una società è caratterizzata dal predominio di alcune classi sulle altre. Tale predominio non viene conseguito in modo pacifico, bensì con l’imposizione del potere, ossia con inevitabili lotte di classe.

Secondo i sociologi i conflitti sociali possiedono una valenza positiva: infatti è solo grazie ad essi che si possono verificare cambiamenti e trasformazioni nella struttura della società.

I mutamenti sociali modificano il complesso sistema di status e ruoli, la gerarchia sociale, la scala dei valori, le norme e i modelli di comportamento. Ogni mutamento sociale nasca da una condizione di competitività, frustrazione e disorganizzazione; richiede  l’abbandono di norme sociali non più valide e la ricerca di norme nuove. Ogni spostamento nella gerarchia comporta costi psichici e sociali elevati, ma determina una riorganizzazione e, dunque, una crescita sociale.

 

Pertanto conflitti fra valori tradizionali e valori nuovi, tra status ereditati e status acquisiti, fra persone dominanti e sottomesse, sono funzionali alla trasformazione della società.

LA FRUSTRAZIONE

Generalità

La frustrazione è la situazione determinata dalla presenza di un ostacolo nella realizzazione dei desideri, che spinge l’individuo a riorganizzare il suo comportamento.

Un facile appagamento di tutti i bisogni può comportare un disadattamento, perché inevitabilmente, nel corso dell’esistenza, l’individuo incontrerà degli ostacoli e, nel frattempo, non avrà maturato alcuna strategia per affrontarli e superarli. Egli sperimenterà come inadeguati i vecchi modelli di comportamento, ma non saprà elaborare modelli nuovi e più efficaci.

Alcune frustrazioni sono determinate dall’ambiente; altre dalle incapacità individuali. L’impossibilità di raggiungere lo scopo può far sorgere sentimenti di fallimento.

A seconda della personalità del soggetto, dell’intensità del desiderio da realizzare o della natura dell’ostacolo, la frustrazione può determinare reazioni più o meno intense, che possono dar luogo a comportamenti adattivi o disadattivi.

Esempi di frustrazione sono: la mancanza di cibo per la persona affamata, una delusione amorosa, l’inabilità fisica (non avere l’altezza fisica richiesta per diventare fotomodella), non riuscire a procurarsi il biglietto per assistere a un concerto etc.

Comportamenti adattivi in risposta alle situazioni frustranti sono: affrontare l’ostacolo; chiedere consigli sul miglior modo per risolvere un problema; riflettere;  indirizzare i propri desideri su un oggetto raggiungibile; scegliere un’attività alternativa.

Comportamenti disadattivi sono: lo scoraggiamento; la sfiducia in sé e/o negli altri; la fuga nell’irrealtà, la depressione, l’isolamento, la fuga o la chiusura in se stessi.

Gran parte delle reazioni dell’adulto è determinata dalle frustrazioni subite nell’infanzia e dalla modalità reattiva allora adottata. Tra le reazioni immediate ricordiamo: il pianto, i “capricci”, la collera, le minacce, l’aggressività dislocata, la gelosia, l’egoismo, l’isolamento. Tra le reazioni differite vi sono le regressioni e i comportamenti immaturi, frequenti nei bambini gelosi per la nascita di un fratellino o di una sorellina.

Il test di frustrazione

Sia in psicologia clinica (per l’esame psicodiagnostico), sia in psicologia sociale (per lo studio degli atteggiamenti) si utilizza un test di personalità realizzato da Rosenzweig nel 1948 per valutare il modo di reagire alle frustrazioni e la direzione dell’aggressività del soggetto.

Il test comprende una serie di 24 vignette da completare, realizzate con la tecnica del fumetto, ognuna delle quali consiste in una scenetta fra due persone. Una di esse rappresenta una situazione frustrante. Il soggetto deve completare la scenetta.

Vi sono vari tipi di reazione alla frustrazione:

1)predominio dell’ostacolo, quando il soggetto si lascia annientare dalla frustrazione, rispondendo: “Oh, Dio!” , “E’ terribile.”

2)difesa del sé, quando il soggetto si giustifica: “oh, mi scusi”, “Non l’ho fatto apposta”.

3)concretezza, quando la persona vuole risolvere la situazione: “Porterò il vestito in lavanderia”, Comprerò un vaso nuovo”.

Le principali direzioni dell’aggressività sono:

1)contro gli altri: “Siete uno stupido”.

2)contro se stessi: “Sono proprio un deficiente”. 

3)non punitiva: “A tutto c’è rimedio”, “Non preoccupatevi”.