Lo sviluppo della personalità

La persona è la sintesi dell’individuo e della libertà (Louis Lavelle)

 

Il termine "persona" deriva dal latino e significa "maschera di attore"; esso, probabilmente, risale al greco prosopon ( volto), attraverso l’etrusco phersu e fa riferimento alla maschera che gli attori di teatro adattavano al volto e, per estensione, al ruolo che un individuo rappresenta, di volta in volta, nella società. Il concetto originario di maschera non sta ad indicare un oggetto che serve per nascondere, ma piuttosto un mezzo per rivelare la realtà occultata (nascosta).

LO SVILUPPO DELLA PERSONALITA'

 

La personalità non è altro che un errore che dura (M. JACOB).

 

La personalità è l'organizzazione dinamica delle caratteristiche psicologiche dell’individuo, che lo distinguono da qualsiasi altro. Quando parliamo di personalità, intendiamo riferirci essenzialmente alle caratteristiche psichiche su cui si costruisce l’identità personale: gli aspetti cognitivi (percezione, memoria, apprendimento, intelligenza e pensiero, creatività); affettivi (emozioni e setimenti); volitivi (interessi, preferenze e motivazioni).

 

Leggiamo alcune definizioni di personalità.

 

· “Ciò che permette di predire quello che una persona farà in una data situazione” (R. B.  CATTELL).

 

·  “La personalità è l’organizzazione dinamica nell’individuo di quei sistemi psicofisici che ne determinano il singolare adattamento all’ambiente” (G.W. ALLPORT).

 

·  “Insieme di caratteristiche psichiche e modalità di comportamento che, nella loro integrazione, costituiscono il nucleo irriducibile di un individuo che rimane tale nella molteplicità e diversità delle situazioni ambientali in cui si esprime e si trova a operare” (U. GALIMBERTI).

 

La storia di un individuo e le esperienze che compie, sia personali che comuni, sono il fondamento sul quale egli costruisce progressivamente la struttura unificata e riconoscibile della sua personalità, che lo rende l’individuo unico e diverso dagli altri.

La personalità si sviluppa durante tutto l’arco della vita, formandosi e consolidandosi  soprattutto con il superamento di alcune tappe caratteristiche e dei conseguenti momenti di passaggio dall’una all’altra, che costituiscono crisi di crescita.

Le caratteristiche di ciascuna tappa non si esauriscono all’improvviso per essere sostituite da nuove modalità di comportamento, ma sfumano progressivamente in forme sempre più mature ed adattive.

Lo sviluppo è una crescita continua della persona dalla nascita alla morte.

I numerosi fattori che variamente concorrono a strutturare la personalità interagiscono per tutto l’arco della vita. Oggi gli studiosi di scienze psicosociali tendono a considerare la personalità non come una struttura definitiva, che si consolida e si cristallizza alla fine dell’adolescenza, come si riteneva fino a pochi decenni fa, bensì come un processo che non ha fine, come una crescita continua che prosegue fino alla morte. La maturità e la vecchiaia sono rivalutate come le fasi della vita che offrono ulteriori possibilità di arricchimento, in cui si completa o si integra il proprio progetto di vita e in cui vengono privilegiati i momenti di riflessione e di arricchimento spirituale.

La prima infanzia

La prima fase dello sviluppo psicofisico è la prima infanzia, che va dalla nascita a tre anni. Il neonato della specie umana è, tra tutte le specie viventi,  quello che richiede un periodo di cure familiari più lungo e che raggiunge l’autonomia in un tempo più lungo fra tutte le specie animali.

Nel primo anno di vita egli necessita di cure materne per un armonico sviluppo e per costruire la sicurezza di base.

Quando la madre prende in braccio il bambino per allattarlo, pulirlo, farlo addormentare o calmare il suo pianto, non soddisfa soltanto i suoi bisogni fisiologici ma risponde anche al suo bisogno di sicurezza e di amore.

La prima crisi evolutiva è costituita dallo svezzamento, che deve essere graduale.

Progressivamente  acquista sempre maggior rilievo la figura del padre, che facilita il superamento della dipendenza del bambino dalla madre e favorisce il suo adattamento al mondo esterno.

Man mano che il bambino acquista la capacità di soddisfare personalmente i suoi bisogni, aumenta anche la sua autonomia; egli allarga i suoi orizzonti, arricchisce le sue esperienze e si esprime in modo sempre più  efficace dal punto di vista comunicativo e relazionale.

Il controllo sfinterico e la padronanza motoria aiuteranno il bambino a far da sé e ad autogestirsi.

Il controllo sfinterico è una tappa fondamentale della crescita psicofisica del bambino, il quale impara a controllare i suoi bisogni fisiologici (svuotare la vescica e l’intestino) nei tempi e nei luoghi opportuni, conformandosi alle richieste della madre. Esso può essere considerato come la prima forma di apprendimento di norme  sociali.

La padronanza motoria è la capacità di coordinare i  movimenti in sequenze globali finalizzate  al raggiungimento di uno scopo, evitando movimenti inutili e goffi. Essa comprende, nel primo anno di vita, la prensione (saper afferrare oggetti con le mani) e la locomozione (imparare a camminare).

 

La seconda crisi evolutiva, che si manifesta intorno ai due anni, è costituita dalla fase del no: il bambino sperimenta il piacere di opporsi ai genitori, rifiutandosi di soddisfare le loro richieste. I suoi no non vanno considerati semplici capricci: essi sono invece una manifestazione dell’esigenza di cercare da sé la soluzione dei problemi ed un tentativo di realizzarsi ed esprimersi in modo indipendente.

 

La  seconda infanzia

 

Dai tre ai sei anni le crisi evolutive si manifestano mediante i primi conflitti con i genitori: il bambino manifesta una certa aggressività verso il  genitore dello stesso sesso e un maggior attaccamento verso quello di sesso opposto, avvertendo comunque ambivalenza nei confronti di entrambi.

I genitori devono sapersi proporre entrambi come modelli positivi di riferimento, per consentire al bambino, attraverso l’identificazione e l’introiezione, di strutturare in modo armonioso la sua personalità.

 

La  fanciullezza

 

Dai sei agli undici anni il fanciullo deve acquistare una fiducia stabile nelle proprie capacità, stabilendo validi rapporti interpersonali con i coetanei e ricercando, anche al di fuori dell’ambiente domestico, nuovi modelli di riferimento. Nell’attività di gruppo e nei rapporti con i coetanei il fanciullo impara a conoscersi meglio mediante il confronto sociale; egli rafforza la sua immagine di sé. Nel gruppo dei pari egli acquisisce un ruolo specifico, apprendendo nuove modalità di comportamento.

 

La  preadolescenza

 

Dagli undici ai tredici anni cresce il bisogno di autonomia. Il preadolescente cerca di sganciarsi dal mondo degli adulti preferendo i coetanei;  inoltre preferisce pochi rapporti stretti (amicizie intime) alla vita di gruppo.

Generalmente il preadolescente tende ad evitare i rapporti con i coetanei dell’altro sesso, a causa dei primi disagi dovuti al risveglio della sessualità, alle trasformazioni fisiche, alla ristrutturazione dell’identità personale. Nel coetaneo dello stesso sesso il preadolescente ricerca se stesso.

 

L’adolescenza

 

I mutamenti fisici,  fisiologici e psicologici costringono l’adolescente a modificare e ristrutturare la sua immagine di sé e il suo schema corporeo. Nello stesso tempo, pressato da tante richieste sociali (la conquista dell’indipendenza, la preparazione scolastica, la modificazione dei rapporti sia con gli adulti che con i coetanei, l’adattamento sessuale, la scelta scolastica e professionale), egli vive uno stato di oscillazione perenne tra indipendenza e sottomissione, cercando di superare la dipendenza emotiva dai genitori e compiendo molte operazioni di adattamento.

Le principali difficoltà dell’adolescente dipendono dalle aspettative sociali: egli si sente spesso insicuro e vorrebbe fare affidamento sugli adulti proprio nelle occasioni in cui la famiglia, la scuola e la società si aspettano da lui un comportamento maturo; in altri momenti non si sente più un bambino e vorrebbe assaporare la sua indipendenza in occasioni, come ad esempio le uscite serali, in cui viene ancora considerato immaturo. In questa incertezza gli adulti sono spesso incoerenti nei confronti dell’adolescente, il quale è costretto a vivere un doppio ruolo: quello di chi “non è più bambino” e di chi “non è ancora adulto”.

 

Età adulta e invecchiamento

La ricerca dell’identità non si conclude con la fine dell’adolescenza: la crescita psicologica di una persona prosegue per tutta la vita.

L’adulto deve confrontare la realtà con i desideri espressi nelle fasi precedenti; definire la propria identità e portare a termine il proprio progetto di vita.

Nella maturità si fa un bilancio della propria vita e si valutano le ulteriori possibilità di realizzazione di sé; si coltivano interessi sociali, culturali e spirituali, si tiene attiva la mente.

L’invecchiamento è un processo naturale del ciclo di crescita e di sviluppo. Esso corrisponde all’età del pensionamento, uno degli eventi più significativi della vita, a cui si può reagire in modo diverso, in base alla propria storia personale, all’influenza del proprio gruppo e alle aspettative sociali.

Lo studio della persona umana si rivela estremamente complesso: occorre studiare sia i fattori individuali che quelli sociali, i quali si influenzano reciprocamente e difficilmente possono essere individuati e distinti fra loro; per comprendere il comportamento occorre scoprirne le motivazioni, di cui spesso l’individuo non è consapevole; inoltre occorre conoscere le interazioni del soggetto con gli altri e indagare sull’influenza della cultura e dell’ambiente in cui vive.