Esperimenti di psicologia sociale

IL CONFORMISMO

La ricerca sperimentale

Lo psicologo sociale Solomon Asch effettuò un esperimento in cui chiedeva ad alcuni volontari di effettuare un confronto di lunghezza fra bastoncini. A sinistra vediamo una delle situazione-stimolo proposte: al soggetto veniva chiesto di indicare quale, fra i bastoncini della figura B fosse uguale ad A.                  

Dei sette soggetti sei erano stati istruiti a fornire una risposta errata. Il penultimo soggetto era convinto di trovarsi fra persone disinteressate come lui. Una percentuale significativa di persone fornì la risposta errata, dopo aver sentito gli altri prima di lui fornire anch’essi un’indicazione chiaramente inesatta.

Le persone che mantennero la loro opinione nonostante le pressioni marcate del gruppo ammisero di aver provato un profondo disagio nel doversi opporre alla maggioranza.

Grazie ai suoi esperimenti Asch dimostrò che nessun individuo riesce facilmente a trascurare l’opinione della maggioranza: la paura della disapprovazione può incrinare la fiducia in sé e spingere al conformismo.

 

A sinistra c'è l'immagine utilizzata da Asch.

A destra vediamo la fotografia di un tipico esperimento compiuto da Milgram

MILGRAM - L'obbedienza all'autorità

 

Nel 1965 il sociologo Stanley Milgram eseguì numerosi esperimenti per indagare sui fattori che determinano la sottomissione dell’individuo all’autorità. Convocò alcuni volontari spiegando loro che dovevano collaborare ad un esperimento sull’apprendimento e sull'efficacia delle punizioni. Tutti i volontari (ignari del vero scopo della ricerca) avevano il ruolo di maestri, incaricati di punire gli allievi (che in realtà erano collaboratori dei ricercatori) somministrando loro delle scariche elettriche ad intensità progressiva ad ogni errore. Il volontario era collocato di fronte ad un apparecchio con una serie di pulsanti in grado di produrre scariche elettriche da 15 a 450 volt. Accanto al volontario vi erano i collaboratori dello sperimentatore, che avevano il compito di vincere le sue resistenze e spronarlo a proseguire l’esperimento, nonostante dall'altra parte della parete essi sentissero l'allievo gemeer; gli ricordavano l'impegno preso e l'importanza dell'esperimento ai fino del progresso scientifico.

Due terzi dei volontari somministrarono scariche sempre pià forti, ignari del fatto che si trattasse di una simulazione. Solo una persona su tre resistette alle insistenze dei ricercatori. I reali risultati dell'esperimento sollevarono vivaci dibattiti sull'influenza che l'autorità riveste sulla maggior parte di noi.

Esperimento di Zimbardo

Secondo lo psicologo Zimbardo persone considerate umane e controllate possono diventare disumane se la loro condizione prevede l’esercizio del potere.

Per verificare la sua ipotesi, nel 1973 egli compì un notissimo esperimento all’interno della Stanford University, una prigione simulata e chiese la collaborazione di alcuni volontari che assumevano, a caso (mediante un sorteggio), il ruolo di carcerieri o prigionieri. Tutti i volontari, dietro promessa di un compenso,  accettarono l’incarico. Zimbardo e i suoi collaboratori curarono attentamente la scenografia e i costumi.

I secondini indossavano uniformi simili a quelle dei militari, portavano occhiali ed erano muniti di chiavi, manganelli e fischietti.

I prigionieri indossavano dei camicioni con un numero di riconoscimento; avevano il capo coperto da un sacchetto di carta e le caviglie legate con catene. 

Gli uni e gli altri, ben presto, dimentichi della simulazione, si calarono perfettamente nella parte. In particolare il comportamento dei secondini fu brutale ed offensivo. Compivano violenze assolutamente non richieste dagli sperimentatori e finirono per non riuscire più a controllare la loro aggressività. Per questo motivo l’esperimento fu sospeso prima del previsto.

L’ipotesi di Zimbardo fu confermata: sono le esigenze dell’istituzione e le aspettative del ruolo di guardia carceraria a indurre i secondini a mostrarsi violenti e ad abusare del potere. Inoltre, essendo muniti di occhiali e avendo a che fare con prigionieri mascherati, gli uni e gli altri non erano riconoscibili, per cui era come se nessuno di loro avesse più un’identità personale.

Ma gli esiti dell’esperimento andarono ben oltre le aspettative: le guardie accettarono di lavorare gratis e abusarono del loro potere al punto che i prigionieri chiesero di terminare l’esperimento, addirittura pagando purché li lasciassero liberi. Alla fine dell’esperimento coloro che avevano avuto il ruolo di guardie rimasero sconvolti per ciò che avevano fatto.

A sinistra i prigionieri dell'esperimento. A destra la fotografia di un carceriere.