CRITICA DELLA RAGION PURA
Articolazione della conoscenza
Kant articola la conoscenza in tre facoltà principali: “Ogni nostra conoscenza scaturisce dai sensi, da qui va all’intelletto per finire nella ragione”.
La sensibilità è una facoltà non produttiva, ma ricettiva ed immediata; con la sensibilità gli oggetti ci sono dati intuitivamente attraverso i sensi e tramite le forme a priori (spazio e tempo).
L’intelletto (in senso stretto) è una facoltà attiva e discorsiva, che elabora gli oggetti ricevuti dalla sensibilità; con l’intelletto pensiamo i dati sensibili tramite i concetti puri (categorie).
La ragione (in senso stretto) è la facoltà mediante la quale, procedendo oltre l’esperienza, cerchiamo di spiegare globalmente la realtà mediante le tre idee di anima, mondo e Dio. Poiché essi non sono oggetto di esperienza, ad essi non si possono applicare le categorie, che hanno valore solo nel mondo fenomenico.
La ragione (in senso lato) è per Kant la facoltà conoscitiva in generale. La ragion pura è la facoltà che contiene i princìpi per pensare qualcosa prettamente a priori. Indipendentemente dall’esperienza, essa intende rivolgersi ai problemi della metafisica.
Sulla ripartizione della facoltà conoscitiva dell’uomo (la ragione in senso lato) è basata la divisione della Critica della Ragion Pura. Essa si divide in due parti:
L’Estetica trascendentale studia la sensibilità e le sue forme a priori (spazio e tempo) su cui si fonda la matematica.
La Logica trascendentale si sdoppia in:
Analitica trascendentale, che studia l’intelletto e le sue forme a priori (le 12 categorie), su cui si fonda la fisica;
Dialettica trascendentale, che studia la ragione e le sue tre idee (anima, mondo e Dio), su cui si fonda la metafisica.
Fenomeno e noùmeno
Fondamentale nella gnoseologia di Kant è la distinzione tra fenomeno e noùmeno.
Il fenomeno è la realtà quale ci appare attraverso le forme a priori. Non è apparenza illusoria: il fenomeno è un oggetto che diventa reale soltanto nel rapporto con il soggetto conoscente.
Il noùmeno è l’oggetto reale, indipendentemente da noi e dalle forme a priori. Il noùmeno è la cosa in sé: esiste, ma è inconoscibile.
ESTETICA TRASCENDENTALE
L’Estetica, intesa nel senso etimologico greco, significa “dottrina della sensibilità”. Nell’Estetica trascendentale Kant studia la sensibilità e le sue forme a priori. Kant considera la sensibilità “recettiva” perché essa non genera i propri contenuti, ma li accoglie per intuizione dalla realtà esterna o interna. Kant distingue fra sensibilità, intuizione e fenomeno.
La sensibilità è la facoltà di ricevere le sensazioni e di essere modificati dagli oggetti.
L’intuizione è la conoscenza immediata dei fenomeni (intuizione empirica).
Il fenomeno è l’oggetto come appare nella conoscenza sensibile. Materia del fenomeno sono le sensazioni che, in quanto modificazioni prodotte in noi dall’oggetto, sono a posteriori; forma del fenomeno è il modo di funzionare della nostra sensibilità, che ordina i molteplici dati sensoriali in determinati rapporti. Poiché non viene dalle sensazioni e dall’esperienza, è a priori.
Tuttavia la sensibilità non è soltanto recettiva, ma è anche attiva, in quanto organizza il materiale delle sensazioni (=intuizioni empiriche) tramite lo spazio e il tempo, che costituiscono le forme a priori (=intuizioni pure) della sensibilità.
Kant distingue dunque l’intuizione empirica, ossia la conoscenza sensibile in cui sono concretamente presenti le sensazioni e l’intuizione pura, ossia la forma della sensibilità, a prescindere dalla materia le concrete sensazioni).
Lo spazio e il tempo
Lo spazio è la forma del senso esterno, è una rappresentazione a priori, necessaria, che sta a fondamento di tutte le intuizioni empiriche esterne: grazie allo spazio noi ci rappresentiamo le cose “l’una accanto all’altra”.
Il tempo è la forma del senso interno, è una rappresentazione a priori, necessaria, che sta a fondamento di tutte le intuizioni interne (gli stati interiori); grazie al tempo noi ci rappresentiamo gli eventi “l’uno dopo l’altro” (in successione).
Poiché unicamente attraverso il nostro senso interno ci giungono i dati del senso esterno, indirettamente il tempo si configura come la maniera universale attraverso la quale percepiamo tutti gli oggetti.
Non tutti gli oggetti sono nello spazio, ma tutti i fenomeni sono nel tempo. Spazio e tempo sono forme a priori. Kant contesta le teorie degli empiristi e di Newton.
Contro gli empiristi Kant sostiene che spazio e tempo sono rappresentazioni mentali che non possono essere “a posteriori”, in quanto non derivano dall’esperienza: esse sono “a priori”, ossia sono la condizione perché si verifichi l’esperienza.
Contro Newton, il quale aveva sostenuto che spazio e tempo sono entità assolute, aventi esistenza oggettiva, al di fuori del soggetto, intesi come contenitori vuoti all’interno dei quali si dispongono i fenomeni, Kant sostiene che se spazio e tempo fossero davvero dei contenitori vuoti, essi dovrebbero esistere anche se non vi fossero assolutamente degli oggetti. Ma è impossibile concepire qualcosa che è reale nonostante non vi siano oggetti reali. Se uno spazio e un tempo, che normalmente contengono degli oggetti, all’improvviso ne venissero privati, si dissolverebbero.
Dunque spazio e tempo sono rappresentazioni immediate, sono intuizioni pure, non concetti, né realtà in sé.
La fondazione kantiana della matematica
Siamo ora in grado di comprendere quali siano i fondamenti della geometria e dell’aritmetica e di rispondere alla domanda: “Come è possibile una matematica pura?”. La geometria e l’aritmetica si fondano non sul contenuto della conoscenza, ma sulla forma, ossia sull’intuizione pura dello spazio e del tempo; pertanto hanno universalità e necessità assolute, perché lo spazio e il tempo sono strutture del soggetto e non dell’oggetto e sono a priori.
I postulati e i teoremi della geometria sono giudizi sintetici a priori, in quanto dipendono dall’intuizione a priori dello spazio.
L’aritmetica, invece, per Kant si fonda sul tempo: sommare, sottrarre, moltiplicare e dividere sono operazioni che si verificano nel tempo, in quanto successioni di azioni. L’aritmetica è la scienza che determina sinteticamente a priori le proprietà delle serie numeriche, basandosi sull’intuizione pura di tempo, che è a priori. Pertanto aritmetica e geometria sono scienze sintetiche a priori, basate sulle intuizioni di spazio e tempo, che ne garantiscono l’universalità e la necessità.
LA LOGICA TRASCENDENTALE
Dall’Estetica all’Analitica
Spazio e tempo, quali forme a priori della sensibilità, rendono possibili i giudizi sintetici a priori della matematica. Essi però non sono sufficienti a spiegare i giudizi sintetici a priori della fisica, in cui i dati vengono collegati in vario modo, attraverso una serie di rapporti universali e necessari, che vanno ben oltre i semplici rapporti spaziali e temporali: le leggi della fisica si spiegano in base al rapporto di causa ed effetto, alle relazioni tra i fenomeni, alle qualità legate a determinate sostanze ecc.
Inoltre le sensazioni, ordinate dal soggetto nello spazio e nel tempo, non costituiscono ancora un giudizio; per diventarlo le diverse intuizioni empiriche devono essere strutturate ed organizzate in proposizioni, ciascuna delle quali comprende un soggetto ed un predicato.
La logica è la scienza del pensiero discorsivo, cioè della conoscenza non intuitiva (sensibile), ma mediata, che avviene per concetti.
Il concetto empirico è costruito con i materiali ricavati dall’esperienza e unifica il molteplice, ordinando rappresentazioni diverse sotto una rappresentazione unica, comune a tutte.
I concetti puri non sono dei veri concetti, ma sono delle forme concettuali, ossia le supreme funzioni unificatrici dell’intelletto. Essi sono dei modi di collegamento aventi carattere universale. I concetti puri sono le categorie.
Le proposizioni, infine, devono essere collegate fra loro per formare un discorso.
SENSIBILITÀ ED INTELLETTO
La sensibilità e l’intelletto sono indispensabili alla conoscenza.
Le sensazioni forniscono la prima forma di conoscenza immediata (intuizione). L’intuizione ha una funzione discriminante, ossia costituisce la base per conoscere il molteplice, permettendoci di distinguere un individuo da un altro (molteplice e particolare).
L’intelletto ha una funzione raggruppante, ossia elabora il molteplice unificandolo; confronta le molteplici apparenze ed elabora il concetto; mette in relazione i concetti fra loro formulando i giudizi e le proposizioni.
L’attività principale dell’intelletto non è il concetto, bensì il giudizio, che è appunto la sintesi operata dall’intelletto. Per Kant “sintesi” è l’atto di unire diverse rappresentazioni e comprendere la loro molteplicità in una conoscenza.
Il pensiero consiste nell’attività dell’intelletto, che elabora le intuizioni sensibili, ossia le ordina mediante le forme a priori (categorie).
Il giudizio è l’atto con cui affermiamo o neghiamo qualcosa di qualcos’altro; è la forma più elementare di conoscenza, che ci fa conoscere direttamente il nesso fra soggetto e predicato. Vero e falso nascono col giudizio.
Per Kant pensare = giudicare. Pertanto l’analisi del pensiero deve partire dall’analisi del giudizio. Il giudizio consiste nell’attribuire un predicato a un soggetto.
La logica trascendentale è per Kant lo studio delle conoscenze a priori che sono proprie dell’intelletto (Analitica) e della ragione (Dialettica). La logica trascendentale ha il compito di determinare l’origine, l’estensione e la validità oggettiva della conoscenza intellettiva e di quella razionale.
LE CATEGORIE
Per Aristotele le Categorie hanno sia un valore ontologico (sono i significati fondamentali dell’essere e sono leges entis), sia un valore gnoseologico (sono le forme del pensiero, concetti universalissimi che abbracciano tutti gli altri concetti, ossia sono leges mentis). Le categorie aristoteliche sono sia modi di essere della realtà, sia le forme fondamentali del pensiero: sostanza e accidenti (quantità, qualità, relazione, luogo, spazio, tempo, stato, proprietà, azione e passione). Per Kant le categorie hanno un valore esclusivamente gnoseologico – trascendentale: esse rappresentano i modi di funzionare dell’intelletto (leges mentis) e valgono per il fenomeno e non per il noùmeno.
Kant rimprovera ad Aristotele di aver elaborato un elenco casuale e frammentario delle categorie, che non vengono dedotte rigorosamente secondo un principio sistematico comune: egli avrebbe dovuto ricavare le categorie dai giudizi. Kant ritiene la logica aristotelica perfetta per quanto riguarda la tavola dei giudizi e li riprende ricavando da essi, rigorosamente, le sue dodici categorie.
La logica formale aveva distinto 12 forme di giudizio, a cui Kant fa corrispondere 12 categorie.
Per formulare un giudizio dobbiamo ricorrere alle categorie; infatti per attribuire un predicato a un soggetto possiamo riferirci alla quantità (parliamo di una, poche o tutte le cose); alla qualità (diciamo che la cosa è reale o non lo è, oppure che non è una certa realtà); stabiliamo le relazioni tra le cose (attribuzione di proprietà; rapporto causa-effetto; reciprocità fra esse); infine esprimiamo la modalità (ossia il valore di tale conoscenza): diciamo che una cosa è possibile o impossibile; che esiste o non esiste; che può esistere per caso o deve esistere necessariamente.
Occorre ora dimostrare la validità delle categorie. Poiché, secondo la rivoluzione copernicana, il fondamento della conoscenza è nel Soggetto e non nell’oggetto, l’esperienza organizzata dal soggetto conoscente non è frammentaria e caotica come sono caotici e disorganizzati i fenomeno del mondo intorno a noi, ma è unitaria e coerente. Il lavoro di unificazione è compiuto dall’intelletto, che organizza le conoscenze unificando le molteplici esperienze della sensibilità mediante le categorie; ma occorre un’attività superiore a quella delle categorie, che obblighi tutte le rappresentazioni a unificarsi in un’area governata dalle categorie.
L’Io penso è la precondizione indispensabile al lavoro delle categorie. Esso è la coscienza in generale, che organizza tutti i pensieri di tutte le coscienze particolari. Esso è la garanzia della razionalità dell’esperienza. Esso è uguale in tutti gli uomini: pur essendo soggettivo, diverso per ogni soggetto, garantisce l’uniformità delle esperienze di ogni soggetto. Senza l’Io penso e le categorie il pensiero di ogni uomo sarebbe soggettivo. Esso è il sole dell’universo conoscitivo di Kant.
Poiché l’Io è il fondamento della razionalità dell’esperienza, esso è il legislatore della natura, che garantisce l’universalità del sapere.
Lo schema trascendentale
Resta il problema di collegare i dati della sensibilità (intuizioni) con i concetti dell’intelletto, ma intuizioni e concetti sono eterogenei fra loro. Com’è possibile applicare le categorie ai fenomeni? Occorre un elemento di collegamento, che sia omogeneo sia con il fenomeno che con la categoria. Per rappresentarci in modo intuitivo un concetto, lo inseriamo in uno schema temporale. Si tratta dello schema trascendentale, cioè la rappresentazione intuitiva di un concetto, che è come un ponte tra sensibilità e intelletto. L’immaginazione rielabora i dati sensibili e forma degli schemi che sono ancora legati al sensibile, ma non si riferiscono più ad un dato preciso ed appartengono già al concetto.
Nell’ Estetica trascendentale Kant aveva affermato che il TEMPO è la forma dell’intuizione, che collega tutte le rappresentazioni sensibili. Esso è omogeneo con i fenomeni, in quanto è intuizione pura; è omogeneo verso le categorie, in quanto è una forma a priori. Lo schema trascendentale è dunque la categoria tradotta in linguaggio temporale.
Ad esempio lo schema della categoria della causalità è la successione nel tempo; quello della sostanza richiede la permanenza nel tempo; lo schema della categoria della necessità è l’esistenza in ogni tempo.
Lo schema trascendentale è prodotto dall’immaginazione trascendentale, una facoltà intermedia fra sensibilità e intelletto, che produce gli “schemi” riguardanti i fenomeni, ossia ha il potere di predisporre un determinato schema per ogni categoria, ossia di produrre a priori le rappresentazioni dell’intuizione sensibile.
Grazie allo schematismo, il soggetto non si trova davanti un complesso di enti eterogenei, ma una natura che egli stesso ordina: “L’ordine e la regolarità dei fenomeni, che noi chiamiamo natura, siamo noi stessi a introdurli".
I princìpi fondamentali della fisica
Le categorie più importanti sono quelle della sostanzialità e della causalità, che costituiscono il fondamento della fisica pura. Da esse si ricava l’esistenza di leggi naturali, che regolano in modo rigoroso il mondo dell’esperienza, in quanto elaborato dall’intelletto. Si tratta di leggi assai importanti, che aggiungono qualcosa di nuovo ai semplici rapporti matematici: affermando, ad es., che un fenomeno è causa di un altro, dico molto di più che non affermare che i due fenomeni sono vicini nello spazio e nel tempo.
Il fondamento delle leggi fisiche è di tipo trascendentale (esperienza + forme a priori); pertanto è capace di garantire la validità delle scienze fisiche, purché ci si limiti al mondo fenomenico: l’applicazione delle categorie agli oggetti offerti dalla sensibilità permette di qualificarli riguardo alla loro quantità e alla loro natura; inoltre permette di stabilire i rapporti fra essi e di esprimere il valore di tale conoscenza. Sulle categorie è dunque fondata la scienza, che non può prescindere da esse.
Nell’ultima parte dell’Analitica Kant individua tutti i princìpi su cui si fonda la fisica, intesa come la scienza della natura. Se la NATURA è l’ordine e la connessione dei fenomeni, essa può essere conosciuta in modo universale e necessario, in quanto tale ordine deriva dal Soggetto. Kant deriva dalle categorie questi princìpi, che chiama PRINCIPI SINTETICI DELL’INTELLETTO. Essi sono le proposizioni fondamentali a priori, connessi con i 4 gruppi di categorie. I princìpi più importanti della fisica sono le analogie dell’esperienza, ossia le regole generali della natura; esse corrispondono alle categorie della relazione:
sostanza: anche se cambiano i fenomeni, la sostanza permane;
causa: tutti i cambiamenti accadono secondo la legge di causa ed effetto;
relazione: tutte le sostanze, potendo essere percepite simultaneamente nello spazio, agiscono tra loro in modo reciproco.
Vediamo in che modo agiscono questi princìpi della fisica. Ad esempio, in presenza di un evento, sappiamo a priori che esso deve avere una causa, pur non sapendo quale essa sia e la ricerchiamo nell’esperienza.
Le categorie funzionano solo in rapporto all’esperienza, ossia alle intuizioni spazio-temporali. Considerate per sé, prive di contenuto, sono vuote. Esse sono operanti soltanto in relazione al fenomeno. Il FENOMENO è l’oggetto proprio della conoscenza umana, che risulta sempre dalla sintesi di un elemento materiale e di uno formale. Di conseguenza la conoscenza non può estendersi oltre l’esperienza. Ogni conoscenza che si riferisca ad un’esperienza possibile non è conoscenza, ma un vuoto pensiero. Ma la realtà non si riduce al fenomeno: se c’è un PER-NOI ci deve essere anche un IN-SE’. Ma poiché la cosa in sé non può diventare oggetto di un’esperienza possibile, il NOUMENO (pensabile, ma non conoscibile) non può mai entrare in rapporto conoscitivo con noi.
LA DIALETTICA TRASCENDENTALE
Dialettica è l’attività della ragione che, oltrepassando l’esperienza, pretende di conoscere la metafisica nel tentativo di unificare in un tutto armonico le conoscenze parziali dell’intelletto e, nella sua illusione, cade in ragionamenti contraddittori. Dialettica trascendentale è l’analisi e lo smascheramento dei ragionamenti fallaci della metafisica.
La ragione – La dialettica si occupa della ragione in senso stretto e analizza il bisogno di giungere a conoscenze complete e definitive in ogni settore dell’esperienza. La ragione è spinta ad uscire dai limiti dell’esperienza, per organizzare in un sistema unico tutti i concetti elaborati dall’intelletto. La ragione presenta un’esigenza naturale e inevitabile, ossia è portata a pensare senza dati. Essendo inappagata dal mondo fenomenico, essa è attratta verso l’Assoluto e tenta di fornire una spiegazione globale di ciò che esiste.
Le idee – I concetti dei quali la ragione si serve sono detti idee; esse si differenziano dai concetti elaborati dall’intelletto, i quali sono riferiti agli oggetti dell’esperienza, ossia al mondo fenomenico, mentre le idee sono dei concetti che si riferiscono al noùmeno. Ma il noùmeno sfugge fatalmente a qualsiasi determinazione diretta ed ecco che la ragione tenta di risolvere il problema concependo il noùmeno come l’esperienza nella sua compiuta e perfetta totalità. Neanche quest’ultimo è però sperimentabile e quindi è del tutto impossibile trovare alcun contenuto da far corrispondere alle idee. Pertanto le idee sono soltanto delle esigenze della ragione: esse appaiono necessarie ma sono prive di contenuto.
Le idee della metafisica – Le idee della metafisica sono concetti a cui non corrisponde alcun oggetti nella realtà sensibile. La ragione è attratta verso l’Assoluto e tenta di fornire una spiegazione globale della realtgà. In particolare la ragione è portata a unificare:
a)i dati del senso interno mediante l’idea di anima, ossia l’idea della totalità assoluta dei fenomeni interni;
b)i dati del senso esterno mediante l’idea di mondo, ossia l’idea della totalità assoluta dei fenomeni esterni;
c)tutti i dati sia interni che esterni di cui dispone mediante l’idea di Dio, ossia l’idea della totalità di tutte le totalità e il fondamento di tutto ciò che esiste.
L’errore della metafisica consiste nel trasformare queste esigenze di unificazione dell’esperienza in altrettante realtà, dimenticando che noi non abbiamo mai a che fare con la cosa in sé, ma solo con la realtà fenomenica.
Per dimostrare l’infondatezza della metafisica, Kant considera le tre pretese scienze che la costituiscono:
1)la psicologia razionale, che studia l’anima;
2)la cosmologia razionale, che indaga sul mondo;
3)la teologia, che specula su Dio.
CRITICA DELLA PSICOLOGIA RAZIONALE
Con l’idea dell’anima noi cerchiamo una conoscenza completa e perfetta dell’esperienza interiore. Essa mira a trovare quel principio incondizionato, ossia un Soggetto assoluto da cui deriverebbero tutti i fenomeni psichici interni. Ma la ragione commette un paralogismo (sillogismo difettoso) quando parte dall’Io penso o dalla coscienza per trasformarla in una sostanza spirituale e immortale.
Kant individua la fonte dell’errore nell’aver applicato la categoria di sostanza non ai dati dell’intuizione (i soli a cui possiamo applicare le categorie) ma all’Io penso, che è la condizione fondamentale della nostra conoscenza, ma non è oggetto diretto di esperienza. Se l’Io penso è il Soggetto delle categorie, non può anche essere oggetto di esse.
In realtà, conclude Kant, noi non possiamo conoscere l’Io in sé (noùmeno). La psicologia come scienza ha per Kant soltanto un valore empirico e non può insegnarci nulla che vada oltre la semplice esperienza.
CRITICA DELLA COSMOLOGIA RAZIONALE
Il mondo è studiato dalla cosmologia razionale che pretende di riuscire a spiegare il cosmo nella sua totalità, unificando tutti i dati provenienti dai sensi esterni.
L'idea di mondo, inteso come totalità, di cui cerchiamo una conoscenza valida e certa per costruire una scienza universale, non può essere oggetto di conoscenza perché è impossibile avere un'esperienza di tutti i fenomeni, ma è possibile conoscere soltanto alcuni fenomeni isolati, su cui si possono fondare le scienze naturali e fisiche (analitica trascendentale).
La filosofia prima di Kant ha preteso di studiare il mondo considerato come entità globale, ha sostenuto tutto e il contrario di tutto contraddicendosi.
Nella storia della filosofia Kant individua quattro antinomie fondamentali, di cui due matematiche e due dinamiche:
Prima antinomia (matematica, che fa riferimento alla categoria della qualità)
Tesi: il mondo ha un inizio nel tempo e nello spazio, finito..
Antitesi: Il mondo è non ha avuto un inizio temporale (è infinito) ed è illimitato nello spazio.
Seconda antinomia (matematica, che fa riferimento alla categoria della quantità)
Tesi: ciascuna cosa è composta da parti semplici, che sono a loro volta divisibili in altre parti semplici.
Antitesi: non esiste nulla di semplice, ogni cosa è complessa.
Terza antinomia (dinamica, con riferimento alla categoria della relazione)
Tesi: La causalità secondo le leggi della natura non è la sola da cui possono essere derivati tutti i fenomeni del mondo. È necessario ammettere per la spiegazione di essi anche una causalità per la libertà.
Antitesi: Nel mondo non c'è nessuna libertà, ma tutto accade unicamente secondo leggi della natura.
Quarta antinomia (dinamica, riferita alla categoria della modalità)
Tesi: esiste un essere necessario che è causa del mondo.
Antitesi: non esiste alcun essere necessario, né nel mondo né fuori dal mondo, che ne sia la causa..
Quando la metafisica tenta di spiegare il mondo, la ragione cade in contraddizione con se stessa finendo in un'antinomia, ossia portando avanti due ragionamenti entrambi egualmente sostenibili dal punto di vista razionale, ma opposti tra di loro; tra le due antinomie è impossibile operare una scelta poiché manca un criterio valido.
Dunque la cosmologia razionale porta la ragiona a contraddirsi e non conduce ad alcuna conoscenza certa e valida.
CRITICA DELLA TEOLOGIA
Secondo Kant l’idea di Dio non può essere dimostrata né possibile né impossibile, ma senza tale idea la ragione rimane insoddisfatta. La critica della teologia razionale consiste nell’analisi delle principali prove dell’esistenza di Dio che sono state formulate nel corso della storia del pensiero. Esse possono essere ridotte alle seguenti tre:
1)prova ontologica (S.Anselmo, Cartesio): l’idea di Dio, cioè di un Essere perfettissimo, implica necessariamente la sua esistenza. Infatti un Essere perfettissimo che non esistesse non sarebbe perfettissimo, essendo privo di una perfezione, ossia l’esistenza. Già S.Tommaso aveva criticato la prova ontologica di S.Anselmo, sostenendo che essa richiede un passaggio indebito dal piano del pensiero a quello della realtà. A questa argomentazione Kant aggiunge che l’esistenza di Dio è uno stato di fatto, non una perfezione; pertanto Dio non perde alcuna perfezione se è considerato non esistente; ma noi non possiamo attribuire l’esistenza, che è un dato di fatto, che può essere affermato soltanto nell’ordine empirico (per i fenomeni) a un noumeno.
2)prova cosmologica (S.Tommaso): ogni cosa esistente è contingente, ossia ha in un altro la propria ragion d’essere. Si deve quindi risalire a un Essere necessario, che abbia in se stesso la propria ragion d’essere. La realtà concreta, che è contingente (non necessaria) partecipa dell’esistenza, in quanto vi è un Essere che è necessario per sua natura e che è la causa dell’esistenza degli altri esseri. Per Kant la prova non ha fondamento scientifico: dall’esistenza del mondo contingente non si può dedurre l’esistenza di un essere necessario. Questo procedimento si basa sul principio di causa e procede dall’effetto (il mondo contingente) alla causa (l’essere necessario), ma il principio di causa è una categoria valida soltanto per il mondo dell’esperienza, ma Dio non è oggetto d’esperienza.
3)prova fisico-teleologica (S.Tommaso): è la più antica e la più chiara di tutte le prove. Essa sostiene che nel mondo esistono ordine ed armonia. Deve pertanto esistere una mente ordinatrice. Gli illuministi sostenevano che se c’è un orologio deve esservi un orologiaio. Per Kant, seguendo questo procedimento, al massimo possiamo arrivare all’esistenza di un ordinatore, ma ordinatore non è creatore. Inoltre questa prova procede dall’esperienza del mondo all’idea di una causa ordinatrice, ma sappiamo che non è possibile applicare la categoria di causa a un contenuto che va oltre l’esperienza.
VALORE REGOLATIVO DELLE IDEE DELLA METAFISICA
Le tre idee della ragion pura non possono avere un uso costitutivo perché non servono a conoscere alcun oggetto possibile. Esse possono e devono avere, però, un uso regolativo: esse indirizzano la ricerca intellettuale verso l’unità e la globalità.
Le idee cessano di valere come realtà ed acquistano un valore problematico: esse sono le condizioni che impegnano l’uomo nella ricerca naturale..
L’indagine kantiana sembra chiudersi con un bilancio negativo. In realtà con la Critica della Ragion pura la matematica e la fisica risultano scientificamente fondate. In quanto alla metafisica, essa è negata a titolo di scienza, ma è legittimata come tendenza naturale dello spirito umano.
BIBLIOGRAFIA
I. KANT - Critica della Ragion Pura, Bari, Laterza, 2005.
I. KANT - Prolegomeni ad ogni futura metafisica che si presenti come scienza, Bari, Laterza, 2006.