GALILEO GALILEI
L'autonomia della scienza
Galilei difende l'autonomia della scienza: intuisce che la battaglia per la libertà della scienza è una necessità storica di primaria importanza. Da ciò la lotta all'autorità religiosa (la Chiesa) e alla tradizione culturale (gli aristotelici).
La Controriforma aveva stabilito che ogni forma di sapere dovesse essere in armonia con la Sacra Scrittura: la Bibbia, essendo stata scritta sotto ispirazione dello Spirito Santo, non poteva che essere vera in tutte le sue affermazioni.
Galilei, scienziato e uomo di fede, pensa che tale posizione ostacoli il libero sviluppo del sapere, danneggiando la stessa religione che non deve rimanere ancorata a tesi scientificamente false, squalificandosi agli occhi dei credenti.
Nelle Lettere copernicane Galilei affronta il problema dei rapporti tra scienza e fede.
La natura, oggetto della scienza e la Bibbia, base della religione, derivano entrambe da Dio. Come tali, esse non possono contraddirsi tra loro. EventUali contrasti tra verità scientifica e verità religiosa sono soltanto apparenti e vengono risolti rivedendo l'interpretazione della Bibbia.
Le sacre scritture, per adattarsi alle capacità di popoli rozzi, usavano un linguaggio antropomorfico (si parla di Dio come se avesse le braccia e il corpo umano) e ascientifico, mentre la natura e le sue leggi seguono un corso inesorabile e immutabile.
La Bibbia non contiene principi da cui ricavare le leggi della natura, ma soltanto verità sul destino ultimo dell'uomo: La Bibbia non dice come vadia il cielo, ma come si vada al cielo (ossia la sacra scrittura non spiega come funzionano gli astri, ma come il credente può salvare l'anima e garantirsi la salvezza nella vita ultraterrena).
Pertanto non è la scienza che deve adattarsi alla Bibbia, ma è l'interpretazione della Bibbia che deve adattarsi alla scienza.
La distruzione della cosmologia aristotelico-tolemaica
La scienza deve essere autonoma anche nei confronti della tradizione aristotelica. Galilei non muove tanto le sue critiche ad Aristotele quanto agli aristotelici contemporanei i quali, anziché osservare direttamente la natura, sono convinti che il mondo sia come lo descrisse Aristotele.
Anche l'elaborazione di una nuova meccanica si accompagna strettamente alla demolizione del sistema tolemaico. L'esistenza di un'unica scienza del moto e la negazione della diversità di natura fra i moti rettilinei (mondo sublunare) e moti circolari (mondo sopralunare) comporta il rifiuto della diversità di struttura fra cielo e terra.
Galilei aveva intuito la verità del copernicanesimo. Grazie all'uso del telescopio pervenne a delle scoperte che rappresentano la verifica empirica del copernicanesimo e il colpo decisivo alla vecchia cosmologia, tutta fondata sul dualismo fra cielo e terra.
Nel Dialogo sopra i massimi sistemi Galilei pone sotto accusa la distinzione aristotelica fra il mondo celeste e quello terrestre; esalta la concezione copernicana, l'unica in grado di fornire spiegazioni di fenomeni altrimenti inspiegabili e di chiarire con rigore e semplicità matematica problemi inutilmente complicati dal sistema tolemaico.
La contrapposizione tra la perfezione del mondo celeste e l'imperfezione del modo terrestre viene a cadere quando Galilei, grazie all'uso del cannocchiale, scopre le macchie solari.
La matematica e la realtà
La scienza deve studiare la natura prescindendo sia dalla metafisica che dalla religione, ma soprattutto non deve tener conto dei suoi aspetti qualitativi.
Galilei riprende la teoria atomistica di Democrito: il carattere oggettivo della natura è dato dalle qualità primarie, ossia dagli aspetti quantitativi della natura, che sono determinati dalla disposizione e dal movimento degli atomi. Essi sono: figura, grandezza, posizione, peso, movimento, numero. Queste qualità, che appartengono ai corpi e ne costituiscono la struttura, agendo sui nostri organi di senso, producono le impressioni qualitative.
Caldo, colore, sapore non esistono negli oggetti, ma dipendono dal nostro modo di percepire la realtà. Tali qualità sono dette soggettive perché sono dovute alle modificazioni sensibili che si producono nel soggetto (qualità secondarie).
L'esperienza deve mostrarci le cose così come sono, ossia deve evidenziare le qualità primarie delle cose.
Se la realtà naturale è quantità, la conoscenza vera della realtà è matematica: l'universo è scritto in linguaggio matematico.
Il metodo scientifico
Galilei non ha esposto le diverse fasi del metodo scientifico, che è stato ricavato indirettamente dalle descrizioni dei suoi esperimenti.
Galilei critica il metodo induttivo e quello induttivo, se utilizzati isolatamente.
Non è possibile accontentarsi del solo metodo deduttivo, che consiste nel partire da un principio generale per applicarlo ad un caso singolo o arrivare a un'affermazione particolare, perché esso da solo è inconsistente, trattandosi di un ragionamento che si basa sulla realtà delle premesse, senza dimostrarle (sillogismo).
Allo stesso modo non bisogna ricorrere al solo metodo induttivo, che consiste nel partire dalle proprietà di pochi fenomeni per estenderle alla totalità dei fenomeni; esso da solo non porta ad una verità completamente nuova: si esaminano varie realtà, ma si giunge non ad una verità assoluta, bensì solo ad un caso più generale, che non deve per forza essere universale.
Il procedimento scientifico, secondo Galilei, è una sintesi di sensate esperienze (momento osservativo-induttivo) e di necessarie dimostrazioni (momento ipotetico-deduttivo). Dalle osservazioni, mediante il ragionamento si formula l'ipotesi, che viene sottoposta a verifica (esperimento). L'esperimento consiste nell'isolare la struttura quantitativa della realtà, riducendola a un insieme di grandezze fisiche.
Il procedimento dello scienziato si avvale sia della fase empirica che di quella matematica razionale: egli combina le due fasi in un processo unico, che è sia razionale che empirico.