KIERKEGAARD
Critiche a Hegel
Caratteristica del pensiero di Kierkegaard è l’ininterrotta polemica contro la filosofia hegeliana, responsabile della dimenticanza del singolo. La filosofia ha dimenticato cosa significa essere uomo, cos’è l’io, il tu. All’astratta essenza hegeliana Kierkegaard contrappone l’esistenza dell’individuo concreto, dell’uomo singolo.
Alla dialettica dei contrari Kierkegaard contrappone la dialettica del salto; le crisi di coscienza dell’uomo impongono il salto della scelta. All’impersonale Spirito Assoluto oppone la concretezza del singolo. Alla razionalità del reale oppone la categoria della possibilità. Alla verità universale oppone la verità interiore del singolo.
Kierkegaard liquida l’idealismo hegeliano col termine di ruminazione con tre stomaci, con riferimento alla dialettica triadica. Alla ragione egli oppone la fede. Il pensatore speculativo cerca la verità oggettiva e smarrisce se stesso; tutto egli intenderà, tranne se stesso. A chi invece vive della propria interiorità non è concesso speculare: egli ha il privilegio di esistere.
Caratteristiche del pensiero kierkegaardiano
Il pensiero di Kierkegaard è un continuo dialogo dell’anima con se stessa, come una teologia dialettica in funzione del problema della persona.
Kierkegaard scopre nell’uomo, a differenza della filosofia speculativa, la persona come problema a se stessa e trova nella sua problematicità la via per la trascendenza divina.
Inoltre, mentre per la filosofia hegeliana la verità è universale, per Kierkegaard la verità è interiore e soggettiva. La verità c’è per chi se ne appropria col suo sforzo e la sua angoscia. Kierkegaard, nella concreta individualità del singolo, riesce a unire finito e infinito, trascendenza e immanenza.
L’esistenza
Esistere (ex-sistere) significa essere fuori di, trascendersi, proiettarsi verso una realtà che ci oltrepassa; Dio. L’esistenza è un punto di incontro tra finito e infinito. In quanto infinita, l’esistenza è immersa nel tempo; un rapporto con Dio, essa diviene presenza di eternità, infinità. Volere infinitamente l’infinito è l’ideale del vero esistente.
Ma l’esistenza è prima di tutto contingenza e limitatezza,
Lo sviluppo spirituale dell’uomo passa attraverso 3 fasi:
1)stadio estetico, corrispondente alla propensione per il romanticismo tedesco. Il punto di vista estetico è quello di vedere nel godimento dell’istante, senza preoccuparsi d’altro, intento a cogliere il piacere dovunque lo trovo e disperde la propria esistenza senza legarsi a nulla. Ma la vita dell’esteta, che apparentemente si presenta cime piacere, nella sua essenza è disperazione. L’esteta vive nell’attimo e l’attimo fugge e non ritorna, il piacere è sempre accompagnato dalla noia e dalla malinconia.
La vita intensa dell’esteta, sempre ansioso di nuovo e sempre impegnata in nuovi sforzi, cerca invano di nascondere il vuoto della sua esistenza. L’esteta si libera dall’angoscia soltanto attraverso l’esigenza etica.
Lo stadio estetico implica il contrasto tra bene e male. L’esteta vive nell’attimo e l’attimo fugge e non ritorna. L’esteta si libera dall’angoscia soltanto attraverso l’esigenza etica.
2) Stadio etico, che implica il contrasto tra bene e male e la scelta tra essi. Nell’istante che precede la scelta, l’uomo è arbitro del proprio destino, la causa di ciò che vuole essere.
L’etica implica lo scegliere; la scelta deriva da un contratto. Nel contrasto tra bene e male, la persona si scopre colpevole. L’io sceglie pentendosi. Con la scelta l’uomo acquista la coscienza della sua libertà. Prima della scelta l’uomo è pura possibilità, deve scegliere fra il bene e il male: l’uomo si scopre colpevole di fare il male e quindi colpevole. Il peccato è la categoria esistenziale per eccellenza. Il peccato è strettamente legato alla religione.
3) Stadio religioso. Fra etica e religione si apre un abisso. Eppure la religione è la suprema possibilità offerta all'uomo. Il peccato ci individualizza radicalmente isolandoci. Il ricorso a Dio ci universalizza. Questo passaggio dall’individualità all’universalità può essere operato soltanto da Dio: bisogna mettersi in rapporto immediato con Dio: solo lui conta e l’uomo dipende costantemente da lui.
Il rapporto intimo con Dio colloca il credente in una grande solitudine risposto al mondo: in esso non si è solo, ma di là si domina se stessi e il mondo. A Il rapporto personale con Dio è costituito dalla fede, l’assurdo e il paradosso della ragione; essa coglie il mistero di Dio in se stesso. La vita divina può essere conosciuta soltanto da Dio, quindi l’uomo non potrà mai comprendere che l’Assoluto sia realmente presente nell’Uomo Cristo.
La ragione, che ha proclamato la propria autosufficienza, non può cogliere il messaggio cristiano. Ci riesce solo la fede, che è l’assurdo per la ragione. Essa consiste nel comprendere che non si può comprendere,
Non accettare la fede, rifiutare di entrare in un rapporto personale e diretto con Dio, è peccato.
Il peccato non rientra in nessuna categoria razionale o irrazionale per natura. Il peccato è l’affermazione della volontà per l’uomo; a chi rinuncia al mondo per Dio, viene donato il mondo. Non possiamo esistere senza peccato e non possiamo non esistere. Dal peccato sorge l’angoscia, che si origina dalla stessa struttura umana. Dall’angoscia si origina la salvezza perché soltanto chi ha coscienza del peccato si solleva fino a Dio.
Attualità del pensiero kierkegaardiano
La filosofia kierkegaardiana non ha avuto un immediato successo mentre egli era ancora in vita, per il contrasto con la filosofia hegeliana allora dominante, ma è stata accolta più tardi, soprattutto tra la prima e la seconda guerra mondiale. Infatti la filosofia di Kierkegaard è innegabilmente affascinante e suggestiva ed ha avuto maggior presa soprattutto nel periodo delle grandi guerre, perché la più rispondente al momento e quella che più poteva esprimere la coscienza religiosa dell’Europa occidentale.