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PARMENIDE (ELEA, 515 A.c. - 450 A.c.)
Parmenide fu il maggior esponente della scuola eleatica.
Nacque ad Elea (città che in epoca romana fu chiamata Velia, ed oggi si trova nel territorio di Ascea, provincia di Salerno) da una famiglia aristocratica. Si hanno poche notizie della sua vita. Ad Elea fondò una Scuola di filosofia.
L'opera più conosciuta di Permenide è il poema in esametri intitolato Sulla natura, di cui ci sono pervenuti diciannove frammenti.
L'Essere
Nel Poema sulla natura Parmenide sostiene che la molteplicità e i mutamenti del modo fisico sono illusori e afferma, in contrasto con il senso comune, la realtà dell'Essere: imutabile, ingenerato, finito, immortale, unico, omogeneo, eterno.
Il filosofo racconta il suo viaggio immaginario verso la dimora della dea Giustizia, la quale lo condurrà al cuore della verità. La dea mostra al filosofo la via dell'opinione, che conduce all'apparenza e all'inganno e la via della verità, che conduce alla sapienza e all'essere.
Parmenide sostiene che L'Essere è e non può non essere, il non essere non è e non può essere. Con queste parole Parmenide intende affermare che niente si crea dal niente e nulla può essere distrutto nel nulla.
Già i primi filosofi greci avevano cercato di individuare l'origine della mutevolezza dei fenomeni in un principio statico, non riuscendo a spiegarsi il divenire. Ma i cambiamenti e le trasformazioni a cui è soggetta la natura, per cui alcune realtà nascono, altre scompaiono, secondo Parmenide non hanno semplicemente motivo di esistere, essendo pura illusione. La vera natura del mondo, il vero essere della realtà, è statica e immobile.
Abbandonate definitivamente le spiegazioni mitologiche del cosmo, Parmenide ricorre alla logica formale, traendone le seguenti conclusioni:
L'Essere risulta così vincolato dalla necessità.
Parmenide paragone l'Essere a una sfera perfetta, sempre uguale a se stessa nello spazio e nel tempo, chiusa e finita (per gli antichi greci il finito, in quanto dotato di una forma ben precisa, era sinonimo di perfezione). La sfera è infatti l'unico solido geometrico che non ha differenze al suo interno ed è uguale da qualsasi punto la si guardi. Fuori dell'Essere non può esistere nulla, perché il non-essere non è, per sua stessa definizione.
Il divenire attestato dai sensi, secondo cui gli enti ora sono e ora non sono, è dunque illusione (appare ma non è).
La conoscenza
La vera conoscenza non deriva dai sensi, ma nasce dalla ragione.
Non c'è nulla di errato nell'intelletto che prima non sia stato negli erranti sensi.
Il pensiero è la via maestra per cogliere la verità dell'Essere:
ed è lo stesso il pensare e pensare che è. Giacché senza l'essere ... non troverai il pensare.
Essere e pensiero si identificano. Se si pensa, si pensa a ciò che è. Pensare il nulla è impossibile: il pensiero è necessariamente pensiero dell'essere.
I sensi e l'errore
Una volta stabilito che l'Essere è, e il non-essere non è, restava da spiegare come nascesse l'errore dei sensi, perché gli uomini tendono a prestar fede al divenire attribuendo l'essere al non-essere o viceversa.
Tra essere e non-essere: la terza via
Parmenide introduce una terza via: mentre le prime due (la via dell'essere, ossia la verità e la via del non-essere, ossia l'errore) si presentano l'una in antitesi all'altra (all'essere si oppone il non-essere e l'uno esclude l'altro), per Parmenide è necessario riferirsi alla realtà evitando sempre in non-essere: la luce è l'essere, ma il buio non è il non-essere, è anch'esso nell'essere. Allo stesso modo vita e morte non sono l'una l'essere e l'altra il non-essere: si nasce nell'essere e chi muore continua ad essere.