LO SPIRITUALISMO
I presupposti teorici del Positivismo consistevano fondamentalmente nel credere che non ci fosse altra realtà al di fuori del fatto naturale e altra conoscenza al di fuori della scienza.
I Positivisti sostenevano che fra i fatti ci sono delle leggi che sono immutabili. Essi avevano finito col far coincidere la filosofia con la scienza e col dare alla scienza un ruolo esclusivo nell'interpretazione del mondo, dell'individuo, della società e della storia, escludendo la metafisica e la teologia, ma anche la psicologia.
Secondo i Positivisti la scienza è l’unico strumento valido per conoscere e modificare la realtà: il mondo spirituale, tra cui l’arte, i valori morali, la religione, è ridotto ad una collezione di fatti retti da leggi che non ammettono la libertà.
Ciò compromette i concetti di ordinamento finalistico della natura, di libera volontà umana e la maggior parte dei valori umani, ossia i valori estetici ed artistici, morali e religiosi. Nessuno spazio veniva dato alla coscienza; l’introspezione veniva considerato alla stregua di un non metodo di ricerca perché antiscientifico
Nasce così una vasta ed eterogenea reazione al positivismo che, in filosofia, viene espressa più compiutamente dalla corrente dello Spiritualismo. Negando che la scienza sia l’unica conoscenza possibile, resta tutto da ricostruire il compito della filosofia, che deve definire il compito della scienza, le sue potenzialità e i suoi limiti.
I movimenti antipositivistici negano che la scienza sia l’unica forma di conoscenza valida; ammettono, al di là dei fatti materiali, l’esistenza di una realtà spirituale; individuano nella conoscenza e nell’introspezione la via per conoscere la realtà spirituale; vedono nell’unità dell’individuo la dimensione in cui si raccolgono tutte le manifestazioni spirituali.
Con le correnti antipositivistiche ha inizio la filosofia contemporanea. Il sapere non si esaurisce alla conoscenza scientifica: la realtà non comprende soltanto i fatti materiali ma deve considerare anche quelli spirituali.
La filosofia non è più ridotta alla classificazione delle scienze: essa si occupa dei fatti spirituali ricorrendo a modalità diverse da quelle scientifiche e indica le vie di accesso a tale realtà.
Lo Spiritualismo, che si sviluppò tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, trasse un fondamentale spunto dall'opposizione alle sacralità della scienza sancita dai positivisti. Esso aspirò a ricavare la verità partendo dall'analisi interiore e introspettiva dell'uomo.
Si riafferma la libertà umana come dato certo che il singolo può cogliere immediatamente in sé e può teorizzare poi filosoficamente.
Viene data nuova attenzione alla coscienza, strumento che il positivismo aveva completamente trascurato; si afferma che la filosofia è introspezione al fine dell’autocoscienza; viene ripreso un atteggiamento filosofico antico: l’uomo assume come oggetto d’indagine la propria interiorità. Il nuovo spiritualismo si presenta come l'analisi che la coscienza fa di se stessa. I "dati di coscienza", per gli spiritualisti, sono testimoni altrettanto fedeli dei "fatti" considerati attendibili dai positivisti. I dati di coscienza comprendono anche i fatti sentimentali e il cuore. Ogni verità scaturisce dalla coscienza attraverso il metodo della osservazione interiore: attraverso l’ascolto attento dei nostri movimenti interiori (spirituali) possiamo capire noi stessi e quello che ci circonda.